Colesterolo e alto rischio cardiovascolare: la strada vincente è una terapia personalizzata

BARI - Quando parliamo di colesterolo “cattivo” (il colesterolo LDL) parliamo di uno dei principali nemici del nostro cuore. Il colesterolo LDL, infatti, è la causa principale delle malattie cardiovascolari su base aterosclerotica, come sancito dalla Società Europea di Aterosclerosi.

E’ proprio questo l’argomento al centro del corso organizzato a Bari da Sanofi il 16 e 17 febbraio presso l’hotel Hotel Nicolaus in Via Cardinale Agostino Ciasca, 27.

“Il paziente ipercolesterolemico e a rischio cardiovascolare alto e molto alto è una persona che il più delle volte è reduce da un evento cardiovascolare, anche grave. Spesso presenta patologie diverse e deve assumere più terapie insieme. Una gestione di queste terapie può essere complessa, fonte di insuccessi e, talvolta, di frustrazione. Per questo è importante identificare il paziente con attenzione così da scegliere la terapia per lui più corretta. L’innovazione ci dà un grande aiuto ma è fondamentale farsi guidare nelle scelte dalla valutazione clinica e dai criteri stabiliti dagli enti regolatori per riconoscere i pazienti più appropriati per una determinata terapia. Questi due giorni sono un’utile occasione di confronto con tanti colleghi del nostro territorio, per discutere di una migliore terapia su misura per questo paziente” ha dichiarato Pasquale Caldarola, Direttore del Dipartimento di Cardiologia presso l’Asl di Bari  e co-chairman del corso.

“La malattia coronarica precoce è la principale causa di morbilità e mortalità nei pazienti affetti da Ipercolesterolemia Familiare eterozigote. Infatti questi pazienti hanno un rischio 10-15 volte superiore di andare incontro ad un evento cardiovascolare precoce rispetto alla popolazione generale. Nonostante l’attenzione per questa patologia sia cresciuta negli ultimi anni, essa e' ancora oggi estremamente sottodiagnosticata in Italia e quindi, spesso, il paziente arriva alla nostra attenzione dopo aver già avuto l’evento coronarico. Questo è legato al fatto che l' Ipercolesterolemia Familiare eterozigote, spesso, non presenta sintomi specifici. Tuttavia, e' comunque possibile individuarla e, quindi,  prevenire gli eventi cardiovascolari controllando precocemente i livelli di colesterolo LDL. Per questo, è di grande interesse la recente scoperta di nuove terapie, già disponibili per i pazienti, come gli inibitori di PCSK9, che consentono di raggiungere riduzioni importanti dei livelli di colesterolo LDL e raggiungere i target raccomandati qualora non bastasse il trattamento con statine ed ezetimibe” ha commentato Claudio Ferri, Professore Ordinario di Medicina Interna presso l’Università dell'Aquila  e co-charmain del corso.

“Nonostante le migliori terapie disponibili, le persone con un precedente episodio di attacco cardiaco convivono con un rischio più elevato di subire un altro evento o di morire, e il rischio aumenta progressivamente se il paziente ha avuto già più eventi cardiovascolari. Da qui l’importanza di controllare quanto più possibile i fattori di rischio, gestire un follow-up stringente e trasmettere al paziente l’importanza di una gestione corretta della terapia, dopo la dimissione dall’ospedale. In questi due giorni ribadiamo questi concetti e focalizziamo l’attenzione sull’importanza di una gestione condivisa del paziente. Da questo punto di vista i nuovi farmaci PCSK-9 inibitori, tra i quali alirocumab, rappresentano una terapia innovativa per consentire ai pazienti in prevenzione secondaria dopo un infarto miocardico di raggiungere il target di LDL - colesterolo di <70/<50 mg%”, ha aggiunto Marco Ciccone, Professore Associato di Cardiologia presso l’Università degli studi di Bari e co-chairman del corso.

Il confronto tra colleghi di differenti discipline è importante per individuare terapie sempre più mirate per i pazienti ipercolesterolemici a rischio cardiovascolare alto e molto alto e un approccio alla terapia integrato e multidisciplinare. Frequentemente sono individui già reduci da un evento cardiovascolare anche grave e che, il più delle volte, presentano molteplici patologie. Ciò comporta l’assunzione di più terapie, anche complesse, con un significativo rischio di insuccesso terapeutico che si traduce in una fonte di grande frustrazione. Identificare la terapia più appropriata per ciascun paziente può potenzialmente risultare la strategia vincente.

Nei due giorni si parla in modo approfondito anche dell’opportunità terapeutica offerta dalla nuova classe di anticorpi monoclonali inibitori della PCSK9 disponibili da alcuni mesi anche in Italia: una potenziale risposta al bisogno insoddisfatto di trattamento per pazienti a rischio cardiovascolare alto o molto alto, con ipercolesterolemia familiare eterozigote, ipercolesterolemia non familiare e ipercolesterolemici intolleranti alle statine che non raggiungono i livelli di colesterolo LDL raccomandati, nonostante la massima dose di statine tollerata, con o senza altre terapie ipolipemizzanti.

Disponibile da marzo 2017 in classe A, Alirocumab è l’unico inibitore della PCSK9 a disporre di due dosaggi (75mg e 150mg) con due differenti livelli di efficacia che permettono di personalizzare la terapia in base alle esigenze reali del paziente1. Sviluppato da Regeneron e Sanofi, è indicato per il trattamento dell’ipercolesterolemia primaria o della dislipidemia mista (malattia caratterizzata da elevati livelli di alcuni lipidi nel sangue - come colesterolo totale, LDL, VLDL, trigliceridi), in associazione alla massima dose tollerata di statine oppure in monoterapia in pazienti intolleranti alle statine3.

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