Dalla Puglia al Metropolitan: Francesca voce d’angelo

di Francesco Greco. SALVE (Le) - Come entrare nella macchina del tempo. A 6 anni lasciò Salve per Bologna. La modestia è il tratto dominante della sua personalità. Il concerto è alle 7, ma Francesca arriva nella deliziosa Piazza Concordia in anticipo. Saluta, abbraccia tutti, stringe mani. Selfie e autografi con la soprano dalla voce d’angelo. Si emoziona quando gli anziani ricordano il padre, medico condotto. E dallo scrigno della memoria, pudicamente, i ricordi: “Tuo padre mi ha curato, grazie!”, “Il dottore Pedaci mi salvò la vita… Come potrei dimenticarlo?”.
Groppo in gola, occhi lucidi: confiderà a fine concerto che il padre – che ha lavorato anche a S. Giovanni Rotondo - è mancato “fra le mie braccia due anni fa” e con voce tremante gli dedicherà un “Requiem”. Mentre al paese - ma c’erano pure tanti forestieri - che la saluta con una standing-ovation l“Ave Maria” di Gounod.

Serata intensa di grande pathos nell’inverno mediterraneo di Salve. Qui hanno il culto del bello, l’arte che inonda il cuore dell’uomo di gioia, lascia senza parole. E’ tornata a casa Francesca Pedaci, soprano famosa nel mondo, da Vienna a Detroit, da Philadelphia a Marsiglia, eccellenza del Sud che diede i natali a Mercadante e Piccinni, a Melcarne e Paisiello, senza scordare Bellini, ma anche la leccese Cloe Elmo, oltre a Schipa, Caruso, ecc. Salvini pensa che da noi c’è ancora la fitta boscaglia e abbiamo la sveglia al collo. Miserie della politica in necrosi.

Stimata dalla critica, amata dal pubblico, Francesca è sulla strada maestra della fama, la gloria imperitura. Il Vescovo della Diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca, Mons. Vito Angiuli, intellettuale a tutto tondo, filosofo e melomane, alla fine non ha parole e si è espresso con un’autorevolezza critica che lascia trasparire una competenza specifica. Il sindaco Vincenzo Passaseo (il Comune sponsorizza la serata e l’intera stagione concertistica) è felice per la riuscita dell’evento. Don Lorenzo Profico, da 40 anni parroco della Chiesa parrocchiale e collegiata “San Nicola Magno” si stringe nella sciarpa nera e sorride pensando ai prossimi appuntamenti della stagione concertistica che inventò e va avanti da 36 anni, da amante della musica colta.

Marco Arlotti l’ha accompagnata all’Olgiati-Mauro, uno degli organi più belli d’Europa (1628): cassa d’abete, pino e ulivo. “Finora - osserva Polo Tollari, il modenese che nel 2012 l’ha restaurato e parzialmente ricostruito – erano noti alcuni esemplari tardo-gotici e rinascimentali di questo genere di strumenti (San Petronio di Bologna, Concattedrale di Malta, Santa Caterina di Galatina, Castelbuono di Sicilia), che però, a causa di scelte costruttive iniziali o di modifiche successive, conservano solo una parte delle suddette caratteristiche; l’unico organo in Europa che risulti oggi averle mantenute simultaneamente tutte è il cronologicamente tardivo Olgiati-Mauro della Chiesa di Salve nel Salento”.    

Arlotti è diplomato “Cum Laude” in Organo e Composizione Organistica col M° Stefano Innocenti al Conservatorio di Parma. Pluri-premiato in concorsi nazionali, è organista della Basilica Collegiata di San Giovanni in Persiceto e dal 2005 dirige il coro “I Ragazzi Cantori di San Giovanni”. All’attività concertistica affianca quella didattica: è docente in Conservatorio dal 1980. E’ titolare della cattedra di Organo e Composizione Organistica al Consevatorio “G. B. Martini” di Bologna.
Proposti Haendel (“Ouverture in the Ptolomy”, “He shall feed his flock”, dal “Messiah”, “Lascia ch’io pianga”, “Rejoice gratly, o daugheter of Zion”), Vivaldi (“Domine Deus Rex coelestis”, dal “Gloria”, Gherardeschi (“Pastorella per organo”), Caccini (“Ave Maria”), Bach (“Flöβst mein Heiland”, Panerai (“Offertorio di Do maggiore”), Mozart (“Alleluja”), De Grassi (“Fuga in Do Maggiore”).

