Ungheria: tra tradizioni e rinnovamento

di Maria Grazia Rongo. Molteplici sono i motivi che possono stimolare il visitatore a conoscere ed a scoprire l’Ungheria. Primo fra tutti il paesaggio: dolci colline ricoperte da vigneti e la puszta, la vasta pianura pannonica disseminata di cavalli e di fattorie con il tetto di paglia, foreste estese e ricche ancora di selvaggina, ruscelli, eleganti castelli a testimonianza di un glorioso passato, piccole chiese rurali di epoca medioevale, città barocche, terme di altissimo livello e, poi, il grande fiume, il Danubio, che lungo il suo corso collega tanti stati e popoli d’Europa.

Tuttavia l’Ungheria si identifica soprattutto con la capitale Budapest, che da sola raggruppa un quinto della popolazione magiara, definita la “perla del Danubio” piuttosto che la “Parigi dell’Est”. Città industriale e culturale al tempo stesso, Budapest riesce palesemente a coniugare lavoro con divertimento e produzione con voglia di stare bene. La vivacità e il dinamismo che si colgono nelle sue strade sintetizzano lo spirito di un popolo colto, vivace e romantico, legato alla tradizione ma anche costantemente proteso all’apertura e al rinnovamento.

In una città con simili caratteristiche il turista è destinato a trovarsi, fin da subito, a proprio agio. Ristoranti caratteristici se ne trovano un po’ ovunque, dove poter gustare la gastronomia locale che spazia dalla selvaggina al rigoroso e piccante goulash, dal fegato d’oca alla zuppa di pesce, piuttosto che alle pregiatissime carpe del lago Balaton o al pollo alla paprika e cavolo ripieno, il tutto innaffiato da un ottimo tokaj e dal barak, una grappa di albicocche da non perdere assolutamente. Una tradizione ungherese è quella di frequentare i caffè, locali eleganti e confortevoli che hanno ben poco da dividere con i nostri bar. Ci si va ad ogni ora del giorno e della sera per incontrarsi, chiacchierare, leggere il giornale o per gustare l’invitante pasticceria, che offre dolci semplicemente deliziosi.

Una capatina è di rigore almeno al centralissimo Gerbeaud, tutto marmi, vetri e specchi. Una città tanto vivace offre ovviamente un gran numero di alternative anche per il divertimento serale. Vi sono due teatri d’opera e diverse sale da concerto, tutti con cartelloni di pregio, sale da ballo e raffinati piano – bar, nonché night club con spettacoli di varietà. Lo shopping rappresenta un’altra attrattiva fatale e Budapest è ricca delle cose più varie ed interessanti, sia per quanto riguarda cibi e abbigliamento, sia per quanto riguarda artigianato e arte: dalle conserve di marmellata ai cioccolatini, dai nastri ricamati ai cristalli Ajka, dalle antiche monete alle famosissime porcellane di Herend. Da non perdere il Mercato Coperto e i Mercatini delle Pulci.

Partendo per Budapest non bisogna tralasciare di mettere in valigia il costume. In Ungheria non c’è il mare e il lago Balaton, pur se piuttosto grande, ne costituisce solo un pallido surrogato. Ma ci sono le terme. Dal sottosuolo sgorgano infatti oltre 120 sorgenti con acque calde ricche di proprietà terapeutiche, che ne fanno la città termale più ricca d’Europa. Per i magiari il bagno pubblico è un rito: ci vanno prima, dopo e durante la pausa dal lavoro, in ogni stagione, per svago, per rilassarsi, per incontrarsi e parlare, insomma per stringere anche rapporti sociali. Il famoso bagno termale Gellert, sfarzosamente in stile liberty, è il più elegante della capitale, ma sono numerosi quelli di notevole pregio.

Tra le sei importanti città ungheresi come Budapest, Eger, Sopron, Debrecen, Miskoloc e Gyor, Pecs nel 2010 è stata designata “Capitale europea della cultura”. Questa bellissima cittadina situata ai piedi dei monti di Mecsek, sul lato meridionale, vanta una storia di duemila anni e un patrimonio artistico straordinario. Si tratta di una “città senza confini” tra l’Europa Occidentale e i Balcani che ha saputo integrare sapientemente le molte etnie di origine ungherese, serba, croata e sveva che la abitano, tant’è che nel 1998 l’UNESCO le ha assegnato il Premio per la Pace.

L’Ungheria merita di essere visitata; entrare a contatto con gli ungheresi, poi, potrebbe sorprenderci, se confermata è la definizione che ne fa Ferdinando Petruccelli della Gattina: “Ogni Ungherese è l'embrione di un poeta, di un gentiluomo, d'un soldato, d'un patriota e di un pazzo– Don Chisciotte grave, capace di tutti gli eroismi e di tutte le frivolità”.

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