LIBRI. 'Lettori selvaggi': ecco la vostra biblioteca ideale

di FRANCESCO GRECO - C'è l'abrasivo Marziale che andò dalla Spagna a Roma per scorticare i potenti del suo tempo e le loro corti corrotte di prostitute e arrampicatori sociali e Achille Campanile che bulina di fino sui nostri peggiori, inossidabili  luoghi comuni. L'I Cing (il Libro dei Mutamenti) e del Tao, Orazio e la sua poesia “un attimo prima che la levigatura sbricioli il marmo e generi la maceria” ma sprezzata da Leopardi, l'inquieto Nabokov che emigra dalla Russia in America per dare ospitalità alla sensualità della sua “Lolita” e poi Platone (“il desiderio erotico e figlio dell'ingegno e della povertà”) e gli amici ubriachi che al suo Simposio mangiano “semi di zucca e ceci, nocciole e pistacchi”.

Se per svariate ragioni non vi siete ancora fatti una biblioteca decente, e intendete fare un piccolo investimento da tramandare a figli e nipoti, ecco l'occasione buona.
 
Approfittate di questo zibaldone (“mappa”) fatto delle “apparenze e le superfici, l'ordine e la bellezza...” che propone lo scrittore napoletano (1959) Giuseppe Montesano, in “Scrittori selvaggi” (dai misteriosi artisti della Preistoria a Saffo a Beethoven a Borges, la vita vera è altrove), Giunti Editore, Firenze 2016, pp. 1919, euro 42.50 e che assembla tutta la sapienza, la bellezza, l'ironia, il dolore, il coraggio, l'eroismo, la poesia dell'uomo, dei millenni trascorsi e di cui siamo sintesi e presupposti per il tempo infinito che verrà se è vero, come si legge nelle “Upanisad” (700 a. C.) che “l'universo si è originato dalla propagazione di un suono...”.
 
In questo vaso di Pandora (una sorta di ricco, sofisticato Bignami) di pensiero sedimentato dal tempo e dalle menti dei migliori, i titani su cui, se volessimo, dovremmo vivere assisi, c'è l'uomo di Platonov che sopravvive mangiando spazzatura e che riesce a tornare a casa, a chiudere gli occhi dei suoi bimbi morti di fame e poi preparare un pò di carne per la moglie che stanca si è addormentata e le struggenti poesie di Marianne Moore. I lazzi di Epicuro: “Liberiamoci dal carcere degli affari e della politica”, i sogni di Borges e i tormenti di Petronio, forse il primo dandy, consigliere di stile del raffinato Nerone, che poi lo condanna a morte e se ne va allegro e ironico scrivendo la sua opera immortale. Aristotele lo aveva preceduto: dandy, ritenuto frivolo per la mania di riempirsi le mani di anelli e il curioso taglio di capelli, gambe sottili, un po' sovrappeso. Accusato di eresia, muore a 62 anni (scrisse, fra l'altro, di cosmogonia, etica,  zoologia, biologia, economia, politica, ecc.).
 
“Bisanzio discute del sesso degli angeli mentre i Turchi stanno già spaccando le mura...”, dice Céline. Corsi e ricorsi, forse viviamo lo stesso tempo, per cui questa saggezza universale che proviene da “poeti, scrittori, pensatori, musicisti, artisti, scienziati” può aiutarci a uscire dal guado infido immergendoci nella “solitudine in cui ci attira quella sorta di stregoneria che è la lettura”.
 
Par di sentire Krisha (“bisogna essere degni dei padri”), il lirico greco Mimnermo: “Il dio la fece sporca la vecchiaia”. E il saggio Sima Qian (145-87 a. C.): “la ragione umana traversa in lungo e in largo i diecimila principi: non c'è niente che il compasso e la squadra della mente non possano penetrare...”.

Non abbiamo più alibi. Chissà, forse come Budda, in una notte di plenilunio del 531 a. C., anche noi vedremo “l'essenza del mondo”. E di noi stessi.

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