«IaRie d’u paiìse mì!» di Luigi Canonico, un insieme di colori, sapori, tradizioni, saggezza e nostalgia

di Teresa Gentile - Vittorio Polito ha recentemente affermato che ogni dialetto rappresenta lo specchio delle nostre radici e consente di arricchire la nostra preparazione culturale e risvegliare l’interesse di coloro che se ne servono per esprimere i propri ricordi e sensazioni e migliorare il rapporto umano. Come sempre il nostro attento studioso ha colto nel segno. Ed è proprio questa la certezza che si è manifestata in me man mano che sfogliavo il testo «IaRie du paiìse mì!» del poeta dialettale barese Luigi Canonico.

Questo autore vernacolare è nato a Mola di Bari, è innamorato della sua terra, Bari, ove ha trascorso infanzia e giovinezza tra popolani spontanei, veri, onesti, legati alla famiglia, operosi, ricchi di fede e tra portuali, naviganti, contadini, pastori, artigiani capaci di far presto e bene tanti mestieri. È così che ha compreso l’importanza della vita semplice, onesta, legata ai sacri ed inviolabili vincoli familiari per poter essere sereni ed in pace con se stessi e gli altri. I suoi versi ripercorrono sul piano della memoria storica un ricordo dei nostri padri pregno d’infinita tenerezza e ci offre un puro condensato di emozioni incastonate in versi sinceri, vibranti di nostalgia, ricchi di antica saggezza e capaci di tracciare un intenso itinerario spirituale strettamente legato al passato, a tante immagini care e ad una buona scrittura vernacolare.

Restiamo colpiti da una sorta di “ bbuèffe d’aria nosta chelorate” che intenerisce il cuore simile ad una armonia suonata da un’orchestra costituita da paesaggi cari al cuore, strilli, voci, serenate, richiami di venditori ambulanti e dal ricordo del primo amore. Poi rimpianti, riflessioni, storia, costumi. figure e luoghi, erompono dallo scrigno del cuore con l’incanto della natura, la Fede in Dio, il sussurro vagabondo delle onde che si prendono per mano, gli odori del gelso e del melograno, la confusione dei ragazzini liberi come rondinotti in volo ed è allora che anche in chi legge escono lampi dagli occhi e tuoni dal cuore in una intensa condivisione di emozioni.

Splendide le pagine in cui ricorda il dispiacere dato alla mamma ubriacandosi e quelle in cui ricorda la nonna che è stata il suo primo amore e quelle ancora in cui ci parla di una popolana, Finella, che portava avanti una trattoria in un vicolo del centro storico barese, attraendo molti giovani con il gusto speciale e familiare di ‘sgagliozze’ e ‘popizze’ capaci con il loro sapore e profumo di conciliare il sorgere di un nuovo amore o di risolvere in poco tempo ogni litigio. Ed è così che chi legge resta avvolto da emozioni ed anche da profumi grati al cuore.

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