OPINIONI. Uomini o caporali?

di FRANCESCO GRECO - Arriva sempre un giorno in cui nella propria parabola esistenziale e politica occorre decidersi: uomini o caporali, direbbe Totò? Guai a non capirlo: ci si dà la zappa sui piedi.
 
Il governatore di Puglia Michele Emiliano non l’ha ancora capito. Così su è smarcato dalla decisione del centrosinistra di dare a Lecce un candidato alla successione del “gradito” Paolo Perrone, due legislature a sindaco di una città che è all’undicesimo posto di gradimento al mondo. Uomini o caporali?
 
Il background è sui giornali ogni mattina: correnti, potenti, satrapi l’un conto l’altro armati, dozzine di nomi di prime, seconde e terze file “bruciati”. Ora si cerca un “prestanome” nella società civile, l’associazionismo, il non-profit, i salotti bene, i club di bridge e canasta in una città dov’è ben presente storicamente la Massoneria, trasversale a destra e sinistra. Uomini o caporali?
 
Mentre il candidato del centrodestra Mauro Giliberti è in campagna elettorale già da mesi (esattamente da novembre, da quando, inviato di “Porta a Porta” andò nel villaggio dov’è nata Melania Trump, nuova first lady d’America).
 
Qualche big guns del Pd dà già per persa la partita, facendo balenare l’idea di un inciucio, un “biscotto”, come si dice nel calcio, un accordo sotterraneo destra-sinistra per lasciare Lecce alla destra, dove sta per arrivare, cioè, salire sul carro del vincitore, l’Udc: della serie “Và dove ti porta il cuore” (e il potere, che i raffinati con studi a Eton chiamano “visibilità”). Uomini o caporali?
 
Quindi il Pd cerca un agnello sacrificale da immolare, una controfigura, un vaso di coccio. Se i leccesi naso fino sentono odor di inciucio, chissà come potrebbero reagire: magari votando in massa il candidato del M5S Enrico Valente, magari mandandolo al ballottaggio con Giliberti.

Al capezzale di Lecce accorrono corrucciati da tutta Italia: dal sindaco di Bari Antonio Decaro all’ex primo cittadino di Milano, Giuliano Pisapia, che si è appena fatta la sua nicchia: “Campo progressista”.
 
Tutta questa platea un nome in tasca pare ce l’abbia: Dario Stefàno, già assessore regionale all’Agricoltura e poi senatore e presidente della giunta delle immunità nel Prodi-bis.

Solo che l’otrantino è di vecchia scuola Dc (“molto è stato fatto, ma molto resta ancora da fare”), in provincia si sente sprecato, sacrificato: Papa Francesco gode di buona salute, alla Casa Bianca per i prossimi quattro anni l’inquilino è stato appena eletto e da poche ore, purtroppo per Stefàno, Antonio Tajani è Presidente del Parlamento Europeo.

Insomma, come minimo ambisce a fare il ministro. Hic sunt leones. E dunque a Lecce cercasi candidato disperatamente. Come la rockstar Madonna cercava Susan anni addietro.
 
Emiliano è giunto a Lecce e davanti a questo labirinto viscido si è tirato indietro, ha scagliato la palla in tribuna. Ammettendo in modo oggettivo che non è un leader ma un caporale di giornata.
 
E’ stato magistrato, sindaco di Bari città-regione, segretario regionale del Pd, ambisce alla segreteria nazionale e non è capace di espugnare Sagunto, scomodandosi per dire: “Sbrigatevela da soli”. Siamo uomini o caporali?

La speranza è che il take non finisca nella rassegna-stampa di Matteo Renzi, che ha appena arruolato nella direzione nazionale del Pd lo scrittore Gianrico Carofiglio (anch’egli magistrato: il target del Pd, che continua a militarizzare le istituzioni). Altrimenti come aspirante segretario nazionale il governatore pugliese si è bruciato con le sue stesse mani, dandosi un colpo dove non batte il sole. Fatale Lecce, a uomini e caporali.   

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