"Sanità 'privata' ma pubblica", lettera aperta al Giornale di Puglia

BARI - Riceviamo dai "professionisti 'a testa alta' del Presidio di Riabilitazione 'Padre Pio' di Capurso (Ba)" una lettera aperta, che volentieri pubblichiamo.

«Quella che stiamo per raccontarvi non è la solita storia di lavoratori senza stipendio. La crisi che investe il nostro Paese purtroppo ci sta abituando a drammi che hanno spesso in comune le difficoltà di aziende private che non riescono a far fronte ad un sistema concorrenziale sempre più complesso, ma qui stiamo per parlare di un pubblico servizio, di soldi pubblici, gestiti da privati per conto di un ente pubblico che si chiama Asl in virtù di un accreditamento istituzionale concesso dal Governo Regionale.

Siamo a Capurso, ad appena 10 km da Bari, al Presidio di riabilitazione "Padre Pio" che si occupa di pazienti in regime residenziale, semi residenziale, ambulatoriale e domiciliare per una copertura di prestazioni sanitarie riabilitative fino ad un volume di 7 milioni di euro circa su base annua. Soldi pubblici che la Asl regolarmente paga mensilmente in base alle fatture presentate, tranne qualche piccola eccezione, e che ai gestori del Presidio non sono mai bastati.

Già, perché già dal lontano 2005, anno in cui la "Padre Pio " è stata accreditata, la società G.M.S. (gestore del Presidio) ha cominciato ad accumulare debiti che oggi ammontano a diversi milioni di euro, con fornitori, consulenti, piccole società di servizi esternalizzati quali cucina e pulizie fino ad arrivare ad Equitalia non avendo pagato gli oneri contributivi ai propri dipendenti per diversi anni. In quasi dodici anni di gestione, la corresponsione degli stipendi è stata sempre irregolare in deroga al CCNL ed i circa 160 dipendenti sono stati anche fino a 6 mesi senza vedere un centesimo.

Il Presidio di riabilitazione "Padre Pio" di Capurso, in ogni caso, eroga un servizio di qualità che trova il consenso dei tanti assistiti che lo scelgono per le proprie cure grazie ad un gruppo di lavoro fatto di persone leali e capaci, dotate di resilienza e soprattutto di una educata, quanto mai rara oggigiorno, pazienza. Già, perché di pazienza ce ne vuole proprio tanta trovandosi cronicamente a rincorrere gli stipendi che vengono erogati a singhiozzo ed in maniera irregolare con tutti i problemi che ne derivano.

I lavoratori di questo delicato servizio, qual è la salute, hanno poca voglia di avventurarsi in elucubrazioni mentali che diano loro lumi su quelle che possano essere le cause di tale anomalia, di quella che a ragione reputano una forma di ingiustizia sociale, nonché una limitazione della libertà dell'individuo e si trovano nel bel mezzo di un teatro che vede protagonista anche parte delle istituzioni regionali che nicchiano a possibili soluzioni di una ormai nota vicenda che per quanto riguarda gli eroici lavoratori in questione, non necessariamente dovrebbero essere quelle proposte dall'azienda in crisi.

Tra agonizzanti o golosi imprenditori da una parte ed ignavi o accidiosi personaggi del governo regionale dall'altra, una fetta della sanità poggia sulle spalle ormai logore di tanti lavoratori in un inferno dal quale non si esce più.

Nessuno vuole prendersi la responsabilità di decidere, su argomenti come deaccreditamento, voltura dell'accreditamento a nuova società, eventuale ricollocazione dei dipendenti in altre strutture riabilitative e delle mille altre tematiche che la vicenda del Presidio di riabilitazione "Padre Pio" ha aperto in questi ultimi anni.

Solo negli ultimi due anni i dipendenti del Presidio di riabilitazione "Padre Pio " hanno scioperato ben 5 volte (8 aprile 2015, 4 aprile 2016, 10 e 11 maggio 2016, 14 e 15 giugno 2016), un vero e proprio record per una struttura accreditata che dovrebbe essere controllata dalle Istituzioni che minacciano il deaccreditamento, ma nei fatti continuano a far funzionare una società inadempiente sulle spalle dei lavoratori.

