Sos in una shopping bag, arriva da campo di concentramento cinese

di Pierpaolo De Natale - 7 Maggio 2014, New York. Stephanie Wilson, australiana residente nella Grande Mela - terminati gli acquisti da Saks Fifth Avenue, grande magazzino newyorkese - nel sacchetto contenente la merce acquistata, ha rinvenuto un messaggio.
Datata 12 Giugno 2012 e ritrovata dopo circa due anni, la lettera è firmata da Tohonain Emmanuel Njong, uomo che in quell'anno era ancora prigioniero del regime comunista cinese e, pertanto, recluso in un "laogai".

"Help! Help! Help!", questa la scritta che campeggiava sul foglio (in foto) nascosto all'interno della borsa e questa è una parte del messaggio: "Siamo trattati come schiavi, maltrattati e ci costringono a lavorare più di tredici ore al giorno per confezionare queste grandi borse. La prego, mi aiuti".


Accortasi dell'importanza della questione, la donna ha subito contattato Harry Wu, dissidente che per primo ha reso nota al mondo l'occulta e drammatica realtà dei campi di concentramento cinese.
Wu e la Laogai Foundation hanno proceduto con la ricerca dell'autore della lettere, concludendo l'impresa con successo. Njong, arrestato nel 2010 per frode e rilasciato, dopo due anni di detenzione, per buona condotta e senza mai esser stato condannato, ha detto"Sono contento che almeno una della mie lettere sia stata trovata. [...] è stata la sorpresa più grande della mia vita".

IL PRECEDENTE - Caso analogo alla vicenda accaduta quest'anno si è verificato nel 2013. Julie Keith, cittadina dell'Oregon, rinvenne il seguente messaggio in una scatola di decorazioni per Halloween: "Signore, nel caso lei abbia acquistato questo prodotto, le chiediamo gentilmente di inviare questa lettere all'Organizzazione mondiale per i diritti umani". Nel messaggio si ribadiva anche che i detenuti sono spesso innocenti e incarcerati solo "perchè hanno un'opinione diversa dal partito comunista".

COSA SONO I LAOGAI - La parola Laogai significa "riforma attraverso il lavoro" e tale sistema, strettamente funzionale al regime totalitario cinese, è in azione da molti anni.
I campi presenti nella Repubblica Popolare Cinese sono in costante aumento e la Laogai Research Foundation ne pubblica periodicamente un catalogo, comprendente quelli che sono stati finora scoperti; l'ultimo Laogai Handbook, redatto nel 2008, riporta l'esistenza di ben 1422 campi di lavoro.
Il numero di detenuti è considerato dalla Cina "segreto di Stato", ma alcune stime fanno pensare ad un numero che oscilla tra i tre e i cinque milioni di persone.

FINI POLITICI ED ECONOMICI - I "gulag cinesi", come definiti da Harry Wu - presidente della Laogai Research Foundation e detenuto dal 1960 al 1979 - perseguono un doppio scopo. Tramite i campi di "riforma attraverso il lavoro", infatti, il regime ha costruito una forte macchina intimidatoria, efficace deterrente ai danni degli oppositori politici, e ha dato vita ad un'inesauribile forza lavoro, a costo zero, che pone il Made in China al di sopra dell'intero mercato mondiale.

CHI SONO I DETENUTI - Ad essere rinchiusi sono uomini e donne arrestati e, nella maggior parte dei casi, non ancora condannati alla reclusione. Crimine principale per cui si ottiene un biglietto di sola andata per il Laogai è la professione di una religione diversa dal Comunismo, pertanto vengono perseguitati Cristiani, Islamici, Buddhisti e credenti di ogni altra fede; altra causa di arresto è, come precedentemente detto, l'opposizione alla politica imposta dal regime.

