Puglia: la «rivoluzione digitale» incentiva la nascita di piccole e medie imprese

BARI – La «rivoluzione digitale» incentiva la nascita di piccole e medie imprese. In Puglia si contano 2.597 aziende che operano nel settore della Comunicazione (dall’editoria all’Ict, dai fotografi alle agenzie pubblicitarie). E’ quanto rileva il Centro Studi di Confartigianato Imprese Puglia su dati Unioncamere-Infocamere.

Si tratta di un comparto in rapida e costante espansione che è espressione di abilità, personalizzazione, creatività, flessibilità di risposta alla domanda sempre più complessa e sofisticata che arriva dai consumatori e dalle altre aziende. In particolare, sono attive 748 ditte di «Stampa e riproduzione di supporti registrati», tre attività editoriali, 214 si occupano di «Produzione di software e consulenza informatica», 213 erogano «Servizi d’informazione», 112 fanno «Pubblicità e ricerche di mercato», 1.162 svolgono «Altre attività professionali, scientifiche e tecniche», 145 sono di «Supporto per funzioni d’ufficio per le imprese». Per un totale di 2.597 imprese, pari al 6,1 per cento del dato complessivo nazionale (42.629). La provincia di Bari guida la classifica per il più alto numero di artigiani della comunicazione (1.139). Seguono Lecce (579), Foggia (338), Taranto (285) e Brindisi (256).

«I dati elaborati dal nostro Centro Studi - commenta Francesco Sgherza, presidente di Confartigianato Imprese Puglia – evidenziano come le nuove tecnologie rappresentino oggi forse la migliore occasione per lo sviluppo di attività imprenditoriali, specie da parte dei più giovani. Al netto delle imprese che fanno della tecnologia il proprio business principale, la digitalizzazione così come l’innovazione di processo e di prodotto rappresentano valori trasversali in grado di garantire competitività anche nei settori “maturi”. L’innesto delle nuove tecnologie – spiega il presidente – rivitalizza l’attrattività dei prodotti ed incrementa la qualità ed il rendimento del lavoro. Insomma: la tecnologia consente anche alla piccola impresa di diventare protagonista sulla scena del mercato globale, specie in un’epoca che vede una forte rivalutazione della personalizzazione a scapito della standardizzazione delle produzioni. Confartigianato – conclude Sgherza – è al fianco delle imprese artigiane e delle PMI che vogliono percorrere le strade dell’innovazione, anche supportandole nell’utilizzo degli appositi strumenti di finanziamento nazionali e regionali nonché dei bandi comunitari attivi sul tema».

Nel 2014 le famiglie italiane hanno speso in telefoni, apparecchiature elettroniche e servizi telefonici ben 37,4 miliardi, vale a dire, in termini reali, il 256,8 per cento in più rispetto al 1995, quando la spesa si fermò a 10,5 miliardi. Sempre lo scorso anno la spesa degli italiani in prodotti su carta (dai libri ai giornali, dalla stampa di vario tipo fino alla cancelleria) si è attestata a 8,6 miliardi, con un calo del 39,3 per cento rispetto al 1995, quando la spesa superò i 14,2 miliardi. Il telefono cellulare è l’oggetto tecnologico più diffuso tra gli italiani: il 93,6 per cento delle famiglie ne possiede almeno uno. Seguono il personal computer, a disposizione del 63,2 per cento delle famiglie, il telefono cellulare connesso a Internet (54 per cento), la macchina fotografica digitale (50,8 per cento). Decisamente meno diffusi, anche se in crescita, gli e-book, in possesso del 6,8 per cento delle famiglie. Tra gli innumerevoli cambiamenti nei processi di comunicazione, si osserva un crescente utilizzo di giornali e libri in formato digitale.

Esaminando l’utilizzo del web come strumento per leggere giornali, informazioni e riviste online, si rileva che nel 2014 il 55,8 per cento del totale degli utenti di Internet ha scelto questo mezzo. In generale si osserva che tra gli utenti internet la quota di lettori on line è maggiore in età adulta: la maggiore incidenza si presenta nella classe 25-34 anni (il 51 per cento dei giovani dai 25 ai 34 anni); seguono le classi 20-24 anni (50 per cento) e 18-19 anni (49,3 per cento). La quota si abbatte nelle fasce di età più anziana, con il 12,5 per cento tra i 65 e 74 anni e un limitato 2,8 per cento nella classe di età oltre i 75 anni.

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