TEATRO. Le donne di Benni e Ciccolella

di FRANCESCO GRECO. BRINDISI – La suora colta da raptus sessuali, posseduta dal demonio, cui il convento va stretto: su sette figlie, il padre ha deciso che toccava a lei prendere il velo ma suor Filomena non si è mai rassegnata, la notte sogna di volare fino al Varcano, e poi…. Beatrice innamorata del suo Dante, troppo impegnato però a scrivere versi per pensare al suo desiderio: meglio l’atletico Battistone: gioca a calcio, è alto un metro e 90, è un uomo dotato. Così il sommo poeta è sbeffeggiato nel suo indugiare, la sua innamorata preferisce la passione erotica dei sonetti.

La bellissima licantropa che con la luna piena diventa un po’ pelosa e piena di voglie, ma spaventa gli uomini d’oggi abituati alla bellezza glabra e androgina. Che infatti scappano: hanno paura della sua femminilità troppo impegnativa. E poi la moglie di un militare che vagheggia un golpe con i suoi compari mentre lei stira divise e camice e prepara quantità industriali di caffè. Ma farà una brutta fine…

Sono alcune delle donne di Stefano Benni, una gallery molto folta, in chiave corrosiva, a tratti feroce, allineate in “Nuda” e ora rivisitate e messe in scena dal regista brindisino Maurizio Ciccolella e interpretate con grande aderenza alla pelle dei personaggi (metodo Stanislavskij) e intenso pathos dalle attrici Rita Greco (Mesagne) e Sara Ercolani (Gagliano del Capo). Lo spettacolo è preceduto da un corto di 20 minuti altrettanto emozionante, prodotto da “Talia”, che è anche la scuola di recitazione di Ciccolella.

Il tema è dunque attualissimo: l’identità della donna del XXI secolo, la sua complessità ontologica, nevrosi e schizofrenie, fra carriera e famiglia, sospesa fra modelli imposti dall’aggressività dei media (basti pensare a Beautiful) e bisogno di ricavarsi una sua specificità dettata dal post-femminismo, per non farsi portare alla deriva di mode imposte da pubblicitari, stilisti, opinion-maker. Il cortometraggio (bella la recitazione, la fotografia e le musiche, Ciccolella firma soggetto, sceneggiatura e regia).

DOMANDA: Benni, perché? R. "Ho sempre apprezzato Stefano Benni, già da quando, famelico di opere teatrali, da giovanissimo, cercavo autori meno convenzionali per sperimentare le mie prime interpretazioni. Poi l'incontro con il suo testo, che mi dava l'opportunità di fare ironia a 360° gradi senza tema di cadere nel disprezzo dei benpensanti".

D. Le donne dipinte dallo scrittore e messe in scena nel suo spettacolo possono essere considerate degli archetipi del nostro tempo, una sintesi di quelle che ci vivono intorno: madri, mogli, sorelle, compagne, amanti? R. "Secondo il mio punto di vista possono essere archetipi dell'essere umano. Certamente hanno tratti, per così dire, femminili, ma le dinamiche sono generalizzabili anche agli uomini".

D. Nel cortometraggio marito e moglie si parlano via app: la solitudine delle nostre vite e nei rapporti è accentuata dalla nuove tecnologie e rende le distanze abissali: è una situazione definitiva o possiamo ancora recuperare i rapporti? R. "Questo andrebbe chiesto a un sociologo, o più tosto a un chiaroveggente! Scherzi a parte, penso che la solitudine ci sia sempre stata, oggi ha questa faccia".

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