CONDIZIONI DI VITA NEI LAOGAI - Conosciute le informazioni finora date, non è difficile immaginare in quali condizioni versino i prigionieri. Il libro di Harry Wu, intitolato "Laogai: i Gulag di Mao Zedong", raccontando quanto vissuto dal protagonista, offre uno spaccato della realtà celata dal governo cinese. Pare che l'orario di lavoro per ciascuno di loro arriva fino a 16 ore al giorno. Vengono descritti ambienti e condizioni di lavoro privi di sicurezza e igiene. I letti degli internati - come visibile da numerose foto e riportato dalle testimonianze presenti sul sito della Laogai Research Foundation - sono costituiti da nuda pietra e la fame fa da padrona, come ricorda Wu - il cibo, infatti, è proporzionato alla quantità di lavoro eseguito. Sono state, inoltre, riportate testimonianze di uso di violenza negli interrogatori. Come dichiarato da Manfred Nowak in un rapporto pubblicato il 10 Marzo 2006 - inviato dall'Alto Commissariato per i diritti umani dell’ONU, al termine di una visita in Cina durata dal 20 novembre 2005 al 2 dicembre 2005 - coloro i quali, durante il periodo nel laogai, non intendono confessare i crimini per cui sono stati imputati, vengono sottoposti a scariche elettriche, pestaggi, torture e sospensioni per le braccia; tra le punizioni vi è anche l'isolamento in celle di due metri cubi.


SORTE DEI PRIGIONIERI - Consumate le energie vitali dei detenuti, si procede con la loro eliminazione fisica. Secondo quanto riportato sul sito della Laogai Research Foundation Italia Onlus, ognuno di loro viene sottoposto all'esecuzione capitale; al macabro spettacolo vengono invitati i parenti del giustiziato (tenuti anche a pagare l'onere dell'esecuzione) e le scolaresche, così da insegnare a bambini e ragazzi cosa succede a chi non obbedisce e i corpi esanimi vengono infine, come raccontato da Roberto Saviano nella trasmissione "Quello che non ho", utilizzati per il traffico illegale di organi.

L'INTERVISTA - Per vederci più chiaramente, abbiamo intervistato Toni Brandi, Presidente della Laogai Research Foundation Italia Onlus. Ecco le sue risposte.


Qual è l'attuale posizione del governo italiano e dei governi stranieri nei confronti di quello cinese?
Allora è molto semplice. Nessuno e ripeto nessun rappresentante politico italiano, dell'Unione Europea o americano, ha avuto il coraggio di usare la parola laogai davanti ai Cinesi. Vanno in riunioni per semplici affari, senza menzionare nè fare nulla per i diritti umani che sono calpestati in Cina.

Cosa ha fatto nell'ultimo periodo l'Organizzazione delle Nazioni Unite?
Ci sono state delle dichiarazioni generali sulle esecuzioni capitali, sul traffico degli organi, ma sono solo dichiarazioni di intenti, non fanno nulla, perchè i poteri finanziari ovviamente comandano.

Quali sono le ultime notizie provenienti dall'interno dei laogai?
Sono più di mille il numero esatto dei campi e il numero esatto dei detenuti è detto segreto di stato, quindi non si possono avere informazioni. Abbiamo informazioni dai detenuti che ne escono e dalle famiglie dei detenuti e riteniamo che siano tra i tre e i cinque milioni. Per esempi ci sono due vescovi che sono caduti nelle mani della polizia uno nel 1997 e uno nel 2001, vescovi cattolici di cui non si sa assolutamente nulla.

Che tipo di lavoro svolge la Laogai Research Foundation in Italia? Quali obiettivi vi ponete?
Principalmente quello di cercare di far chiudere questi campi, ma i campi Laogai sono solo una parte di quello che avviene in Cina, perchè ci sono tra le cinque e le sei mila esecuzioni capitali l'anno, un florido mercato di traffico degli organi dei condannati a morte. Ci sono aborti forzati, sterilizzazioni forzate e purtroppo gli interessi finanziari delle multinazionali che producono in Cina sono molto più importanti per i nostri politici. Noi ne soffriamo perchè la delocalizzazione delle nostre imprese occidentali in Cina causa disoccupazione in occidente, indebitamento dei governi, aumento delle tasse e tutto ciò che ne segue.

La campagna di sensibilizzazione promossa dalla vostra associazione in Italia riscuote successo da parte degli Italiani?
Dagli Italiani sì, dal popolo sì; molti sono interessati. Sono i politici che, come si dice a Roma, fanno gli "gnorri".

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