Arbacia lixula (la rizzara): progetto pilota di rimozione sperimentale di ricci nell’Area Marina Protetta Porto Cesareo

PORTO CESAREO - L’Area Marina Protetta Porto Cesareo interessata da estesi fenomeni di desertificazione dei fondali rocciosi, a causa della pesca distruttiva del dattero di mare, molto attiva sino a tempi recenti, pronta ad attuare, di concerto con l’Università del Salento (Facoltà di Scienze) e con il coordinamento della Professoressa Simonetta Fraschetti, un progetto pilota ‘sperimentale’ che punta alla rimozione dei ricci (specie Arbacia lixula) nelle zone dell’Amp interessate dal problema. La desertificazione riguarda, paradossalmente, i fondali rocciosi presenti nelle zone a protezione integrale, che non mostrano segni di recupero, nonostante il lungo periodo di protezione. Il meccanismo è semplice: la pesca illegale del dattero di mare determina la desertificazione dei fondali.

L’area non è ancora particolarmente ricca di quei pesci, soprattutto i saraghi, in grado di controllare la densità dei ricci che sono formidabili pascolatori di tutto quello che arriva sul substrato, impedendo la sua ricolonizzazione. Per questo, il progetto prevede la rimozione dei ricci a scala di paesaggio (centinaia di metri), nella zona A denominata la Strea ed il mantenimento dell’esclusione dei brucatori in modo che i popolamenti possano recuperare e superare la taglia attaccabile dai ricci. Si tratta di un’attività ambiziosa (recentemente inserita in un progetto internazionale) che prevede, in ogni sua fase, il coinvolgimento dei portatori di interesse che vengono direttamente influenzati dai risultati del progetto poiché il recupero degli habitat e la protezione delle popolazioni potenzialmente minacciate da impatti poco evidenti, vanno nella direzione di migliorare lo sfruttamento delle risorse all’interno ed all’esterno dell’AMP.La causa principale del mantenimento della condizione di barren (cioè di substrato roccioso desertificato, popolato principalmente da alghe corallinacee incrostanti) risiede probabilmente nelle elevatissime densità di ricci di mare (P. lividus e A. lixula) e alla conseguente pressione di pascolo da essi esercitata.

La notevole estensione delle aree disturbate, inoltre, riduce sensibilmente la probabilità di un’efficace ricolonizzazione mentre, l’uniformità del substrato roccioso, non offrendo una struttura tridimensionale tale da garantire la presenza di rifugi, tende ad accrescere la mortalità degli organismi dopo il loro insediamento a causa della brucatura non selettiva dei ricci di mare. Il perdurare delle condizioni desertificate è un fattore molto negativo per l’economia locale, soprattutto per le attività economiche legate alla piccola pesca e al turismo, poiché la bassa biodiversità presente nelle aree disturbate e la loro notevole estensione influenza negativamente la fauna ittica presente e il valore estetico dei fondali. Le macroalghe hanno un ruolo fondamentale soprattutto in alcune fasi del ciclo vitale di vertebrati e invertebrati: si tratta di vere e proprie nursery la cui scomparsa può avere effetti rilevanti a scala ecosistemica. Come osservato in studi condotti sia in aree temperate che tropicali, un ridimensionamento delle popolazioni di ricci di mare e, conseguentemente, una ridotta pressione di pascolo sui popolamenti sessili possono innescare il recupero delle aree degradate dal pascolo degli echinodermi ad aree ricolonizzate da popolamenti algali e, sessili in generale.

L’esclusione delle attività di pesca attualmente vigente nelle aree a protezione integrale, coadiuvata dalla rimozione delle popolazione dei ricci di mare, costituirebbe una strategia più efficace in un’ottica di recupero delle funzionalità ecosistemiche, favorendo l’incremento della fauna ittica all’interno delle aree marine protette, ed in particolare, delle specie di interesse commerciale, con importanti ricadute sull’economia locale.  Le attività descritte di seguito hanno la finalità di quantificare lo stato di popolazioni e popolamenti soggetti a combinazioni multiple di fonti di impatto, in modo da proporre azioni concrete per la mitigazione. I risultati potranno essere incorporati nel Piano di Gestione.

Due operatori subacquei, rispettivamente un OTS (operatore tecnico subacqueo) e un pescatore professionista, percorreranno i suddetti transetti in immersione subacquea e rimuoveranno il riccio Arbacia lixula, dal loro raggio di azione, che è di circa 5 metri a destra e 5 metri a sinistra rispetto al transetto percorso. I ricci prelevati verranno trasferiti e distribuiti in modo omogeneo in aree non danneggiate dalla raccolta illegale del dattero di mare e preventivamente concordate con l’ente gestore.

I lavori saranno coadiuvati da biologi subacquei OSS (operatori scientifici subacquei) afferenti all’Università del Salento e al Consorzio di Gestione dell’Area Marina Protetta Porto Cesareo. Per tutte le operazioni a mare verrà utilizzato un mezzo navale di supporto messo a disposizione dall’ente gestore della riserva marina.

Fattibilità tecnico-amministrativa
L’intervento è compatibile con i vincoli imposti dal Regolamento di organizzazione e disciplina dell’Area Marina Protetta.
Il progetto pilota proposto, inoltre, è coerente con:
le finalità del decreto istitutivo dell’AMP ed in particolare art. 3 (Finalità) lett. e del DM del 12.121997;
i target di conservazione stabiliti nel piano di gestione ISEA dell’AMP ed in particolare con il BT7 (Target Biodiversity 7)
i descrittori n. 1, 3, 4 e 6 della direttiva Marine Strategy.

Durata del progetto
La rimozione dei ricci avrà una durata di 3 mesi dalla data di avvio.

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