Riforma Giustizia, Fini: "E' ritorno al Fascismo"

BARI. "Non si puo' rinunciare all'indipendenza della magistratura. Sarebbe un errore grave ritornare a una soggezione del pubblico ministero all'esecutivo. Dunque carriere separate ma nessun assoggettamento all'esecutivo come avveniva nel periodo fascista". Lo ha sottolineato il presidente della Camera Gianfranco Fini nel suo intervento al convegno sul tema 'Organizzare la giustizia' che si tiene in questi giorni a Bari.Sempre sul tema della giustizia Fini si e' chiesto: "Siamo sicuri che l'udienza preliminare, come viene applicata oggi, e' indispensabile?". E poi si e' chiesto se siano pratici anche "i tre gradi di giudizio".
''La stella polare della riforma della Giustizia per i cittadini - aggiunge il presidente della Camera - e' quella di restituire efficienza al sistema''. Lo ha detto il presidente della Camera Gianfranco Fini, intervenendo a un convegno sul tema 'Organizzare la Giustizia' in corso al Teatro Piccinni di Bari.
Fini ha inoltre sottolineato che il sistema ''tutela poco la vittima, da' una scarsa tutela agli imputati. La lentezza dei processi e' causa di perdita di garanzie''.
Secondo Fini, dunque, la proposta berlusconiana sarebbe un ritorno al “fascismo”. Il leader di Fli commenta che “non sarebbe motivo di scandalo separare le carriere tra magistrati inquirenti e giudicanti, ma è una riforma da fare senza rinunciare all'indipendenza della magistratura. Carriere separate sì ma senza assoggettamento all'esecutivo". Discorso contrario a quello che aveva affermato ieri Michele Vietti, vicepresidente del Csm che si era opposto “alla separazione”.
Fini ha detto che non è comunque d’accordo con la volontà di riforma del governo. Ritiene che la composizione attuale dell’organico sia “adeguatamente bilanciata” e un cambiamento porterebbe a “un'alterazione d'equilibrio fra i poteri dello Stato". Ha sottolineato che “un eccessivo peso ai non togati esporrebbe l'organo ad una forte dipendenza dal potere politico, con gravi rischi per l'imparzialità dei giudici”.
Quello che bisogna fare, secondo la terza carica dello Stato, è vincere la lentezza dei processi, “il peggior male della giustizia". Per superare la sfida, non si deve fare tagli ma anzi aumentare il numero dei magistrati e dei loro strumenti, come la “costruzione di nuovi carceri, perché il problema del loro affollamento non può essere risolto con indulti o chiudendo gli occhi".

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