Opinioni: piccole mutazioni del paesaggio


di FRANCESCO GRECO - Alle 8 del mattino, la maestrina Sandra (laurea in Lingue a Verona) sta insegnando ai migranti appena arrivati la divisione in sillabe in lingua italiana. I ragazzi sono attenti, curiosi, avidi di conoscere una nuova koinè così diversa, ma non distante, dalla loro.
 
L'ossessione del “popolo delle biciclette” è l'acqua. Sotto il sole cocente, su due ruote, la portano dalle fontane ai loro ricoveri, anche quelli che ne sono provvisti. La sete ce l'hanno nel dna, perché nelle loro terre non ce n'è e l'acqua è una conquista mai definitiva. Temono di rimanere senza e morire di sete.
 
Quando li incontri fra Ruggiano e Salve, o sulla via del mare salutano sorridendo: “Buongiorno!”. Se rispondi “Ciao!” già sono imbarazzati.

Tanti anni fa, ai primi sbarchi, il Salento e la Puglia Рterre di emigrazione - furono in predicato del Nobel per la Pace. La notte la gente aspettava con cappuccini caldi e cornetti. Se c'̬ una terra accogliente ̬ questa, l'Apulia, perch̩ siamo un porto di mare affacciato sul Mediterraeo e per secoli ci siamo contaminati con mille etnie, culture, riti magici, leggende, epos.
 
Il paesaggio muta lentamente: come macchie scure di colore, i neri sono ovunque e non c'è alcun episodio di razzismo, di chiusura, di stupidità: per Salvini qui dice male, se apparisse lo prenderebbero a calci in culo, solo qualche disperato paranoico lo ascolta e pensa che il ragazzo del Senegal senza nulla se non le sue ossa ci rubi qualcosa.
 
La società civile sta facendo la sua parte, e non da oggi, come doveva, ma le classi dirigenti hanno le idee confuse in materia. Non si tratta solo di accogliere, ma anche di integrare e ottimizzare al meglio, per un reciproco arricchimento: la presenza dei nostri fratelli sarà la sfida del prossimo futuro.
 
Il paesaggio muta: anche per gli ulivi secolari attaccati dalla xylella fastidiosa. Paesaggi spettrali, il nostro cuore piange: li abbiamo avuti in dono dagli déi e dai nostri avi, e cosa lasceremo ai nostri figli? Foreste inquietanti e corrotte. 
 
Non vogliamo sapere com'è arrivata questa lebbra immonda, che ha stuprato una terra pulita, bellissima, ricchissima, amata da Archita da Taranto (misurò terre e mari) e Aristosseno (la sua musica guariva il corpo e l'anima), da Ennio da Rudiae (portò a Roma l'amore per le lettere greche) e da Federico di Svevia (“La vita è un soffio”) e Columella (“Solo lo sciocco pensa che coltivare sia facile”), da Belisario Balduino, vescovo di Larino (nato a Montesardo) che al Concilio di Trento punì la bestemmia in pubblico e fondò (26 gennaio 1654) a Larino (nel Molise) il primo seminario della cristianità, a Girolamo Melcarne, “il Montesardo”, che inventò un nuovo modo di scrivere musica per chitarra spagnola, Vincenzo Ciardo e Maria Corti, Vittorio Bodini, Eugenio Barba e Carmelo Bene.
 
La cultura del sospetto non ci appartiene e non ci interessa. Dopo dieci anni, la realtà è che la lebbra avanza. Ci sono delle sperimentazioni, alcune ufficiali, altre ufficiose. Ma ci chiediamo: nell'epoca della chimica, possibile che non si trova uno spray che uccida la “farfalla” killer? O l'hanno trovato e ce lo tengono nascosto?

Chiediamo alla politica sana di fare in fretta: vogliamo riprenderci il paesaggio risanato e darlo a figli e nipoti sano e forte come l'abbiamo ricevuto. E' un dovere morale verso chi lo ha amato prima di noi.     

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