Raffaele Dipietro (intervista): "Essere barlettano significa trattare Barletta come la città più bella del mondo"


di NICOLA RICCHITELLI – Tutto è iniziato per amore di Barletta, un po’ per gioco ma con la consapevolezza che poi si doveva e bisognava fare sul serio. Da nord a sud, da Milano a Roma, passando per Venezia e Firenze, il grido di 'Barlett e Avest' ha fatto il giro dell’Italia fino a varcare, in certi casi, le Alpi e a ritrovarsi quasi a fare il giro del mondo. Perché dire 'Barlett e Avest' non significa mettersi in posa davanti a un telefonino per girare quei scontati secondi di goliardia. Per i tanti barlettani lontani dal campanile di Santa Maria, dire 'Barlett e Avest' ha significato ricordarsi di essere barlettani e di esserne orgogliosi, così come orgogliosi ci sentiamo noi quest’oggi quando qualche anno fa con lungimiranza capimmo ciò che 'Barlett e Avest' sarebbe diventato e cosa avrebbe rappresentato, e quindi per primi ne parlammo su queste pagine.   

Nel frattempo il buon 'Lello il rosso' ha disintegrato ogni scetticismo costruendo record con i suoi alberi di natale umani, ripristinando tradizioni come il falò alla vigilia dell’Immacolata, colmando negli anni le tante lacune lasciate dall’amministrazione comunale in termini di organizzazione di eventi per l’intrattenimento della cittadinanza e, soprattutto, denunciando la Barletta che non va, con le sue vergogne e i suoi malcostumi, ricordando tutti i giorni ai barlettani che in fondo questa è la città di Pietro Mennea e Giuseppe De Nittis, che qui i tredici cavalieri difesero l’orgoglio italiano, e che un bel giorno Eraclio decise di piantare qui le sue radici.     

D: Lello, oramai è passato qualche anno da quanto per le strade di Barletta hai iniziato con un telefonino a denunciare le tante cose che non funzionano. Come è cambiata “Barlett e Avest” in questi anni?

R:«Barlett e Avest è cambiata positivamente non essendo più soltanto una pagina di denuncia e goliardia, in questi tre anni abbiamo ottenuto molti riscontri positivi grazie ad iniziative come quelle degli “Avester” che bai passando la burocrazia del Comune hanno cercato di risolvere i problemi del momento. Senza dimenticare che con le iniziative abbiamo ovviato al vuoto lasciato dall’amministrazione nella programmazione dell’estate barlettana, organizzando spettacoli gratuiti grazie al contributo di artisti barlettani. Questa è oggi la realtà di 'Barlett e Avest', agli altri lasciamo le chiacchiere, noi cerchiamo di fare i fatti».

D: Diciamocelo, eppure c’era molta diffidenza nei confronti di Lello, qualcuno era scettico altri storcevano il naso. Insomma, alla fine sei riuscito a mettere tutti d’accordo… 

R:«Dire che sono riuscito a mettere tutti d’accordo è una parola grossa. Come detto in precedenza diciamo che non c’è più quello scetticismo iniziale nei miei confronti. Però, una cosa è certa, la stragrande maggioranza dei barlettani è dalla mia parte, e non lo dico io, lo dicono i numeri, quasi 30000 fans sulla pagina Facebook e i tanti che seguono le nostre iniziative durante l’anno».

D: Come vede la politica e il Palazzo di città Lello e la sua “Barlett e Avest”?

R:«Sin dalla nascita di 'Barlett e Avest' abbiamo avuto, io li chiamerei “spasimanti politici”… a cui sarebbe piaciuto cavalcare il cavallo vincente. Però sin dall’inizio ho reso la mia associazione apartitica evitando a chicchessia di entrarci per soli scopi personali. A dimostrazione di quanto sto dicendo è il perenne bastone tra le ruote del Palazzo di Città nei nostri confronti ogni qual volta mettiamo su delle iniziative, pur essendo queste senza scopo di lucro». 

D: Lello, con “Barlett e Avest” cerchi ogni giorni di risvegliare l’orgoglio barlettano, ma che significa di preciso essere barlettano?

R:«Essere barlettano è tutto per me. Essere barlettano significa rispettare la propri città, essere barlettano significa amare la propria città e rispettarla come se fosse la propria casa, essere barlettano significa trattare Barletta come la città più bella del mondo».

D: Che sensazione hai provato nel sentire pronunciare l’ormai famoso tormentone dal grande Fiorello e Carlo Cracco? 

R:«Diciamo pure che l’emozione per me non è sentire un vip pronunciare “Barlett e Avest”, anche se la cosa mi inorgoglisce molto, visto che significa aver superato il limite della popolarità cittadina arrivando a toccare quella nazionale. L’emozione più bella è vedere la gente divertirsi durante le manifestazioni da noi organizzate e ricevere i ringraziamenti per il lavoro da noi svolto». 

D: In vista del Natale state mettendo appunto numerose iniziative. Dal falò all’albero umano che Natale aspettarsi da “Barlett e Avest”?

R:«Un Natale solidale nei confronti di quei cittadini che non possono permettersi neanche un piatto di pasta, e rendere gioioso il natale di alcuni bambini bisognosi».

D: Dove vuole arrivare “Barlett e Avest” e quali sono i suoi obbiettivi futuri? 

R:«Il nostro unico obbiettivo è quello di migliorare la città dal punto di vista civico, questo è basilare se vogliamo renderla una città turistica».

D: Tra qualche mese prenderà il via la campagna elettorale. Quale sarà la vostra posizione nei confronti dei tanti che proveranno a conquistare una poltrona in consiglio comunale?   

R:«Noi come 'Barlett e Avest' siamo totalmente distaccati dalle elezioni, siano esse politiche, siano esse amministrative. A livello personale poi ognuno segue il proprio credo, in tal senso ognuno è libero di appoggiare ciò che vuole».

D: Lello, permettimi un'ultima domanda. Quel Marco Predolin là a te ricorda qualcosa, giusto? Che effetto ti ha fatto rivederlo dopo tanti anni?

R:«Predolin è invecchiato ed io di conseguenza, ma una cosa è certa: attualmente ”a Barlett sa chiù personeg ie’i c’à ied». 

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