Libri: Michele Palmiotta con Delio De Martino sulle… orme di Alvaro Cunqueiro

di VITTORIO  POLITO - Seguo da tempo la carriera di Delio De Martino - a prescindere dal fatto che il padre mi ha inserito in quel monumentale volume «PUGLIA MITICA» che riproduce in copertina i magnifici dipinti situati nelle sale  del Circolo Unione di Bari - e il percorso della sua esuberante «Oltre collana», che ha avuto il grande merito di togliere dall’oblio un romanzo giovanile  di quella gloria garganica-italo-americana che risponde al nome di Tusiani, ma non nascondo di essere rimasto stupito nel leggere l’ultimo titolo pubblicato «Un hombre a la vez melancòlico y fantàstico. Ironia y melancolìa en el ciclo bretòn de Cunqueiro» (Levante editori Bari, 2018).

L’autore Michele Palmiotta, giovane dottorando dell’Università di Bari e valente studioso che può già vantare diverse esperienze formative in Svezia e Germania, attualmente sta approfondendo le lingue e le letterature gallega (lingua usata fra il sec. XII e il XV anche in letteratura, oggi utilizzata solo a livello dialettale), e catalana lasciandosi ammaliare dallo scrittore spagnolo Alvaro Cunqueiro (Mondonedo, Galizia, 1911- Vigo, 1981), che iniziò il suo rapporto con la letteratura cimentandosi con poesie in gallego. Cunqueiro oggi riveste un posto di grande importanza nel panorama della narrativa contemporanea spagnola, sia in castigliano che in gallego. Leggendo, della secessione della Catalogna e del referendum di un anno fa, ho scoperto una cosa che ignoravo e che mi preoccupa e fa riflettere: il varo di una legge in Sardegna per il riconoscimento della lingua catalana come idioma ufficiale. Cunqueiro  è famoso anche per l’ironia che trasmette nelle sue storie che non ritengo un azzardo definire fantastiche e che per certi versi possono essere considerate ‘mitiche’; nel 1968 ha ricevuto il prestigioso premio Nadal per «Un hombre que se parecìa a Orestes» e come dice Delio De Martino: «…per rendersi conto come l’autore abbia saputo coniugare lingue e culture diverse, valorizzare terre, temi, personaggi così distanti tra loro in un’ottica allo stesso tempo locale e culturalmente universale». Di Cunqueiro avevo letto un volume pubblicato a Milano (Jaca-Book -1984) dal titolo «Cronache di un maestro di coro», in cui il protagonista veniva rapito da spiriti redivivi e, suo malgrado, era costretto a seguirli in un percorso per le strade della Bretagna, ascoltando storie di cui, forse, avrebbe fatto a meno di…occuparsi: ottimo romanziere.

Non posso non riportare integralmente, con i dovuti tagli per mancanza di spazio, quello che De Martino Jr, scrive: «La lezione di Cunqueiro è dunque quella di coniugare la riscoperta del valore della propria terra e della propria lingua con una visione che, senza rinchiudersi nel campanilismo, sa aprirsi alla grande tradizione della cultura occidentale, creando una letteratura allo stesso tempo locale, europea e globale… Questa lezione va oltre la sfera puramente letteraria e si propone più in generale come una proposta per una cultura sociale, politica, economica che sappia valorizzare tutte le risorse locali senza perdere mai di vista la complessità del mondo… Tra ironia e malinconia, anche Alvaro Cunqueiro, può dare ad un’Europa moderna sempre più a rischio di implosione un contributo per ritrovare un futuro migliore».

Di grande impatto visivo l’acrilico su tela della fisica e artista Dunja Calianno che impreziosisce la copertina: nella loro nuda semplicità i colori dimostrano che non basta avere una tecnica, ma ci vuole un’anima che sostenga il tutto. Non tutti i disegni si manifestano nello stesso modo, ma è anche vero che non tutte le arti figurative si ‘santificano’ allo stesso modo. Come non augurare ai giovani Michele Palmiotta e Dunja Calianno di mantenere questa intensità di studio e di non aspettare il vento per far gonfiare i loro sogni, ma di soffiarci loro dentro con forza: la giovinezza è un bene che va, oltre che sostenuto, alimentato con forza e coraggio.

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