ESCLUSIVO. Archeologia, la dea Minerva in aiuto di Castro

di FRANCESCO GRECO - CASTRO. La dea di Athenaion dormiva da secoli protetta da una teca di pietra. Intorno i doni dei devoti da tutto il Mediterraneo: oggetti in osso, avorio, ecc. Il suo tempio era nella zona detta “Capanne”. La Castro messapica fu distrutta nel 214 a. C. (guerre puniche) dai Numidi di Annibale: un “sacco” che gelò per sempre i suoi sogni di piccola “capitale” a Sud-Est dell'Europa.
 
I Romani mandarono 200 famiglie per ricomporre il demo e la chiamarono Castrum Minervae. Sui Messapi “romanizzati”, assimilati dall'Impero cadde la damnatio memoriae: si perse anche il nome (almeno sino a ora), a differenza di Ozan (Ugento), Alixia (Alezio), Bastae (Vaste), ecc. Destino toccato anche a Muro Leccese.
 
L'aria del mito a Castro si confonde con quella del mare e dei pollini dei fiori dee peschi e i mandorli in questa dolce primavera gravida di grandi orizzonti in tema sia di altri scavi che di valorizzazione e marketing turistici (e quindi di opportunità di lavoro).
 
Dopo il ritrovamento di una piccola Athena di bronzo, anni fa, il pool di archeologi guidato dal prof. Francesco D'Andria (Università del Salento) ha appena ritrovato il busto della la statua della dea Minerva, che era alta oltre 3 metri.
 
I vari aspetti dell'importantissimo ritrovamento sono stati spiegati in una serata intensissima dal titolo “Le recenti scoperte dell'archeologia a Castro” (Castello Aragonese, piazza Armando Perotti (1885-1924), un barese innamorato della città tanto da averle dedicato un libro che è un classico).
 
Le mani che hanno toccato per prime la dea amata e venerata da tutti i popoli del Mediterraneo sono state anche quelle dell'ing. Angelo Micello, uno studioso appassionato, a suo agio nel mito, che ha diretto i lavori della campagna di scavi e che concede questa intervista esclusiva al Giornale di Puglia.

DOMANDA: Emozionato?
RISPOSTA: In quei momenti guardai costantemente il volto degli archeologi che erano al lavoro. Da un paio di anni sotto le loro mani erano passati tanti reperti, dalla ceramica più umile fino a tanti pezzi lavorati ognuno del quale avrebbe fatto la felicità per anni di un ricercatore. Più si pulivano le pieghe di quell’enorme pezzo di pietra leccese e più ci si rendeva conto che non fosse la cornice regolare di un pezzo di architettura. Quando si mise in luce la parte dell’ascella la speranza di un “colpaccio” diventò realtà, si intuiva chiaramente che fossero ormai i drappeggi di una veste e che le dimensioni anatomiche erano almeno doppie e che l’esagerazione di solito appartiene agli dei. Quando lessi negli occhi degli esperti la gioia e subito dopo il senso della responsabilità di quella scoperta ebbi un senso della misura di quei momenti. Personalmente dirigevo lavori in quella parte del Centro Storico dal 2000 e tutto all’epoca era partito dalla riscoperta di alcuni conci di  mura messapiche. In tanti avevamo scommesso che quella non fosse solo la solita città messapica fortificata benché all’epoca Castro non fosse neppure molto citata come centro abitato prima del III secolo a.C., e già quella delle mura era stata una grande scoperta  
     
D. Tutto il materiale ritrovato andrà fra poco a Roma, in mostra, all'Ara Pacis?
Gli accordi e le intese ci sono tutti. Il museo dell’Ara Pacis è un contenitore visitato da più di 300'000 persone l’anno. Ma oltre alla visibilità e all’opportunità di far conoscere il nostro territorio, l’intento culturale alla base di questa esposizione, e in quel particolare contesto, è quello di rivedere nel giusto peso le espressioni dell’arte italica pre-romana spesso banalizzata o trascurata anche nei libri di scuola.

