Intervista a Juan Martin Guevara: "Alla scoperta del Che, mio fratello"

di PIERO CHIMENTI - Si è tenuta a Statte (Ta) in una Biblioteca comunale che ha fatto quasi fatica ad accogliere la gente accorsa, nonostante la pioggia battente, la presentazione del libro 'Il Che, mio fratello', scritto a quattro mani da Juan Martin Guevara e la giornalista francese Armelle Vincent. Nell'incontro voluto fortemente dall'Assessore alla cultura Debora Artuso e moderato da Cristina De Vita, l'autore del libro, grazie alla traduzione di Gabriela De Pace, ha mostrato il lato 'umano' più intimo quanto inedito di Ernesto prima che diventasse il Che, rievocando il suo legame col fratello maggiore nonostante li dividessero 15 anni di differenza.

Il racconto ha acquisito momenti d'intensità quando a Silvana Pasanisi, che ha interpretato alcune lettere scritte dal Che, contenute nel libro. A fine conferenza, dopo essersi concesso il bagno di folla di chi voleva 'immortalare' il momento con un autografo sul libro o con una foto, Juan Martin si è trattenuto per rispondere alle nostre domande:

1. E' essenziale comprendere che Ernesto prima era un ragazzo normale. Dopo è diventato una persona eccezionale. Quando secondo lei lo è diventato?

Non vi è un momento preciso in cui avviene questo cambiamento, ma è un processo seguito anche dalla sorte. Se non avesse incontrato Fidel Castro in Messico forse sarebbe stato solo un medico ottimo o normale, non lo sappiamo, così come è la storia che ha determinato il suo percorso.

2.  Come si spiega che il mito di suo fratello abbia abbracciato molte generazioni di giovani che non hanno vissuto la rivoluzione?

Normalmente i miti sorgono ed esprimono i bisogni di una determinata società, quindi il sorgere del mito di Che Guevara non è che la risposta al bisogno di cambiamento della società in cui viviamo.

3. Ha fondato l'Onlus 'Sulle Tracce del Che' per tenere vivo il pensiero di suo fratello. A quale suo scritto o pensiero è più legato.

I due aspetti più importanti a cui sono legato del Che Guevara sono il fatto di essere necessario e dell'essere possibile, così come le due figure più importanti dell'umanità sono Cristo e Che Guevara: Cristo ti offre la possibilità di un mondo migliore nel 'dopo', invece, per Che Guevara è oggi e devi lottare per ottenerlo.

4. Il mito di Che, divenuto in certi casi merchandising, rischia, secondo lei, di farlo diventare più un fenomeno di costume che esempio da seguire, affievolendo così il suo pensiero ai posteri?

Nell'economia di mercato qualsiasi prodotto che può essere vendibile e che può creare un guadagno sarà venduto in qualità di merce: è quello che è avvenuto con l'immagine di Ernesto Guevara. Attraverso il merchandising, ciò che tenta il potere commerciale è di banalizzare, svuotare quello che è il pensiero, che è così aggressivo nei confronti del libero mercato: per questo motivo bisogna renderlo banale. Ciò che bisogna capire, in realtà, è perché la gente vuole tatuarsi l'immagine del Che, perché indossa una sua maglietta, ed è perché questo soggetto rappresenta i bisogni reali che la società vorrebbe per un cambiamento.

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