Twiga, Briatore lascia: "Conta solo burocrazia, non si può lavorare in Italia"

BARI - "Non si può lavorare in Italia. Evidentemente la burocrazia conta più di ogni altra cosa. Così non mi interessa". A parlare è il top manager Flavio Briatore, dopo il sequestro per abusivismo edilizio del Twiga di Otranto, nel Leccese, che spiega a Repubblica perché ha deciso di ritirare la licenza per l'utilizzo del marchio Twiga all'impresa Cerra sarl che stava eseguendo i lavori.
 
"Sono fuori, certo mi dispiace - dichiara Briatore, che è del tutto estraneo all'indagine -. Mi sembrava una cosa buona per tutti. Però, evidentemente, a qualcuno non piaceva: vorrei capire se tutte le centinaia di attività come quella hanno ricevuto praticamente un controllo al giorno per un mese e mezzo come è successo a questa. E, tra l'altro, sono sicuro che chi ci stava lavorando aveva rispettato tutte e dico tutte le norme, altrimenti non ci avrebbero messo così tanto per sequestrarlo", conclude il manager.

Un Twiga (foto d'archivio)
MARMO: "SIGILLI DOPO 11 PERMESSI? PUGLIA LANCIA MESSAGGIO NEGATIVO" - “Ben undici permessi autorizzativi prima di iniziare a realizzare lo stabilimento balneare extra lusso, una trafila burocratica complessissima, conclusasi con il via libera di tutte le amministrazioni pubbliche coinvolte. Un lavoro inutile perché, in Puglia, se non è la Regione (da dodici anni a questa parte) a bloccare ogni forma di investimento regolare, è la magistratura”. Così il consigliere regionale di Forza Italia, Nino Marmo.

“Non abbiamo timore – aggiunge - di affermare che i sigilli della magistratura rappresentino, a pochi giorni dall’inaugurazione del Twiga di Otranto, un pessimo messaggio che la Puglia lancia a qualsiasi imprenditore. La nostra non è una terra che vuol crescere e la tutela del paesaggio poco c’entra, dal momento che esiste un iter burocratico che consente di verificare l’impatto ambientale delle opere. Lo diciamo perché lo stabilimento di Briatore concorre ad accrescere l’appeal e l’offerta turistica del Salento e a portare vera ricchezza nel territorio, carente nel segmento del lusso. Ci ricorda quella pagina poco lusinghiera del resort di Nardò, ma oggi il ‘merito’ non è della pubblica amministrazione, ma di un interventismo tardivo e pregnante delle toghe”.

“Andando avanti così - conclude Marmo - la Puglia dovrà accontentarsi di vivere delle briciole, pur avendo uno straordinario potenziale che potrebbe costituire un volano per la nostra economia”.

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