Libri: D’Amaro e le ‘Frontiere’ di San Marco in Lamis

di LIVALCA - Il cantautore Alessandro Mannarino parlando della sua canzone ‘FRONTIERA’ lo scorso anno ai giovani dell’Università milanese Bicocca ha precisato: ‘ La vita stessa è una frontiera e ogni persona, in fondo, è una frontiera’.   Alcuni versi: «Una voce più forte dell’altra parlò dal balcone/Una folla più grossa dell’altra decise il da fare/E venne il tempo che questo paese fu di un solo colore/ Una riga più dritta dell’altra chiuse il confine/…».  Un’altra poesia in versi è la canzone di Eugenio Bennato: «Non l’avevo mai sentut chesta musica che adesso sento/ Ma certamente ha a che fare con il mare e con il suo movimento/ E nun m’importa di sapere se viene dal paradiso o dall’inferno/ Se è una musica regolare o se ha il permesso di soggiorno/ E chesta è a musica e tutt o munn/Nun ce sta o nord nun ce sta o sud/ E le FRONTIERE sono tutte uguali completamente antimusicali/…».  Io ritengo che il gruppo di lavoro che, nel lontano 2000, si recò presso il Tribunale di Foggia, per registrare la testata (per la cronaca con il numero 17) che oggi ha partorito il numero 34 (per la ‘metafisica’ 17x2 …quasi sempre è 34), non era lontano, come spirito, dagli aneliti di libertà che animano i testi di cui sopra, quella libertà -  spesso lo dimentichiamo - che implica tanta responsabilità e che faceva dire a Shaw…’per questo tanti uomini la temono’.  Quella libertà di cui furono privati il pugliese Nicola Sacco e il piemontese Bartolomeo Vanzetti, emigranti e anarchici italiani negli USA, che furono accusati di aver ucciso due uomini durante una rapina.  I due ‘sfortunati’ furono probabilmente i capri espiatori di una campagna xenofoba imperante nel Massachusetts, dove era in atto una grande tensione politico-sociale.  Chiaramente non giovò loro l’appartenenza al movimento libertario e possiamo dirlo?) il fatto di essere italiani.  Nonostante non vi fossero prove certe  e vi fosse un passato di  onesti lavoratori per entrambi, dopo sette anni e tre processi,  furono giustiziati contribuendo a  scrivere una delle pagine più ‘nere’ della storia americana, nazione  che si ostinò a non tenere nel debito conto  l’intera opinione pubblica mondiale  che si era ribellata con petizioni pubbliche e associazioni sorte  in maniera spontanea;  quelle associazioni che continuarono la loro battaglia fin quando nel 1977 la Corte del Massachusetts riconobbe la completa innocenza dei due italiani.

Coordinata da Michele Presutto, ricercatore con lunghi periodi di studio trascorsi negli Stati Uniti e Messico, la rivista ‘Frontiere’ propone i testi raccolti nella tavola rotonda realizzata novant’anni dopo l’esecuzione di Sacco e Vanzetti e che ha visto partecipare il noto scrittore Luigi Botta - sensazionali alcune sue rivelazioni, dovute anche all’amicizia instaurata con Vincenzina Vanzetti - e il sociologo Salvatore Salerno, curatore del frizzante volume ‘Gli italiani sono bianchi? Come l’America ha costruito la razza’ (Il Saggiatore, 2006). Faceva parte del gruppo di studiosi anche la professoressa Marcella Bencivenni, che insegnando e vivendo a New York, ci ha regalato una puntuale precisazione che mi piace riprodurre: ‘Storicamente parlando, l’idea degli Stati Uniti come ‘nazione di immigrati’ non è affatto retorica… Purtroppo però l’intolleranza e soprattutto il razzismo sono ancora abbastanza diffusi negli stati del sud e del midwest. Come molti giornalisti hanno sottolineato stiamo assistendo ad una polarizzazione sempre più netta dal punto di vista geografico e politico degli Stati Uniti, una spaccatura che è sempre esistita ma che si è intensificata negli ultimi anni per via della recessione economica e della retorica di conservatori come Trump’ .  Non certo per rispetto per le quote ‘rosa’ ho citato questo breve passo, ma perché ci possa far capire come a volte noi chiamiamo destino quello che, alcune mani o menti ‘ambiziose’, manipolano sotto i nostri occhi.

