L’eufemismo nella storia dei Greci


di LIVALCA - Il nome Menico, a noi che definirci ‘anta ’appare un candido eufemismo, ricorda subito i Promessi Sposi e l’incarico che lo sveglio dodicenne ebbe, da zia Agnese, di incontrare fra Cristoforo, depositario di informazioni utili a Renzo e Lucia. Il ragazzo, portato a termine l’incarico, fu segregato in casa dai genitori che volevano evitare fughe di notizie, che, invece, è pure eufemismo affermare che non furono in grado, loro stessi, di tenere riservate.

Da èu bene femì dico nel culto greco era il silenzio sacro imposto durante i sacrifici; nel tempo il termine è stato adoperato per sostituire con una parola più attutita quella propria originaria più vigorosa. I motivi? Religiosi e di convivenza sociale.

Al suo esordio come tecnicismo retorico, l’eufemismo ha già nel suo dna l’obiettivo di non svelare le realtà spiacevoli, ma di nasconderle nei suoi aspetti peggiori, come afferma l’alessandrino Trifone, inventore, nell’ultimo secolo dell’era pagana, del fortunato termine greco euphemismos.

Il professore Menico Caroli, ricercatore di Lingua e letteratura greca all’Università di Foggia, ha pubblicato un sorprendente e strabiliante volume dal titolo “Il velo delle parole. L’eufemismo nella lingua e nella storia dei Greci” sempre con la Levante editori di Bari, editrice con cui aveva dato alle stampe “Il titolo iniziale nel rotolo librario greco-egizio” (2007) e “Cratino il Giovane e Ofelione. Poeti della Commedia di mezzo” (2014).

Artificioso ed effimero come un blando palliativo, l’eufemismo ha continuato nel tempo a rappresentare uno dei fondamenti linguistici dell’esistenza umana: sesso, guerra e superstizione, vizi, malattie e morte ne sono da sempre ispiratori.

Gli avvenimenti degli ultimi anni ci hanno imposto di chiamare escort le prostitute d’alto bordo, contributi le tasse e case di rieducazione le carceri più affollate.

Se vogliamo anche il termine casino o casa di tolleranza è un antico eufemismo derivato dal greco oikema, il cui significato è casa. Pensate Solone, colui che viene ricordato come il fondatore della democrazia ateniese, fu l’inventore della prostituzione legalizzata, del resto pratica ancor in uso, ai nostri giorni, in alcuni Stati. Fu proprio l’autore del ‘Buon governo’ (Eunomìa) che per limitare il potere dei nobili, e venire in soccorso dei piccoli agricoltori indebitati, varò il provvedimento che liberava i terreni dalle ipoteche (seisàchtheia, scuotimento dei pesi). Nel VI secolo a.C. Solone, pensate, inventò lo sgravio, termine oggi di uso comune nella finanza.

L’indebitato era paragonato alla donna che sgrava, che si libera del peso di un figlio talora indesiderato. Partorire nel mondo greco era approdo alla salvezza, perché molte gestazioni finivano in tragedia.

E tanti, a volerli contare, sarebbero gli eufemismi ereditati dal greco che usiamo nella quotidianità. Sinistro, nel lessico assicurativo, è oggi l’incidente stradale: il termine deriva dal greco aristeros, perché i presagi infausti provenivano, appunto, da sinistra. Nei momenti difficili affermiamo che la notte porti il buon consiglio: si tratta di espressione mutuata dal greco euphrone, l’eufemismo con cui si addolcivano le notti di terrore. Male incurabile è oggi, per il cancro, il nome benevolo che nell’antichità indicava l’epilessia, il morbo sacro infuso dal dio. Antichi eufemismi sono anche espressioni usate per imprecare o per maledire. Il nostro porca l’oca deriva dall’accusativo greco chena («oca») usato eufemisticamente in luogo del blasfemo Zena di Zeus. Nel compiere il gesto di portarsi il bicchiere alla bocca è infatti compreso quello di sollevare il gomito dal tavolo. Per la stessa ragione alzare le mani è eufemismo, derivato una volta di più dal greco, che indica chi compie violenza e il più delle volte uccide.

Non mancano eufemismi esilaranti: l’espressione figlio di buona donna, riferito a persona scaltra, è mutuata dal greco e indica chi è cresciuto bene ed è quindi più intelligente perché partorito da madre sana (euphyes). Centinaia sono poi gli eufemismi relativi alla sfera del sesso. Soprattutto qui, l’influsso della lingua greca nella formazione del lessico contemporaneo è ancora fortissimo. Usare le parole, per mascherare azioni indicibili, è espediente nel quale l’eufemismo funge alla stregua del salvifico mantello o della necessaria coperta che, secondo un’antica consuetudine culturale vigente nel mondo ellenico, erano necessari per accoppiarsi al di fuori delle mura domestiche. Non era consentito unirsi né mostrarsi nudi alla luce del sole e degli dèi né a contatto con la nuda terra. La parola, come la coperta degli amanti, è il velo che isola il contenuto osceno e lo preserva dall’ira e dall’invidia degli dei.

Dal momento che è giunto il momento di far calare il sipario su questo scritto e di ‘spegnere la luce’ ci sembra giusto far parlare il Manzoni, ideatore del Menico di cui sopra, e grande romanziere: ‘Del senno di poi son piene le fosse’ e ‘ La bellezza è lo splendore della verità, dissero i Greci.  Io dico che la bontà è lo splendore della bellezza’, per noi questo testo di Caroli è una bontà…senza ‘veli di parole’.
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