Proverbi e detti calabresi raccolti da Rocco Matarozzo

di VITTORIO POLITO - Il proverbio, com’è noto, è una frase breve, frutto di una verità proveniente da esperienze per confermare un’argomentazione. C’è incertezza sull’origine della parola “proverbio”, sta di fatto che ha molti sinonimi: sentenza, adagio, aforisma, motto, che coincidono perfettamente con il suo significato. Insomma il proverbio è una regola generale che conferma un fatto naturale, meteorologico, somatico, ecc. Si possono anche fare previsioni, come ad esempio «Rosso di sera, buon tempo si spera». Discutendo con i nostri figli, abbiamo l’abitudine di fare paragoni, solitamente li facciamo ad arte, per stimolarli ed educarli a scopo formativo e morale, da qui anche la massima «L’erba del vicino è sempre più verde?».

Il Vocabolario Treccani, definisce il proverbio un breve motto, di larga diffusione e antica tradizione, che esprime in forma stringata e incisiva, un pensiero o, più spesso, una norma desunta dall’esperienza. Essi rappresentano quadretti di vita vissuta o immagini correnti della realtà sociale e sono espressione della saggezza popolare. Anche la Bibbia ne parla in uno dei libri dell’Antico Testamento intitolato appunto «Proverbi» nel quale designa «…un genere letterario comprendente poemi dal contenuto religioso e morale, satire, discorsi nei quali predomina l’elemento comparativo, oracoli, sentenze popolari, massime…». La scienza, invece, attraverso la paremiologia, si interessa allo studio dei proverbi, soprattutto come espressione dell’animo e del costume popolare.                                        

Un signore che ha iniziato a lavorare appena maggiorenne - all’epoca quello diceva la legge - come assistente sociale e poi si è laureato in filosofia ed è stato anche ispettore di vigilanza dell’Inps non può che nascere a Laureana di Borrello (Comune in provincia di Reggio Calabria da me mai sentito nominare prima di averlo letto sul retro di copertina del volume di Rocco Salvatore Matarozzo “Proverbi e detti calabresi”).

La cosa che mi ha favorevolmente impressionato è che viene pubblicato da Levante editori nella collana ‘Bibliotechina di Tersite’ e che viene menzionato il direttore di collana Francesco De Martino, la qual cosa non sempre è avvenuta nei 56 volumi finora pubblicati.  Non mi sto facendo i fatti miei?  Matarozzo, da collega pubblicista, ha inteso dove voglio andare a parare.  Potrei  a questo punto ricorrere a proverbi tipo: “Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”, “Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi”, ma dal momento che “A buon intenditore poche parole” e mi onoro di aver conosciuto personalmente  - non cito l’evento, per non dare fiato alle ‘malelingue - Rocco Salvatore Matarozzo e il suo contagioso sorriso, unito a quel fare conciliante, affinato in anni di pratica sindacale, per cui  vi regalo un proverbio di mio nonno “Un sorriso costa meno dell’elettricità, ma dona più luce”. Ciò premesso proverò a raccontarvi di questo libro ‘Proverbi e detti calabresi’ raccolti e commentati da Matarozzo, che si avvale - tanto per ‘volare alto’ - di una meticolosa e ‘agguerrita’ presentazione del professore, avvocato, docente di Diritto del Lavoro dell’Università di Bari, Gaetano Veneto.

Il lavoro di Matarozzo riferisce consuetudini ed usi della sua terra, una delle più antiche di vita e civiltà, “contaminata” da cultura, usi e tradizioni di altre “terre” del nostro Paese, grazie proprio al fatto che in Italia, malgrado il grande Padre Dante – scrive Veneto nella presentazione – nel Libro VI del Purgatorio, già amaramente parli della sua (e nostra) amatissima “serva Italia”, tanto frantumata e di “dolore ostello” per beghe, contrasti e voglie di potere di gruppi e gruppettini territoriali: si è, purtroppo, cominciato a parlare di Stato unitario solo oltre sei secoli dopo le parole del Sommo Poeta.

Ma torniamo ai proverbi: l’autore che per anni ha fatto ricerche e scavato nella memoria di amici calabresi per ricordare i detti e le frasi che usava sua madre, nel tentativo di evitare di realizzare una raccolta-doppione. Una bella fatica, quella di Matarozzo, nel cercare di mettere insieme proverbi simili sia nella costruzione e nelle parole, sia nei significati. Infatti, non ha cercato più proverbi possibili, ma quelli risalenti alla cultura ed alle tradizioni della Calabria, quanto meno quello di “estrarne” i significati reconditi, ordinandoli alfabeticamente e per argomento. Vediamone qualcuno: “Ama l’amicu toi cu’ i vizzi shoi” (Ama l’amico tuo con i vizzi suoi) – L’amico va rispettato come persona con i suoi vizi e le sue virtù, senza cercare di coartarlo nei suoi modi di essere; “Aprili, quando ciangji e quand’arridi” (Aprile, quando piange e quando ride) – Il tempo ad aprile non è sempre bello. Spesso è piovoso; Cu’ ‘ndavi cchjiù santi vva ‘mparadisu” (Chi ha più santi va in paradiso) – Le conoscenze e le raccomandazioni prevalgono sui meriti); “U’ toi e thoji, ‘o’ strhanu quandu pòji” (Il tuo ai tuoi, all’estraneo quando puoi) – Prima occorre provvedere ai propri cari e solo il di più va distribuito agli altri, agli estranei.

Ovviamente, il dialetto fa la parte del leone, in questo caso il calabrese, che fa largo uso della lettera “j”, quella consonante che qualcuno ha ipotizzato, a torto, di eliminare da quello barese.

In conclusione gran bel lavoro, quello di Matarozzo, che farà felice i suoi conterranei per aver messo a disposizione una ricca raccolta bilingue di proverbi, amabilmente e abilmente commentati, e che si avvale, insieme alla dotta prefazione di Gaetano Veneto, anche della presentazione di Francesco Fiordalisi, dermatologo presso il Policlinico di Bari, Presidente della “Famiglia Calabrese” di Bari e Sindaco di Montegiordano (CS).

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