LAVORO. Ciao Gino, orgoglio del Sud

di FRANCESCO GRECO - Ancora arrivano sms sul cellulare: dall’Albania, i “suoi” operai chiedono consigli, opinioni, “visioni”: da soli non ce la fanno. A 58 anni, dopo una breve malattia affrontata con ammirevole coraggio, se n’è andato Luigi “Gino” Nutricati (era nato a Gagliano, sposato nella vicina Montesardo, nel sud Salento).

Un manager che nella purtroppo breve parabola, umana e professionale, è stato il vanto del Sud e ha tenuto alto il nome del paese all’estero. Può essere considerato un “pioniere” dell’industrializzazione dell’Est europeo che sortiva dalle macerie del comunismo.

Nei primi anni Novanta, molte aziende italiane. Obbligate dalla globalizzazione, ma anche vessate da un fisco avido nelle pretese ma avaro nell’erogazione di servizi, decisero di delocalizzare extra moenia e cercarono manager esperti e capaci, sia sotto l’aspetto professionale che nel rapporto con le maestranze locali bisognose di formazione continua perché alla loro prima esperienza lavorativa.

Gino era professionalmente preparato. Aveva iniziato da ragazzo al calzaturificio salentino “Adelchi”, aveva maturato preziose esperienze sul campo, sapeva come avviare una fabbrica e aveva doti spiccate nei rapporti umani, nella gestione della quotidianità di un’azienda. Aveva insomma quel mix segreto che consente a una fabbrica di avere successo, creare sviluppo, benessere diffuso, crescita sociale.

Alcuni loghi marchigiani gli chiesero di avviare le loro start-up prima in Bulgaria e Romania e poi in Albania. Generoso com’era nella sua natura, com’è la sua terra e la sua gente, nonostante si fosse appena sposato con Anna Maria Sergi, Gino accettò con entusiasmo l’incarico prestigioso, ma di grande responsabilità, di direttore tecnico amministrativo. Pur sapendo che sarebbe stato lontano dalla famiglia (all’epoca Skype non era ancora diffuso) che poi sarebbe cresciuta con due magnifiche, amatissime figlie, Sara e Angelica.

Qual era il suo compito? Avviare le aziende, metterle in produzione: montare le macchine delle manovie, motivare gli operai, farli rendere al top, valorizzarli, gestire insomma le risorse umane, relazionarsi col territorio, ecc.

Gino vinse la sfida, non conosceva orari, sempre col sorriso sulle labbra, pronto a ogni sacrificio: anche di alzarsi nel cuore della notte per attraversare l’Albania o la Bulgaria coast to coast, farsi 3-400 km. ed essere in fabbrica all’apertura dei cancelli.

Lo faceva col senso del dovere, convinto della sua mission: i genitori gli aveva insegnato la passione per il lavoro, il rispetto delle persone, la responsabilità verso se stessi, gli altri, il mondo.

Il made in Italy cresce grazie anche al lavoro prezioso, impagabile di manager come Gino. La sua famiglia non soffriva la lontananza perché lo vedeva appagato, realizzato. Intanto la moglie badava alle ragazze, oggi brillanti studentesse.

Poi, un anno e mezzo fa, qualche sintomo, le solite analisi, le terapie, i viaggi della speranza (Milano). C’è chi ce la fa e chi non ci riesce.

Ai funerali sono arrivati i titolari delle aziende, dalle Marche e dall’Albania, hanno avuto parole commosse per un grande uomo, il suo talento, di grande ammirazione e gratitudine per un manager che se ne va nel fiore dell’età, pieno di energie e di passione, che voleva dare al suo paese, alle imprese il meglio di sé, del suo enorme know-how e amore alla sua famiglia.

Gino era stato anche intervistato da Gad Lerner per la Rai e in Albania aveva amici giornalisti. Sul suo cellulare arrivano messaggi dei suoi operai addolorati: non ce la fanno senza i suoi consigli.

Ciao Gino, eccellenza di Puglia, uomo meraviglioso, lavoratore instancabile, padre premuroso. L’Italia ha bisogno di uomini come te per farcela. Ora dovremo continuare da soli. Ma la tua dolcezza, la tua saggezza, ci guiderà nel cammino.

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