"Le tavole dei Santi? Per grazia ricevuta". Parla l’antropologo Eugenio Imbriani

di FRANCESCO GRECO - Un miliardo di persone non ha il pane. C’è chi non lo vede mai, chi solo di rado. Anche questo causa l’esodo di massa verso il ricco Occidente, dove il pane si butta nella spazzatura, a tonnellate. Brutta abitudine contro cui di recente si è scagliato anche Papa Francesco. Per lenire i sensi di colpa, ci siamo inventati la giornata contro lo spreco alimentare. In cui smettiamo di buttarlo, per un giorno, ricominciamo l’indomani.
 
Il grande scrittore slavo Predrag Matvejevic ha riflettuto sulla materia in “Pane nostro” (Garzanti). Per fortuna al Sud il pane lo rispettiamo, ed è legato a dei culti affascinanti, che si tramandano di generazione in generazione.

A Tiggiano, per onorare il protettore Sant’Ippazio, si faceva salire sulla bilancia un bambino e si faceva tanto pane quanto era il suo peso e poi si distribuiva il pane ai poveri.
 
All’ultima festa di Santu Lasi (San Biagio), il prof. Eugenio Imbriani, antropologo dell’Università del Salento, su invito del prof. Vincenzo Cazzato, ha tenuto una lectio magistralis in materia. Il docente è intervenuto anche a un convegno svoltosi a Giurdignano per San Giuseppe.

DOMANDA: Prof. Imbriani, perché il fenomeno del pane dei Santi è concentrato nell’area idruntina e limitatamente anche al Tarantino?
RISPOSTA: “L’offerta di pane benedetto in occasione di una giornata dedicata alla venerazione di un santo è piuttosto diffusa. Generalmente risponde a una promessa o a un voto pronunciati nei confronti del santo, per un grazia ricevuta, in risposta a un sogno o in suffragio dei propri defunti”.

D. C’è sempre un elemento onirico alla base delle tavole dei Santi?
R. “Non necessariamente, certo è un elemento che ritorna nelle testimonianze. Il sogno è una via privilegiata di comunicazione con il mondo soprannaturale; come sappiamo, si ritiene che sia anche  rivelatore di un possibile futuro, trasferisce messaggi generalmente oscuri, difficili da interpretare, ma che possono essere decifrati, con informazioni intriganti: il reperimento di un tesoro, per esempio, o i numeri del lotto; giungono anche cattive notizie a volte, o l’ammonimento dei santi, come si diceva, le notizie dall’aldilà”.

D. Perché le tavole dei Santi in Sicilia sono più ricche delle nostre?
R. “Dipende dalle tradizioni e dalle consuetudini locali. L’altare di san Giuseppe in Sicilia è in effetti carico di decorazioni barocche realizzate con il pane, ma è innegabile che l’offerta del cibo è molto ricca in Puglia e che talvolta i devoti preparano della tavole arredate in modo sontuoso”.

D. Perché si accolgono 13 persone e si preparano altrettanti cibi?
R. “Il numero tredici ricorda i partecipanti all’ultima cena, con qualche aggiustamento: Giuda non è invitato certamente, e non può mancare certo san Giuseppe in una tavola imbandita in suo nome, né la Madonna con i suoi genitori. Sono presenti, poi, le figure degli apostoli e tra loro possono entrare i santi per cui i devoti hanno una speciale venerazione. Molte tavole, però, sono preparate per tre o cinque santi. Anche le tredici pietanze richiamano un numero considerato positivo, tanto che la notte di Natale c’era la consuetudine di consumare tredici cibi, come atto augurale; niente di straordinario: una noce, un mandarino, del pane, una pittula… pur di arrivare a tredici”.

D. I viandanti che siedono alle tavole sono assimilati ai nostri morti?
R. “I visitatori delle tavole che vi si recano la sera della vigilia della festa sono assimilati ai pellegrini e alla povera gente: un atto di ospitalità, un gesto rispettoso, l’offerta di cibo valgono per suffragio dei defunti, i quali si immagina che risiedano temporaneamente nel purgatorio, ed agiscono come se dessero un sollievo ai propri cari defunti”.

D. “Perché qualche anno fa un 19 marzo a Giurdignano invitarono i politici? E’ una contaminazione della modernità?
R. “Nelle pratiche culturali non c’è purezza; esse sono soggette alla trasformazione. In epoca recente sono diventate uno mezzo per la promozione del territorio, del paese, per la sua presentazione nello scenario delle cosiddette identità locali, ed offrono, inevitabilmente uno scenario utile per la stessa promozione della classe politica locale, del gruppo dirigente. Ciò non significa che non esista una sensibilità verso la dimensione culturale e devozionale delle pratiche, ma che le tradizioni popolari assumono oggi e da qualche tempo una funzione rappresentativa ed emblematica di un luogo, e si fanno latrici, tra l’altro, di un messaggio che si rivolge ai media e all’esterno della comunità: il richiamo della devozione assume oggi anche a visitatori curiosi e attenti alle particolarità locali, turisti mossi dal desiderio di vivere un’esperienza esotizzante”.

D. C’è ancora l’uso di buttare un po’ di pane benedetto quando c’è un temporale, per placare gli elementi della natura?
R. “Sì, le persone più anziane ritengono che in questo modo si plachi e si addomestichi la tempesta; certo, avviene sempre meno spesso, i sistemi di rassicurazione e di protezione oggi sono prevalentemente diversi e i temporali fanno meno paura, almeno da queste parti, dove il timore riguardava soprattutto la rovina dei raccolti, e non conosciamo alluvioni e fiumi che straripano”.

D. Perché la carne e tutto ciò che viene dagli animali è proibito alle tavole dei Santi? 
R. “La festa di san Giuseppe cade in piena Quaresima. Oggi non viene rispettata la proibizione del consumo di carni, uova, latte, formaggio come atto penitenziale. Le tavole di san Giuseppe rispettano invece il divieto, e non si può pensare che proprio Gesù e i suoi parenti vengano meno a questo precetto. Solo la domenica di Quaresima era possibile derogare e condire la pasta con la famosa ricotta acida, del resto in un ambiente povero la rinuncia al consumo di cibi ricchi e proteici era la norma. Oggi le pietanze che troviamo sulle tavole i san Giuseppe rappresentano bene i valori nutrizionali e morali della dieta mediterranea”.

D. Perché si usa condire la pasta col miele?
R. “Il miele è alimento considerato puro, perché, pur avendo origine animale, non rientra tra gli alimenti proibiti. D’altro canto, anche il pesce è presente sulle tavole. Il miele è un condimento nutriente e sobrio che sostituisce il formaggio sulla pasta, condita peraltro anche con briciole di pane”.

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