D. E' avviato un protocollo con la Turchia, che vuole riscrivere il percorso dell'eroe troiano Enea, anche con la riproduzione di una nave: voi parteciperete?
R. E’ un vecchio progetto turco nato alcuni anni fa quando la Turchia spingeva per ricordare in ogni modo i legami culturali e direi “parentali” con l’Italia in vista di appoggi favorevoli all’ingresso nella comunità europea. Oggi lo scenario politico è un po’ cambiato, ma la città di Castro resta sempre comunque gemellata con la città di Antandros, una città della Turchia sul mare egeo dove le fonti letterarie fanno imbarcare i superstiti troiani verso un viaggio ignoto. Delegazioni di Castro si sono recate in passato in Turchia nelle estati scorse e delegazioni di Antandros hanno restituito la cortesia

D. Si pensava che Enea partito da Troia, dopo Butrinto (Albania) e verso Pratica di Mare, si sia fermato anche a Leuca e Badisco. Voi date per certo che sacrificò solo a Castro, ad Athena?
R. Siamo ovviamente sempre sul piano letterario, ma sappiamo bene che Virgilio monta le location del suo poema sempre in posti reali, anzi di più, in posti che lui ha personalmente visitato. Virgilio muore a Brindisi non a caso, ha già visitato la Grecia due volte, conosce e si compiace nel suo poema di conoscere l’arte nautica. Un porto, un tempio di Atena ed un posto abitato da alleati degli Achei, e solo Castro oggi può dimostrare queste circostanze. Ma già i primi commentatori latini di Virgilio nel IV secolo avevano messo una pietra sopra questa faccenda.

D. Castro fu quindi un luogo di culto cui guardavano tutti i popoli mediterranei?
R. Quello che viene fuori dai reperti dimostra una imponenza architettonica e una ricchezza economica e culturale che non può certo riferirsi alla solo demografia interna della Castro messapica. E’ già stupefacente trovare il culto di una divinità mediterranea in strutture templari doriche in ambiente che fino ad oggi era dichiarato di stretta religiosità messapica, Anche per questo l’archeologia ufficiale aveva dato finora poco peso ai ricordi e alle ricostruzioni virgiliane, per gli esperti, come è noto, le manifestazioni templari sono piuttosto da riferire all’area che parte da Taranto e si spinge fino in Sicilia secondo le direttrici della colonizzazione greca. Ma il santuario di Athena a Castro forse è già al suo posto in quei secoli a guidare i naviganti del Canale d’Otranto.

D. Sotto quei 6 metri che ancora scaverete, cosa ci potrà essere?
R. Di tutto, non è la stratificazione naturale di una città che si ricostruisce sempre in ordine verticale, sovrapponendosi. Sono terrapieni in cui è stato deposto di tutto, da riporti di terreno di frequentazione proto-storica dell’età del Bronzo ai resti dell’ultimo santuario di Minerva che pare quasi seppellito con una certa “pietas”dai primi coloni romani portati qui dal Lazio.

D. Nella stratificazione medievale sono apparse fave arrostite e gusci di cozze: erano nel menù dei nostri avi?
R. Se alle conoscenze degli scavi in grotta Romanelli, recentemente ripresi con nuove tecnologie di indagini, aggiungiamo le conoscenze del periodo protostorico acquisite in località Palombara, e queste dell’area templare che vanno fino ai giorni nostri è possibile ricostruire la dieta di un popolo che vive sulla costa dalla preistoria ad oggi. Sono in genere alimenti di raccolta, in genere chiocciole, gusci di mitili, cozze patelle, ecc.. che avendo un guscio calcareo si sono perfettamente conservate, oppure di produzione che per effetto di alcuni incendi si sono carbonizzate come fave o grano. Ma anche lische di pesce ed ami di metallo in periodo del Bronzo, e la prova che anche nel ‘400 dopo Cristo il cervo era ancora nel Salento. E poi enormi scarichi di ossa bovine e di maiale  macellate con continuità in ogni periodo della storia.

D. Prima o poi spunterà da qualche parte anche il nome della Castro messapica?
R. Per ora è tutto sotto inchiesta. Una inchiesta vera e propria con tanto di perizie e indagini. Se la mappa di Soleto, tanto discussa, verrà confermata nella sua autenticità il vecchio nome di Castro è già noto e sarebbe LIK, guarda caso molto assonate col nome di Lictio Idomeneo, leggendario fondatore di Castro e Lecce, e sarebbe questa un’altra conferma del punto di sbarco di Enea in quanto Virgilio fa un chiaro riferimento ai pericoli che potrebbe avere Enea salendo alla città del tempio di Atena abitata da coloni cretesi che l’Ilide dice alleati dei greci contro Troia.
Ma se non fosse questo credo che non lo si scoprirà mai e forse perché il nome della località era molto più banalmente tradotto in ogni lingua del Mediteranneo in qualcosa come il “Santuario di Atena japigio”, come lo chiamavano Athenaion i greci e Castrum Minervae i romani. Un posto di culto e un santuario così noto da non dover precisare altro. 

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