Un modo come un altro per ‘uccidere’ i sapori della seppia e degli originali piatti di mare baresi

di VITTORIO POLITO - Dopo la strana ricetta chiamata “Taieddha di riso, cozze e patate” dello chef leccese Antonio Raffaele, pubblicata il 12 agosto scorso da “La Gazzetta del Mezzogiorno”,  la curatrice della pagina “Guida al buongusto”, Antonella Millarte,  propose quella dello chef tranese Mario Musci, che presentava “Cozze, patate e riso secondo me”, evidenziando la strana abitudine di certi chef di modificare antiche ricette culinarie originali, che hanno alle spalle tanti riconoscimenti e gradimenti, per stravolgerli del tutto, senza alcun rispetto per la nostra tradizione. Ricette che non hanno nulla a che vedere con i prodotti del mare, ma che certi chef continuano a inserire nelle loro pietanze credendo di farle gradire al pubblico.

Il quotidiano citato, nonostante fosse barese, pubblicò il 12 agosto scorso, nella stessa rubrica, una strana ricetta chiamata “Taieddha di riso, cozze e patate”, del tutto stomachevole, non solo nell’elenco degli ingredienti, ma anche nella preparazione. Pensate che la lettura di qualche ingrediente fa rabbrividire: latte fresco, panna fresca, riso emulsionato, gelatina, patate lesse in purea, zucchero semolato, destrosio, limone, frise, taralli, malto secco, ecc. Evidentemente lo chef Raffaele non ha mai visto, né gustato, e neanche sentito il profumo, della nostra “tiedde”.

Ieri, sempre la rubrica citata, ha pubblicato una ricetta dello chef Antonio di Nunno di Canosa, che propone “Tagliatella di seppia con panzanella”, una sorta di insalata di cetrioli, arance, pomodori, pane casereccio, cipolla rossa, aglio, peperone, aceto di vino e origano, nella quale si inserisce “a forza” la “tagliatella” di seppia.

Sostanzialmente certi chef cercano di mischiare prodotti della terra con i prodotti del mare, unioni di condimenti che non hanno né sapore di terra e, ovviamente, neanche di mare, credendo di creare nuove ricette. Secondo me, non è così, poiché se le ricette sono di terra rimangono tali e così pure per quelle di mare.

Chi volesse assaporare ricette con prodotti del mare, deve recarsi esclusivamente presso ristoranti che preparano ricette originali con prodotti del mare o presso gli esclusivi “Ristofish”, presenti anche a Bari, ove senza aggiungere “corpi estranei” servono pietanze di mare senza il guazzabuglio di sapori che non identificano i contenuti.

Agli chef che volessero fare “bella figura” con la clientela, suggerisco di leggere, ad esempio, il volume di Giovanni Panza “La checine de nononne” (Schena), o quello di Vito Signorile “Ce se mange iòsce? Madonne ce ccròsce!” (Gelsorosso Editrice), scritti entrambi sia in italiano che in dialetto barese e preparare le pietanze secondo gli stessi testi, senza inventarsi ricette dagli oscuri e disgustosi sapori.

Nell’immagine si può notare un “piatto da re”, di “linguine al sugo di pelosa”, che si può gustare solo nel ristorante “La Pesciera” di Bari, altro che “tagliatella di seppia con panzanella”.

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