"Piano Paesaggistico, un manifesto per la decrescita felice in Puglia”


BARI - “Un manifesto di decrescita felice, sembra quasi un sigillo di condivisione alla recessione economica che stiamo vivendo, una condanna a restare indietro anche quando la crisi sarà finita”: così il capogruppo de “La Puglia prima di tutto”, Francesco De Biasi, definisce il Piano Paesaggistico che sta peraltro sollevando grandi perplessità anche nella stessa maggioranza.
“Siamo di fronte ad una visione ecologica ed ambientale marcatamente vincolante e di tutela – spiega De Biasi – con un Piano costruito a scapito dei ‘produttori’ sulla base di rilievi risalenti al 2006. Si interra definitivamente il concetto di ‘produzione’, laddove non si tiene minimamente conto che ogni realtà locale ha la sua peculiarità. Per cui pensare che i boschi della Foresta Umbra siano l’equivalente di qualche centinaio di metri quadrati di macchia mediterranea nel Salento, vuol dire non avere un’idea della situazione globale ma anche della fruibilità a cui ciascun territorio dovrebbe vocarsi sotto il profilo turistico, economico, industriale. Si è pensato genericamente a bloccare tutto, avvolgendo la Puglia in una notevole e cospicua cappa di vincoli che precludono ed imbracano a mo’ di un catenaccio possibili porte sul futuro”.

I limiti del Piano Paesaggistico così come è stato concepito, sono insomma abbastanza evidenti: “Intanto difetta di ciò che il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio – il non per intero declinato art.135 – recita :….adeguatamente conosciuto, salvaguardato, pianificato e gestito…, - aggiunge il capogruppo di Ppdt - perché non si tiene conto che ad esempio i Comuni, e gli enti locali in generale, hanno da tempo programmato in diversi e vari contesti normativi in materia paesaggistica. Il che porterà inevitabilmente a contenziosi nelle realtà locali, che peraltro verranno scaricati sui sindaci, oltre che ad un altrettanto inevitabile spreco di denaro per i Comuni”.

“Ma il vero limite – aggiunge - è che finora è mancato un ‘audit’ vero di democrazia partecipata dal basso, ovvero un confronto ed una informativa con cittadini, amministratori pubblici e associazioni varie e diverse,ambientaliste e ‘produttive’ a livello locale. Si è semplicemente pensato a cristallizzare e fissare l’esistente con un’istantanea peraltro datata, come se il futuro non esistesse, in una logica di ambientalismo punitivo rispetto a quanto sinora normato, regolato, statuito e disciplinato tanto da farlo sembrare persino dannoso”.

“Che fare, dunque? C’è una sola strada – conclude De Biasi – ed è quella della revoca del provvedimento in attesa di un sano e costruttivo confronto con le realtà locali e di base interconnesse con le rappresentanze elette che agiscano quali portatrici di istanze condivise e partecipate. Procedere a suon di vincoli non ha senso se si vuole costruire nella nostra regione un sereno futuro di rilancio sotto il profilo economico e occupazionale. Ma per farlo, serve un confronto all’insegna dell’umiltà istituzionale – la qualcosa nei momenti e su temi importanti non è mai mancata e sulla quale si confida - che non può che rafforzare gli sforzi a tutt’oggi profusi, diversamente gli stessi rischiano di evaporare e svanire. Ancor più in virtù degli ultimi dati sull’occupazione, che per la Puglia disegnano un vero e proprio quadro a tinte fosche, all’interno di un disastro che si chiama Mezzogiorno. Arrenderci a tutto questo sarebbe un follia che a prescindere dai ruoli rischia di apparire sinistramente corale”.

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