OPINIONI. Ma Poletti non può emigrare

di FRANCESCO GRECO - Zio Dana è la memoria storica del sud Salento. Gli piace così tanto raccontare che noi nipoti lo chiamiamo “Omero”. Ha una memoria infallibile. Si ricorda quando qui al villaggio arrivò la ferrovia, l'acqua, la corrente elettrica, il primo televisore. La gente lo guardava con sospetto e paura. Nonna Lucrezia ne diede una definizione: “E' la finestra sull'inferno”. Fu profetica visto il livello della spazzatura di oggi, dalla D'Urso alla Parodi. Un tempo sotto Natale facevano i film di Totò e Charlot, le commedie di Eduardo (“Natale in Casa Cupiello”, “te piace o presepio?”). Oggi sempre lo stesso rubbish.

Era il 1954, ma sua zia Chicca, buonanima (“Contadino, scarpa grossa, cervello fino”) già anni prima ascoltando la vecchia Radiomarelli aveva predetto: “Fra qualche anno vedremo quelli che parlano in questa scatola...”.

Zio Dana ricorda anche le cose dei secoli passati, per averle ereditate dalla memoria popolare, dall'affabulazione dei vecchi. In piazza c'erano le fosse per nascondere il grano dalle incursioni dei Turchi (“Mamma, li Turchi!”). Ricorda tutti quelli partirono alla prima e alla seconda guerra e mai tornarono. Ma anche storie di briganti.

Noialtri ascoltiamo in silenzio. Quando i “culacchi” sono già noti, qualcuno sbuffa, ma io gli dò di gomito per non offenderlo e ascolto curioso come se fossero inediti. Ci piacciono in particolare le storie di emigrazione, dacchè lo zio partì in Svizzera a 19 anni, fece il contadino in una masseria. Quello sapeva fare da secoli: governare le bestie, pulire il letame, spaccare la legna. Poi divenne operaio in un'impresa di costruzioni. Uno step di cui va molto orgoglioso, poiché lo investì di grandi responsabilità.

Partire non fu facile, mancava sempre un certificato. Al Comune l'impiegato chissà perché non glielo voleva dare. Da un angolo di piazza San Rocco qualcuno osservava in silenzio la scena: ogni giorno il ragazzo se ne tornava a casa a piedi (abitava in campagna), mortificato. Un giorno lo sconosciuto, vedendolo uscire senza certificato, lo chiamò e gli disse: “Torna, oggi te lo dà...”. Così fu. Era il mafioso del paese. Una lezione di socio-antropologia più efficace di mille saggi in materia.

Zio Dana ricorda che non tutti potevano partire, molti erano scartati. C'era una prima scrematura a Maglie (Lecce): i rachitici causa fame non erano idonei: ritornavano a casa a zappare la terra dei baroni. A Milano altre visite mediche e altro scarto: i malaticci dal colore della calce se ne tornavano tristi alle loro terre “tumare” (sterili). Visite anche in Svizzera e persino dopo che la ditta che ti aveva preso potevano cacciarti. Insomma emigravano i migliori.

Vecchie storie di emigrazione, le cui dinamiche interne sfuggono a ogni trattato in materia ma non alla memoria dei vecchi (con i risparmi lo zio si è fatto la casa e comprato la terra che coltiva), ci sono venute alla mente come iceberg insidiosi leggendo le parole del ministro del lavoro Giuliano Poletti: “I giovani se ne vanno? Meglio non averli tra i piedi...”.

Gaffe che fa il paio con quella dell'altro giorno: “Faremo le elezioni pur di non fare il referendum sul Jobs Act”. Ha quindi sconfessato la sua stessa “creatura”: è infatti il teorico massimo di una riforma il cui unico effetto è stato di precarizzare anche il lavoro a tempo indeterminato. Senza la barriera sociale dell'articolo 18 siamo alla leggi della foresta. Quindi ha ragione chi dice che il Jobs Act è stato scritto da Confindustria, sponsor anche del Gentiloni 1 (o Renzi bis).

Poletti è dunque l'icona, il testimonial di un governo di cloni, dove c'è una ministra che ha mentito sui suoi studi, un'altra, la Boschi, promossa dopo la sconfitta di una legge che portava il suo nome, e una parlamentare anche lei in gramaglie promossa ministra, la Finocchiaro. Tutto ciò è pedagogicamente devastante sull'immaginario degli italiani e dei ragazzi che studiano. Ci insegnano sin da piccoli a non dire bugie.

E' l'ordalia, l'orgia del potere. E ci viene in mente anche una “Puntura di spillo” del grande Montanelli, anni fa, sulla prima del suo “Giornale”. Un politico francese forse fuori di testa aveva presentato una proposta di legge per sopprimere i disabili. Montanelli gli diede ragione e sarcastico com'era il suo stile chiosò: “Sono d'accordo, basta che cominciamo da lui...”.

Caro Poletti, se anche lei volessi emigrare, sicuro che potrebbe farlo? Che supererebbe tutti quegli esami e visite mediche cui fu sottoposto e superò alla grande zio Dana mezzo secolo fa?

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