Storia e curiosità sui vini doc della Puglia


di VITTORIO POLITO - Che la Puglia sia stata da sempre considerata una regione di consolidata tradizione vitivinicola lo ricordano i Fenici che, già nel 2000 a.C., pare abbiano trovato abbondanti vigneti, tanto da ricavare da essi ulteriori fonti di guadagno per i loro intensi traffici commerciali.

Nell’VIII secolo a.C. invece furono i coloni greci a dare un’altra mano allo sviluppo della viticoltura della Regione preparando per i Romani, che da qui iniziarono le conquiste dell’Oriente, le cantine pugliesi per le loro lodi a Bacco.

Molti furono i testimoni d’eccezione di questa ricchezza, da Plinio a Ovidio, a Marziale, ai quali si aggiunsero Federico II ed altri importanti personaggi che passarono da queste parti dove, sole e terreno favorevoli, hanno contribuito a mantenere solida la tradizione vitivinicola che insieme all’ulivo rappresenta la fortuna della nostra terra.

Ma, a parte le note storiche, pare opportuno sapere come si sceglie il vino e come va abbinato alle varie pietanze. Vito Buono e Angela Delle Foglie ci danno una mano con il loro volume (sia pur datato), “Percorsi turistici nella Puglia dei vini D.O.C.” (Levante Editori, 2000), i quali premettono che non si beve vino di nessun genere su insalate e cibi a base d’aceto, su carciofi crudi, merluzzo, baccalà, macedonia di frutta macerata in distillati, sugli agrumi in genere, fichidindia, uva e gelati. Il volume fa un po’ la storia dei vini, della gastronomia e l’arte nei territori di tutti i vini pugliesi D.O.C. (Denominazione di Origine Controllata).

Prima di scegliere un vino è opportuno leggere l’etichetta che deve riportare la dicitura D.O.C., l’anno di produzione, la gradazione alcolica e il nome dell’Azienda. Per l’acquisto rivolgersi sempre a Enoteche, Cantine Sociali o ad Aziende Vinicole, dalle quali si compra solitamente bene e con tranquillità, ma oggi anche gli ipermercati hanno vasti assortimenti a prezzi concorrenziali.

Si passa quindi agli abbinamenti: gli antipasti di mare esigono vini bianchi, corposi e profumati, mentre quelli rustici vogliono bianchi secchi e leggeri; quelli con salumi prediligono rossi leggeri. Per le pastasciutte l’abbinamento va fatto a seconda del condimento: il ragù di carne preferisce un rosso di buon corpo; per le pietanze al burro, alle verdure o con condimenti magri va bene un bianco. Anche per i risotti la scelta va fatta a seconda dei condimenti: per i brodi e le minestre in brodo vanno bene vini bianchi secchi, amabili o rosati. Per i legumi vanno bene vini rosati o rossi, a seconda del tipo e degli ingredienti che si accompagnano nella preparazione.

Per il pesce la scelta va fatta a seconda del tipo e della preparazione: pesci a carne bianca e magra, arrosto, lessi o fritti preferiscono i vini bianchi, mentre i pesci a carne grassa, rossa o preparati in zuppa o al cartoccio va abbinato un rosato. Per i crostacei è d’obbligo un bianco robusto, secco e profumato. Per le carni tutti vini rossi nelle diverse gradazioni e periodi di invecchiamento, ma sempre considerando i sapori e la preparazione delle carni.

Ma quali sono i vini di cui disponiamo nella nostra regione? Si va dal «Verdeca» di Gravina all’ «Aleatico di Puglia», al «Cacc’è mmitte» di Lucera, al «San Severo», al «Moscato di Trani», al «Rosso Cerignola», al «Castel del Monte», al «Gioia del Colle», al «Martina», al «Locorotondo», al «Primitivo di Manduria» o al «Lizzano», al «Brindisi» o all’ «Ostuni», al «Copertino», al «Leverano», al «Salice Salentino», allo «Squinzano», al «Galatina», al «Matino», al «Nardò», ecc. Insomma tutta la Regione è ben rappresentata, c’è solo la difficoltà della scelta che varia a seconda del proprio palato. Ma attenzione a non farci “infinocchiare”. La parola infinocchiare, il cui significato è raggirare, fregare, deriva proprio dal connubio fra vino e finocchio. Quando gli osti volevano rifilare vino rancido agli avventori, lo accompagnavano con piatti a base di finocchio, che, consumato crudo, addolcisce la bocca e altera la capacità di riconoscere i sapori.

Va anche ricordato che a Milano, da quasi un trentennio, è stata costituita l’Associazione Nazionale “Le donne del vino”, che rappresenta uno dei sodalizi più attivi e vivaci del vasto scenario enogastronomico, fenomeno unico al mondo, della quale fanno parte produttrici, ristoratrici, enotecarie, sommelier e giornaliste che promuovono, con la loro attività in tutta Italia, la cultura del vino nel senso più ampio. Inoltre, raccoglie al suo interno responsabili di tutte le componenti della filiera vitivinicola, dal vigneto alla comunicazione, ed è riconosciuta come una delle espressioni più interessanti dell’imprenditoria femminile. Non sono ammesse le simpatizzanti.

Ed ora qualche proverbio a proposito del vino: “Dire pane al pane e vino al vino”, ovvero parlare in modo chiaro senza giri di parole; “Finire a tarallucci e vino”, si dice quando un contrasto viene risolto in maniera fin troppo amichevole; “In vino veritas”, proverbio latino medievale che significa nel vino la verità. Anche Alessandro Manzoni nei “Promessi sposi” (Cap. XV) riporta un episodio classico in occasione dell’arresto di Renzo dopo una sbornia in osteria, il quale nel tentativo di giustificarsi, dà la colpa al vino: “Ier sera veramente ero un po’ allegro: questi osti, alle volte, hanno certi vini traditori; e alle volte, come dico, si sa, quando il vino è giù, è lui che parla”, per cui “Nel vino si naviga senza timone”.

Infine il parere di due illustri personaggi sulla gradita bevanda. Per Ernest Hemingway il vino «È uno dei maggiori segni di civiltà nel mondo”, mentre Galileo Galilei, a proposito delle virtù del vino, sosteneva che “L’ingegno si fa illustre e chiaro, l’anima si dilata, gli spiriti si confortano e le allegrezze si moltiplicano».

E dal momento che si parla di vino non possiamo che concludere con un brindisi di Apuleio: “Il primo bicchiere è per la sete; il secondo per la gioia, il terzo per il piacere; il quarto, per la follia”.

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