VISIONI. Non ci resta che andare su Marte

di ALFREDO DE GIUSEPPE - A vedere certi documentari, a leggere certi articoli pare, che la tecnologia dominerà le nostre vite, molto di più di quanto non lo faccia già.
 
Auto che corrono senza autista (mancano solo le prove finali sulle nostre strade), robot che fanno tutti i lavori manuali, telefonini integrati nel nostro orecchio che ci segnalano di tutto, pure dove e quando fare la pipì, diagnosi dei nostri malanni in diretta con operazioni sempre meno invasive, e poi entro dieci o vent’anni potremo andare su Marte, addirittura come turisti alla modica cifra di duecentomila euro cadauno.
 
Lì, su quel pianeta ora inutilmente deserto, prima o poi riusciremo a creare un’atmosfera adatta al nostro corpo, forse rifaremo un mare azzurro, faremo piovere e quindi potremo piantare alberi, girasoli e rape.
 
Per essere paragonati al Dio creatore di tutte le religioni ci mancherà davvero poco, forse solo inventare in Italia un governo che sappia governare.
 
Insomma, stiamo andando verso strade sconosciute, verso mète mai pensate nei secoli precedenti, la scienza avanza, la tecnologia applicata è ormai parte del nostro pensare quotidiano.
 
Alla fine di questo anno, definito per pura convenzione storica come 2016, potremo guardare al futuro con maggiore speranza, in una visione ottimistica della scienza al servizio dell’uomo?
 
Intanto partiamo dalla situazione attuale, analizzando due soli dati: le guerre e le povertà. Basta scrivere su Internet “Conflitti attualmente in corso” e si rimane sbalorditi dall’enormità di guerre e guerriglie che ci affliggono: in Africa sono coinvolti 29 Stati e ben 215 gruppi combattenti differenti, in Asia 16 Stati e 169 gruppi armati, ma anche l’Europa dell’Est non scherza con 9 Stati e 80 gruppi, e poi c’è l’eterno Medio Oriente.
 
In totale, in questo momento nel mondo ci sono 67 Nazioni coinvolte dentro le quali si contano 735 unità combattenti (eserciti, milizie, guerriglieri, terroristi, anarchici, ecc). Guerre di indipendenza, guerre di religione, guerre di territori, ma soprattutto guerre per il potere economico, per lo sfruttamento delle risorse energetiche.
 
Se invece cerchi in Rete “Equità sociale nel 2016” puoi capire come tutte le analisi convergono su un unico punto: i ricchi sono sempre più ricchi e non superano il 2% della popolazione mondiale, mentre i quasi poveri, i veri poveri e i miserabili sono quasi 4 miliardi di persone.
 
Secondo il rapporto annuale dell’Unicef entro il 2030 (data conclusiva degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile), 69 milioni di bambini sotto i 5 anni moriranno per cause prevalentemente prevenibili, 167 milioni di bambini vivranno in povertà, 750 milioni di donne si saranno sposate da bambine e oltre 60 milioni di bambini fra i sei e i dieci anni saranno esclusi dalla scuola.
 
Sembrerebbe che il nostro pianeta stia andando verso due posizioni contrapposte: da un lato una scienza sempre più invasiva e coinvolgente, dall’altro l’avanzamento di una povertà diffusa con largo uso di guerre per risolvere i perenni problemi della sopravvivenza.

Il tutto aggravato dall’espansione demografica di alcune aree geografiche e la costante denatalità di altre, che comunque secondo l’ONU porterà entro il 2050 la popolazione mondiale dagli attuali 7,3 a oltre 11 miliardi di individui.
 
Quindi grandi flussi migratori e importanti mutamenti socio-economici, quasi tutti complessi da gestire e programmare, specie in presenza di una politica miope che al massimo guarda ai prossimi due anni. Nel futuro molto prossimo, continuando tutti i trend cui abbiamo accennato, potremmo avere un élite economica/politica formata da persone super ricche, che disporrà di tutti i beni materiali, di tutte le chiavi decisionali per procedere spedita verso nuove ricchezze, potrà andare su Marte, comprarsi l’intero sport mondiale e tutti i motori di ricerca.
 
Ci sarà una classe media che si arrabatterà sempre di più, piccoli imprenditori che non potranno più salire alcun gradino, operai sempre più in competizione con nuovi poveri, impiegati che non potranno far studiare i propri figli, laureati che tenteranno fino alla vecchiaia di trovare la giusta collocazione.    
Categorie sfruttate e alienate ma che in fondo potranno mangiare, rosicchiando ogni giorno qualcosa all’altro, potranno scommettere alla lotteria più ricca o al poker-on line, guardare lo sport, possedere e giocare con l’ultimo giocattolo telematico.
 
I poveri invece aumenteranno a dismisura, schiere di uomini, donne e bambini sempre più schiacciati nelle terre più guerreggiate e disastrate, anche all’interno di Stati tradizionalmente ricchi. Rifiutati dall’altra metà della popolazione, trattati come inutile ingombro sulla via del progresso, comunque indispensabilmente poveri per non far salire il consumo di CO2 oltre il limite tollerabile della sopravvivenza del pianeta Terra.
 
Questo è lo scenario verosimile, anche se crudo. Se qualcuno, oltre a inutili referendum di giornata, vuole impegnarsi a sovvertire questo triste destino, c’è ancora spazio e un po’ di tempo. Mi chiedo però: a iniziare da me stesso, c’è oggi l’ottimismo per lottare ancora contro chi dissennatamente corre in questa direzione assurda?

C’è un gruppo capace di analizzare e lottare per risolvere questi problemi enormi? Potremmo farcela, con impegno, calma e raziocinio.
 
Se invece corriamo dietro ai Trump, ai Le Pen e ai vari trombettisti dell’isolazionismo felice, siamo davvero in un oceano di guai. Non ci resta che sperare nell’atmosfera di Marte. 

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