OPINIONI. Raggi e i media, l'invidia del pene

di FRANCESCO GRECO - E' l'invidia del pene, non può che essere quella. Le asimmetriche, aspre relazioni fra il sindaco di Roma e i media con la loro narrazione devastante nasce anche dall'invidia del pene. Freud è utile per tentare di capire il cortocircuito fra Virginia Raggi e giornalisti sin dal giugno 2016, ballottaggio vincente, contro ogni oroscopo. Non le si perdona, e indirettamente anche al M5S, di aver fatto, e fare a meno dei giornali, le tv, le radio, gli opinionisti, attardati in un racconto datato (“alieni”, Corriere della Sera dell'11 febbraio 2017), una koinè deviata.

Nei paesi cattolici, guai a mostrarsi intelligenti: i mediocri te la fanno pagare cara, ti augurano le peggio cose, ti spingono verso la Geenna ove sarà pianto e stridor di denti. Senza cinghie di trasmissione mediatiche, con un misero blog, Grillo ha convinto della bontà della sua rivoluzione dolce 9 milioni di italiani: per gli unti dal Signore è peccato mortale. Ha creato dal nulla, come per incanto, dal 2009 a oggi, una suggestione, e una prospettiva di successo e di governo, come si permette, senza la loro benedizione? Non si perdona un algoritmo segreto.

Cosa e chi c'è dietro? Non resta che il fango. Tutto è letto col codice dell'antipolitica, e non si vuol capire che se la politica è la pantomima incedente, vuota e corrotta in uso, l'antipolitica è l'ultima spiaggia, la zattera cui aggrapparsi. Si sprezza tutto all'ingrosso, coll'epiteto di populismo, per non dire che può essere riempito di altra filologia, trasfigurarsi nella riappropriazione dello specifico politico da parte dei popoli 2.0, che lo espropriano ex abrupto alla casta dei professionisti della politica, alle logge, le oligarchie finanziarie e bancarie avide, le classi dominanti corrotte e senza spirito patrio, che fanno pagare i costi della crisi e la globalizzazione alla base della piramide che produce la ricchezza comune.

Sarebbe un fenomeno da studiare, decodificare, disaggregare: ma è troppo faticoso, meglio allora l'anatema, il pregiudizio, mantra, password più facile e accessibile ai più per la pigrizia intellettuale dei columnist italiettani abituati a legare l'asino dove vuole il padrone, servirlo e riverirlo, militare su ideologie morte, relativizzate, sconfitte dalla Storia: non immaginano un mondo di uomini liberi e pensanti ('Etienne de la Boétie, 1530-1563, “Discorso sulla servitù volontaria”, Chiarelettere, 2015). 

Così si assiste a uno spettacolo grottesco, semiserio: con le categorie culturali e politiche destrutturate e la bava alla bocca, elevano gossip da bar sport a dialettica politica. E non si accorgono che la spazzatura non tocca lo zoccolo duro del M5S, sempre costante: non insudicia la speranza di una via e una vita diversa, di uguaglianza, di giustizia sociale, di diritti reali, a 100 anni dalla rivoluzione d'ottobre: corsi e ricorsi, è l'infinitamente lontano che torna (Lao-Tzu).

Bene la proposta dell'abolizione dei vitalizi e bene lo stadio: non si può vivere di soli no, ma occorre affrontare le sfide e cercare di gestirle. Diciamolo: la gente non capisce di cosa è accusata la Raggi, cos'avrebbe fatto di male. Altro elemento da decrittare. Ma sarebbe una fatica di Sisifo, improba, scomoda, per i propri referenti politico-editoriali: poteri forti, assoluti. Basti dire che la Raggi è il primo sindaco donna della storia di Roma: chi tesse peana a Hillary Clinton non se n'è accorto?

Grillo ha messo su una macchina da guerra, che sarebbe perfetta se non fosse per lo scouting del personale: la rete s'è mostrata fallace, espone a errori, anche perché i media tirano trappole agli ingenui e lo costringe a rincorrere le dichiarazioni. E dunque, senza gruppi editoriali, case editrici, giornali, concedendosi controvoglia e a spizzichi e bocconi ai media, Grillo e i suoi sono prossimi alla conquista del Palazzo d'Inverno.

I corsivisti non lo avevano previsto e remano contro. L'invidia del pene o, se si vuole, l'ansia da prestazione. Non possono accettare la realtà, che li sovrasta, così la criminalizzano: i loro orizzonti culturali sono angusti, retrò: le opinioni qualunquiste e politicamente corrette inutili, non incanalano flussi di consenso, non spostano voti, non muovono simpatie (semmai le alienano).

Non resta che la demonizzazione dell'avversario, vecchia scuola staliniana. Non era mai accaduto nella storia politica, e non solo italiana. Col blog il M5S bypassa l'opinionismo italico, lo vanifica e parla direttamente alla pancia del paese reale, al sottosuolo vivo e vero, interroga gli iscritti quando deve prendere decisioni.

Mentre i partiti novecenteschi sono sempre strutturati in termini verticistici, di nomenklatura: decidono nelle segrete stanze, o se le fanno imporre dai poteri forti, e poi le fanno approvare dalla base, in un gioco ipocrita che la gente annusa e rifiuta. Un blocco reazionario-conservatore-restauratore, dall'asse mediatico-giudiziario (Tangentopoli), è schierato come falange macedone, ostacola il nuovo che non sia benedetto da lobby, oligarchie, caste. Ha carta bianca sulla tattica. Muovono le loro pedine senza alcuna etica, e non si avvedono che così spingono Grillo al 40%. 

Avviso ai giornalisti della black-list, quelli che cantano nel coro, origliano dal buco della serratura e non vedevano le orge di quelli che hanno distrutto Roma: se hanno davvero attributi, possono fare inchieste sui soldi in nero che B. ha nascosto nei paradisi fiscali (“Il Cavaliere nero”, Biondani-Porcedda, Chiarelettere 2013) e su Renzi in grembiule (“Massoni”, Gioele Magaldi, Chiarelettere 2014).

Per il resto nulla di nuovo sul fronte occidentale. Le inchieste sull'aria fritta tendono ad assimilare in modo soft il M5S a Mani Pulite, darne la stessa lettura filologica. E' il vecchio sogno delle toghe di selezionare il personale politico, di mostrarne l'indegnità morale e magari proporsi come surroga, fondare partiti sfruttando la popolarità delle inchieste, al limite sbarcare in Parlamento. Con questo format Cesare sarebbe un criminale. Anche perché poi le inchieste spesso sono bolle di sapone. Il che è una forzatura impudica, indecente. Ma questo è un altro discorso, porta lontano. Fermiamoci qui. 

Auguri, sindaca!

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