Epifania: storia, significato e curiosità

di Vittorio Polito. Con la festività dell’Epifania si ricorda la visita dei Re Magi a Gesù in Betlemme. Il termine, che nel mondo greco indicava le azioni con cui la divinità si manifestava, passò nel mondo cristiano a designare la celebrazione delle principali manifestazioni della divinità di Gesù Cristo (battesimo nel Giordano, adorazione dei Magi e primo miracolo).
Epifania, dal greco apparizione, rappresenta la triplice solennità della Chiesa istituita dagli Apostoli per ricordare tre grandi miracolosi avvenimenti: l’apparizione dell’astro che, guidò i Re Magi dall’Oriente a Betlemme, per consentire loro l’adorazione del neonato, Salvatore del mondo; la conversione dell’acqua in vino alle nozze di Cana in Galilea; il battesimo di Gesù Cristo nel Giordano somministrato da San Giovanni Battista, assistito dallo Spirito Santo in forma di colomba e dall’eterno Padre, che dichiarò Gesù suo figlio diletto.
Non è noto come mai la celebrazione dei tre diversi avvenimenti accadesse lo stesso giorno. In maniera del tutto arbitraria fu stabilito che essi fossero accaduti in uno stesso giorno di differenti epoche. I Greci chiamavano l’Epifania Teofania, cioè apparizione di Dio, e la celebrarono insieme a quella del Natale, almeno per i primi tre secoli. Nel IV secolo, invece, sotto Giulio I, queste due feste furono separate nella Chiesa Latina e tale separazione fu adottata al principio del V secolo nelle Chiese di Siria e di Alessandria. Nel giorno dell’Epifania il Diacono annuncia il giorno in cui dovrà cadere la Pasqua. Anticamente all’Epifania precedeva un rigoroso digiuno per un’intera giornata.
La Befana, termine che è degenerazione di Epifania, cioè manifestazione, è nell’immaginario collettivo un mitico personaggio con l’aspetto da vecchia che porta doni ai bambini buoni la notte tra il 5 e il 6 gennaio, festa appunto dell’Epifania, evento che segue al Natale.
La sua origine si perde nella notte dei tempi, discende da tradizioni magiche precristiane e, nella cultura popolare, si fonde con elementi folcloristici e cristiani: la Befana porta i doni in ricordo di quelli offerti a Gesù Bambino dai Magi.
L’iconografia è più o meno fissa: un gonnellone scuro ed ampio, un grembiule con le tasche, uno scialle, un fazzoletto o un cappellaccio in testa, un paio di ciabatte consunte, il tutto vivacizzato da numerose toppe colorate.

Una leggenda narra che un giorno i Re Magi partirono carichi di doni (oro, incenso e mirra) per Gesù Bambino. Attraversarono molti paesi guidati da una stella, e in ogni luogo in cui passavano, gli abitanti accorrevano per conoscerli e unirsi a loro. Ci fu solamente una vecchietta che in un primo tempo voleva andare, ma all’ultimo minuto cambiò idea, rinunciando a seguirli. Il giorno dopo, pentita, cercò di raggiungere i Re Magi, che, però erano già troppo lontani. Per questo la vecchina non vide Gesù Bambino, né quella volta né mai. Da allora, nella notte fra il cinque e il sei Gennaio, volando su una scopa con un sacco sulle spalle, passa per le case a portare ai bambini buoni i doni che non dette a Gesù.
Alcuni studiosi delle tradizioni etnico-popolari, fanno notare come la Befana, al contrario di Gesù Bambino e Santa Lucia, conservi anche un tratto ambiguo, quasi da strega. Come tutte le tradizioni, anche la befana si può analizzare con le tecniche storico-archeologiche, cercando di scavare gli strati delle varie epoche per arrivare alle tracce di quelle più antiche. La curiosa portatrice di doni, potrebbe avere una qualche parentela con la “vecchia” che si brucia in piazza per festeggiare la fine dell’anno: un simbolo della ciclicità del tempo che continuamente finisce e ricomincia. La tradizione della “vecchia” non è diffusa solo nelle zone in cui la befana distribuisce i suoi doni, ma è presente anche nel nord Italia. È infatti una tradizione dei popoli celtici, che erano insediati in tutta la pianura padana e in parte sulle Alpi. I Celti celebravano strani riti (officiati da maghi-sacerdoti chiamati druidi), durante i quali grandi fantocci di vimini venivano dati alle fiamme per onorare divinità misteriose. Divinità che non dovevano essere molto benigne, se è vero quanto riportano alcune fonti: in epoche antiche e feroci, all’interno dei fantocci si legavano vittime sacrificali, animali e, talvolta, prigionieri di guerra.
Dalle nostre parti la tradizione vuole che nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, i ragazzi lasciavano in cucina o sull’uscio di casa una parte del loro pasto serale o altre cose insieme alla classica calza, che allora era un normale calzino, che non ha nulla a che vedere con quella odierna. Quella della Befana era una notte di paura e di raccoglimento e tutti i bambini andavano (e vanno) a letto presto per consentire alla Befana di non trovare ostacoli durante il suo passaggio.
Man mano che gli anni passano ed i piccoli diventano adulti, si dimenticano della simpatica vecchina e dei suoi doni, e così i sogni della Befana svaniscono rimanendo solo un pallido e, perché no, piacevole ricordo.
Da non dimenticare che in Italia la Befana risiede ad Urbania, una cittadina dell’entroterra pescarese, nel ricordo di antiche usanze che vedevano la Befana al centro di feste popolari, candidandosi come luogo originale e adatto per ospitare “La casa della Befana”, il cui indirizzo è: Corso Vittorio Emanuele II, 27 - 61049 Urbania (P.U.). Inoltre, in detta località dal 2 al 6 gennaio 2012, si svolge la festa nazionale della Befana.

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