Francesca è vincitrice dei concorsi nazionali Aslico, Toscanini, Verdi a Parma e il “Pavarotti voice competition” a Philadelphia e finalista al concorso Maria Callas. Diplomata al Conservatorio “Martini” col massimo dei voti e la lode, è laureata in Lingue e Letteratura inglese (Summa Cum Laude) all’Università di Bologna. Ha debuttato al “Ponchielli” di Cremona protagonista di “Cecchina ossia la buona figliola”, di Piccinni. E all’estero, stagione ‘98-’99: al “Metropolitan” di New York: è Mimì nella “Bohème” di Puccini e a Detroit con la Scottish Opera. Alison Freebaim su “The Stage”: “Mimì who breaks the heart”. Al Festival di Wexford è “Saffo”. Andrew Porter su “The Observer”: “Francesca was a stirring heroine, whit a Callas…”.

Fra gli interpreti di “Lodoiska”, di Cherubini, diretta da Riccardo Muti (poi incisa) alla “Scala”, il “Flauto Magico” con Zubin Metha, Desdemona nell’”Otello” al “San Carlo” con Daniel Oren. Donna Anna nel “Don Giovanni” con cui è stato inaugurato il PalaFenice di Venezia con Isaac Karabtchewsky. Adriano Cavicchi su “Il Resto del Carlino” scrisse di “trionfo personale” e “raffinata personalità e indubbio temperamento drammatico”. Francesco M. Colombo, “Corriere della Sera”: “Voce eccellente… Donna Anna dal vero accento tragico”. La “Nuova Sardegna”: “Entusiastici consensi… a scena aperta per Francesca Pedaci”.

Sempre con Donna Anna alla “Scala”, diretta da Giorgio Strehler e al “Vittorio Emanuele” di Messina (direttore C. Franklin). “La Gazzetta del Sud”, 4 giugno 2010, Matteo Pappalardo: “Su tutti ci è piaciuta e molto Francesca Pedaci… Una spanna e forse più sopra gli altri per il timbro, la potenza vocale e la cura del fraseggio”. Ha poi interpretato Donna Elvira diretta da Daniel Harding, regia Peter Brook nel tour mondiale (Bruxelles, Tokio, Aix En Provence), all’”Opera” di Roma, il “Piccolo Teatro” di Milano e lo “Staatsoper” di Vienna. Sul “Giornale” Piero Buscaroli: “Ha cantato con un dizionario di finezze e differenze”. A Vienna e Ravenna, “Le nozze di Figaro” (Muti), poi replicate al “Comunale” di Bologna e al “Piccinni” di Bari, alla “Scala” e all’“An Den Vien”. Ancora Buscaroli: “Pedaci vertice assoluto e  indiscusso… Esempio di calmo respiro e aristocratica distinzione”. Ha cantato con Pavarotti al “Lincoln Center” di New York, Bologna, Marsiglia. Edme Santy su “Le Provencal”: “…a immediatament conquis le public”. Alex Mattalia su “Le Meridional”: “…voix ben timbrèe”. Al “Borgatti” di Cento con l’Orchestra di Ferrara. Ha inciso “La Passione di Cristo” di Caldara (con Fabio Biondi). Su CD Focus Alessandro Zignani parla di “freschezza aurorale”.

Domanda: Quando ha capito che la musica era la sua vita? 
Risposta: Ho sempre avuto la passionedel canto. Sin da piccola sognavo di cantare in giro per il mondo. Ho iniziato a 14 anni e a questa passione ho dedicato tutta la mia vita e ne sono fiera. Continuo a studiare perché voglio crescere sempre più, cercando di valorizzare il dono che Dio mi ha dato. Confesso sinceramente che pur di cantare nella mia bellissima Salve ho avuto dei momenti di “paura”, perché volevo dare il massimo, e spero di esserci riuscita.
D. Lei ha lavorato con Muti e Pavarotti: cosa ricorda? 
R. Col maestro Muti ho cantato alla “Scala”, a Vienna e al Ravenna Festival. Gli devo tanto perché mi ha insegnato tantissimo. Pavarotti mi ha tenuta a battesimo fidandosi di una giovane cantante che aveva debuttato da poco. Ho cantato con lui nella tournèe mondiale e mi ha insegnato l’arte del bel canto, con il legato e la bellezza del suono, caratteristica del canto italiano. Due grandi personalità diversissime, che mi hanno fatto crescere e alle quali devo molto. Grazie a loro ho avuto la fortuna di iniziare la mia carriera sotto i migliori auspici.
D. Conosceva l’Olgiati-Mauro, uno degli organi più belli al mondo? 
R. Certo, ricordo quando da bambina mi portavano in chiesa. Confesso che è stata una grandissima emozione cantare con questo organo, suonato dal mio bravissimo collega. E’ stato un onore essere così amata nella mia terra natale, che porto sempre nel cuore.
D. Qual è il concerto più bello della sua vita?
R. Il primo in America con Pavarotti. Avere accanto un omone con una voce indimenticabile, io piccola e fragile creatura: mi ha dato una grande forza per esibirmi davanti a un pubblico di 20mila persone. Ricordo ancora il sorriso di Pavarotti prima di entrare in scena e non dimenticherò mai il suo abbraccio fortissimo e la sua grande fiducia in me.

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