Toccante ed originale il ricordo che Giuseppe Massara dedica a Fernanda Pivano: ci conferma la passione della scrittrice per l’America e ci rivela che fosse stata compagna di classe con Primo Levi e che raccolse una delle ultime telefonate di Cesare Pavese, prima che decidesse di ‘andare via’.   Non condivido l’ottimismo con cui la Pivano, in una famosa intervista del 1987, testimoniava che i giovani continuavano ad acquistare la sua traduzione di ‘Spoon River’ quando erano innamorati… penso che gli acquirenti fossero coloro che si avvicinavano alle quaranta primavere nel 1987 e che cercavano di ritrovare quei sentimenti che pur avevano conosciuto e che erano stati calpestati dalla ‘durezza’ della vita.

Il direttore di ‘Frontiere’ Sergio D’Amaro - prolifico autore di libri notevoli, ma che mi piace ricordare per il capolavoro scritto con Gigliola De Donato dal titolo ‘Un torinese del Sud: Carlo Levi. Una biografia’ (Baldini &Castoldi, 2001) -  intervista in modo affettuoso e rigoroso il poeta-saggista-critico Rodolfo Di Biasio per i suoi 80 anni.    L’intellettuale di Ventosa, frazione del comune di Cosma e Damiano che si trova inerpicato sui monti Aurunci e domina la tranquilla vista del Golfo di Gaeta, con il volume ‘I quattro camminanti’ (Sansoni, 1991 - Ghenòmena, 2009) ci rivanga che il Sud, da sempre, è una terra alla ricerca di lavoro, quindi più che letteratura di pura emigrazione si tratta di opera di sostanza e realismo.  (Un tempo cupo/il cupo tempo delle rottamazioni: poco importa/ se di uomini o cose/ Un tempo d’alghe ci incalza/. Di Biasio - Poemetto dei naufraghi e delle rottamazioni).

A Cosma Siani, cui si deve il certosino e paziente lavoro atto a rendere scorrevole e piacevole (page-turner) il volume Bompiani ‘ In una casa un ‘altra casa trovo’ mi permetto di segnalare che, in attesa che si facciano sentire i critici (…Si fanno  desiderare, invece, riscontri sul volume da colleghi e amici americani, di cui restiamo comunque in attesa) dell’altra parte del mondo, sarebbe il caso di non trascurare quelli che per giunta hanno il privilegio di sentire da anni telefonicamente il grande Joseph.  Mi riferisco alla poetessa-scrittrice di Trinitapoli Grazia Stella Elia che redasse il 20 luglio 2016 sul “Giornale di Puglia” uno struggente articolo che in qualche modo era una cortese risposta a quello che Tusiani aveva scritto “A mo’ di prologo” - per cortesia uomini e donne del Gargano andate a rileggere quelle ventidue righe! - alla sua autobiografia.

L’articolo di colei che possiede il prezioso numero di telefono di  Joseph così terminava: “Detto ciò consentitemi - in virtù di una notevole esperienza di vita e d’età - di salutare Tusiani con le parole di Seneca: ‘Affrettati  a vivere bene e pensa che ogni giorno è una nuova vita’, in questo modo capirai che noi, coloro che ti vogliono bene, abbiamo inteso che distruggere un ricordo richiede forza e dolore, ma tu sai che, oltre Raffaele Cera e Cosma Siani, vi sono tanti amici anonimi disposti a farti sentire sempre uno di noi, uno di… CASA, in qualsiasi casa ti  trovi e frequenti”.

Penso che questa ‘casa’ sia stata la molla da cui sono partiti gli individui che hanno pensato ‘Periferie’ e che abbiano reputato che ci sono solo due modi di amare la cultura: non amarla, oppure ragionarci sopra con umiltà, devozione e sapere.  Da che parte sia la ‘ la ragione’ o il ‘ragionamento’ è sempre stato un dilemma senza… FRONTIERE.

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