In caduta libera il consumo di pesce azzurro in Italia


di VITTORIO POLITO - Una nota della Coldiretti informa che il consumo di pesce azzurro è in “caduta libera”, nel senso che non è più il pesce preferito dagli italiani, che ne mangiano sempre meno: lo stile di vita frenetico, il minor tempo a disposizione e, probabilmente, anche la poca manualità fanno preferire altri pesci, più pratici da pulire e da cucinare.

Il pesce azzurro, ha una carne facile da digerire, ricca di grassi buoni, i cosiddetti Omega3, come silicio, calcio, iodio, fosforo, potassio, selenio, fluoro, zinco, vitamine A e B, tutte sostanze che variano a seconda del prodotto. Inoltre il pesce azzurro è importante per la salute del cuore e dell’apparato circolatorio per la diversità dei grassi rispetto alla carne. I grassi di quest’ultima tendono ad ostruire le arterie, mentre quelli del pesce non sono calorici e non si depositano sulle arterie. Gli Omega 3, poi, oltre a facilitare la pulizia delle arterie, favoriscono la diminuzione dei livelli di colesterolo, prevengono i tumori del colon e del pancreas e combattono l’invecchiamento precoce

Qual è il pesce azzurro? Il pesce azzurro è rappresentato essenzialmente da aguglie (belone belone), alici o acciughe (engraulis enchrasicholus), sardine (sardina pilchardus), sgombri (scomber colias), tonno (thunnus thynnus), pesce sciabola (argentina sphyraena), palamita (pelamys sarda), e da tante altre varietà più o meno conosciute anche se non sempre disponibili sul mercato.

Il pesce, in effetti, rappresenta solamente la sesta voce di spesa per le famiglie italiane, e si deve necessariamente considerare che i pescherecci sono il 35 per cento in meno rispetto a trent’anni fa. In tale contesto, si nota un deciso cambiamento di rotta nella scelta del pesce stesso: merluzzi, alici, sarde sono tenuti all’angolo, per essere surclassati da altre tipologie più comode da pulire, cucinare e da mangiare per via delle spine e delle lische che in certe varietà di pesce abbondano.

A subire un netto calo sono anche gli acquisti di pesce bianco con la riduzione dei consumi che coinvolge soprattutto le triglie in calo del 14,2%, merluzzi – 4,3%, le sogliole -3,6%, e le orate -2,1%. In forte crescita è invece la domanda dei molluschi, dai polpi (+18,6%) alle seppe (+10,6%) fino alle vongole (+25,6%). Un fenomeno che si spiega soprattutto – rileva Coldiretti – con gli effetti del cambiamento degli stili di vita e la nuova tendenza da parte dei consumatori a preferire tipologie di pescato più facile da utilizzare in cucina, meglio se privo di spine o comunque semplice da pulire, oltre che dal sapore più delicato.

“In Puglia paradossalmente i consumi di pesce sono tra i più bassi d’Italia, nonostante sia una regione con 800 chilometri di costa e una tradizione marinara molto forte. Solo il 56,6% dei pugliesi consuma pesce almeno una volta alla settimana, al 14° posto della classifica nazionale, ne mangiano meno di campani, marchigiani, lucani, umbri, abruzzesi, toscani, valdostani e liguri. La diminuzione del consumo di pesce azzurro impatta direttamente anche sulla salute, visto che questo tipo di prodotti ittici, come detto, ha importanti caratteristiche nutrizionali, essendo il più ricco in assoluto per contenuto di Omega3, che proteggono il cuore, sostengono il metabolismo e combattono l’invecchiamento”.

Il consiglio di Coldiretti Impresapesca è di verificare sul bancone l’etichetta, che per legge deve prevedere l’area di pesca (Gsa). Le provenienze da preferire sono quelle dalle Gsa 9 (Mar Ligure e Tirreno), 10 (Tirreno centro meridionale), 11 (mari di Sardegna), 16 (coste meridionali della Sicilia), 17 (Adriatico settentrionale), 18 (Adriatico meridionale), 19 (Jonio occidentale), oltre che dalle attigue 7 (Golfo del Leon), 8 (Corsica) e 15 (Malta). Per quanto riguarda il pesce congelato c’è l’obbligo di indicare la data di congelamento e nel caso di prodotti ittici congelati prima della vendita e successivamente venduti decongelati, la denominazione dell’alimento deve essere accompagnata dalla designazione “decongelato”.

Attenti al falso pesce made in Italy: spesso troviamo alcuni prodotti come il pangasio, un pesce che arriva dal Vietnam, allevato nelle torbide acque del delta del fiume Mekong, molto resistente perché capace di sopravvivere in acque poco ossigenate e di scarsa qualità, spacciato per Cernia, l’halibut per sogliola, lo squalo smeriglio per pesce spada, il filetto di brosme per baccalà (il brosme e la molva sono specie meno pregiate e quindi minor valore commerciale), il pesce ghiaccio per bianchetto o il pagro per dentice rosa.

Qualche consiglio per l’acquisto di pesce fresco: acquistarlo, laddove possibile, direttamente dal produttore che garantisce la freschezza del pescato; verificare sul bancone l’etichetta, che per legge deve prevedere la zona di pesca; verificare che la carne abbia una consistenza soda ed elastica, che le branchie abbiano un colore rosso o rosato e siano umide, gli occhi siano sporgenti, secchi, opachi, mentre l’odore non deve essere forte e sgradevole. Per molluschi e mitili, è essenziale che il guscio sia chiuso. Per i gamberi verificare che non abbiano la testa annerita e soprattutto non scegliere pesci già mutilati della testa e delle pinne.
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