I lavoratori sono arrivati a chiedere alla Asl, committente del pubblico servizio affidato alla “Padre Pio”, il pagamento diretto degli stipendi in luogo dell'inadempiente datore di lavoro (all'art. 30 comma 6 del D. Lgs n. 50 del 18/04/2016) e sulla possibilità di tale applicazione lo scorso anno hanno chiesto parere all'ANAC, senza ricevere alcuna risposta e fatto fare anche un'interrogazione parlamentare.

L'inadempienza contrattuale all'obbligo della corretta corresponsione degli stipendi comporta la revoca dell'accreditamento istituzionale (cosa che puntualmente la Regione minaccia, comunica e poi tutto si risolve per poi ripetersi) ed espone i lavoratori al rischio di perdere il posto di lavoro. In caso di chiusura di una struttura deaccreditata, infatti, è prevista la ripartizione tra gli altri competitor delle prestazioni (del tetto di spesa, per intenderci), ma non vi è certezza sul futuro dei lavoratori. Pertanto alla Regione i lavoratori hanno chiesto di inserire una clausola sociale nei regolamenti sugli accreditamenti a salvaguardia dei posti di n caso di revoca dell'accreditamento, trovando sinora soltanto la dichiarata volontà politica del Governatore.

La GMS spa, società inadempiente che gestisce il Presidio di riabilitazione, dal canto suo ha presentato un piano industriale alla Regione che prevede un fitto di ramo d'azienda ad altra sua nuova società, la MEFIR S.r.l., che libera da pressioni debitorie, gode delle garanzie dell'Istituto bancario di riferimento. Già a luglio 2016 la MEFIR aveva anticipato una importante somma per far fronte al pagamento di 6 mensilità arretrate dei 160 dipendenti.

Da Luglio 2016 si attendeva un esame approfondito degli organi competenti del governo regionale per la valutazione della possibilità di passaggio dell'accreditamento istituzionale dalla GMS alla MEFIR (vedi consiglio regionale del 21 luglio 2016), ma questo non è avvenuto costringendo le due società a far ricorso al TAR sul finire del mese di febbraio 2017.

Intanto, tra mancanza di liquidità della GMS spa, ritardo (per la verità è la prima volta) dell'Asl nel liquidare le ultime fatture e conguagli, pignoramenti sulle determine da parte di altri creditori, i lavoratori (sulla carta creditori privilegiati) muoiono di fame in un dramma psicosociale che in un paese come il nostro non si può tollerare.

L'ultima anomalia in questa vicenda arriva dalla Prefettura di Bari. I lavoratori chiedono attraverso le proprie organizzazioni sindacali in data 8 marzo la procedura di conciliazione amministrativa, ma il Prefetto non risponde nei tempi previsti. Si arriva così alla proclamazione dell'ennesimo sciopero per il 4 aprile attraverso una nota trasmessa per PEC il giorno 23 marzo. Solo allora il Prefetto si ricorda di aver dimenticato qualcosa e convoca (per il 5 aprile p.v.), attraverso una nota inviata il 24 marzo, azienda ed organizzazioni sindacali. Queste ultime, come si legge in una nota, revocano lo sciopero per il 4 aprile "per rispetto delle Istituzioni" scatenando l'ira dei lavoratori.

Viene da chiedersi come si possa ancora andare avanti in questo modo ed essere rispettosi di un Sistema che non tutela chi lavora!

Sembra che si voglia in tutti i modi soffocare la vicenda ed evitare di darne risalto. Si tratta di un servizio pubblico, di soldi pubblici che nella gestione di un ente privato generano problematiche sociali di lavoratori senza stipendio che possono portare a precarietà nell'assistenza agli utenti.

Poiché al Presidio di riabilitazione Padre Pio si lavora bene, per qualcuno il problema non esiste... Probabilmente il Sistema si sveglierà soltanto dopo che ci troveremo a commentare in cronaca un caso di malasanità. Il lavoro è un diritto, ma non dimentichiamo che si lavora per il pane!»

I professionisti 'a testa alta' del Presidio di Riabilitazione 'Padre Pio' di Capurso.
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