'Another me': quando i fantasmi ci tormentano

dal nostro inviato Francesco Greco.
ROMA - L'adolescenza è un momento delicato, difficile. Lo sa bene Fay che fa brutti sogni (mentre attraversa il sottopassaggio una banda di bulli la aggredisce). La sua è una vita claustrofobica: in casa col padre che all'improvviso è costretto dalla sclerosi multipla su una sedia a rotelle e la madre, distratta dall'amante. Al college della ragazza (una splendida, intensa Sophie Turner, bella come le donne dei dipinti rinascimentali, assecondata da Gregg Sulkin, altra bellezza: entrambi sul red-carpet hanno conquistato i fans) si sta allestendo il "Mackbeth" e tutti vogliono avere un ruolo: c'è molta competizione. A una frastornata Fay è assegnato quella della protagonista, ma qualcuno la tormenta. Lei crede sia Claudia, per una questione di gelosia (anche lei voleva quel ruolo). E per un pò lo crediamo anche noi. Ma a un certo punto scopriamo che così non è: c'è dell'altro, al limite del paranormale...

   "Another me", di Isabel Coixet (in concorso), coproduzione fra Spagna (Nicole Carmen-Davis) e Gran Bretagna (Rebekah Gilbertson), girato tra il Galles (Cardiff) e Barcellona, è un thriller psicologico molto bello, con location deliziose e un ritmo che prende fino all'ultimo. Il tema è quello della convivenza con i nostri fantasmi quotidiani, siano essi i cari defunti che le persone a cui abbiamo fatto del male e con cui abbiamo un conto in sospeso. Quando Fay dice "è un'estensione di me" capiamo la svolta del film. La famiglia Delassey ha un segreto: la ragazza aveva una sorella omozigote, morta nel parto: si chiamava Layla.

   Evocata dal padre, che non si perdona di aver taciuto alla moglie Ann che fu la sua firma a decidere di sopprimerla con una firma (le vite delle tre erano a rischio dopo un'emorragia), il fantasma tormenta la famiglia. Nel sottopassaggio appare la scritta "I'm here", la vicina impicciona (una bel cammeo di Geraldine Chaplin) la vede prendere l'ascensore, il professore di recitazione (l'amante della madre, ulteriore motivo di conflitto per Fay) nei corridoi del college.

   E' una storia sullo sdoppiamento della personalità, sul passato che ci insegue (è tratta da un romanzo di una decina di anni fa, "la sceneggiatura è piaciuta molto alla scrittrice", svela la Coixet, che è francese), sui fantasmi che non riusciamo a esorcizzare e a cui diamo vita di continuo nei momenti più duri della nostra vita.

   "L'idea mi è venuta 4 anni fa - confida la regista - mentre ero sul volo Londra-Barcellona e leggevo il libro. Giunta a casa mi sono detta: questo è un film. Sa, anche io sono madre di un'adolescente...". La filologia della storia piacerebbe un sacco ad Agatha Christie, anche se la regista in conferenza-stampa aspetta che la veda Brian De Palma, e che gli piaccia.

Domanda: Signora Coixet, sinora si è pensato che il genere noir è solo maschile: ora scopriamo che non è così... 
Risposta: "Una donna ha un modo differente di fare film, perché il suo sguardo è diverso. Amo le donne, ma non sono lesbica (ride), mi piace comunque lavorare con gli uomini intelligenti, che hanno il senso dell'umorismo".
D. E' un film per un pubblico giovane, quindi di nicchia?
R. "Assolutamente no. Tutti conviviamo con i nostri fantasmi, col peso del passato, le persone che abbiamo amato, quelle con cui ci sentiamo in debito. La mia storia è una riflessione sul modo di integrare nella nostra vita di ogni giorno le persone amate che non ci sono più".
D. Pensa di essere stata fedele al libro?
R. "E' stato solo il punto di partenza. La mia impressione è che lo sono stata...".  

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