Ricordo di Nicola Sbisà tra Beethoven e Salvaneschi

di LIVALCA - Ormai è un dato acclarato che la figura del critico musicale ‘nasce’ con la pubblicazione dei primi periodici all’inizio del XVIII secolo, la qual cosa non significa che in epoche precedenti non  sia stato trattato il fenomeno musicale con osservazioni critiche, ma soltanto che la musicologia ( insieme delle discipline che studiano la musica dal punto di vista storico e sistematico) richieda ben altre attenzioni.  Se sono stato un allievo ‘attento’ il dr. Nicola Sbisà, a Villa Fizzarotti, mi fece capire come oggi il critico musicale non sia soltanto il fedele giornalista che si limiti a descrivere le caratteristiche morfologiche dell’opera presa in esame, ma colui che, forte di cognizioni acquisite sul campo, non lesina di esporre  la sua personale emozione e sensazione, in piena libertà, sul prodotto visionato…chiaramente in questo caso il critico possiede un potere enorme, potendo influenzare il pubblico. 

A livello personale penso di aver avuto i primi contatti telefonici con il critico musicale Sbisà circa sei lustri fa, quando recensì un  volume curato da Giuseppe Triggiani dal titolo « Il melodramma nel mondo 1597-1987» ( Levante editori,Bari,1988) con grande professionalità, rimarcando la valenza dell’opera pre -avvento computer.  Peccato  che poi l’autore del volume, in un impeto di onniscienza, lo abbia ‘incalzato’ per mesi perché, forte di un riscontro anche televisivo, riteneva di meritare, come avviene in palcoscenico, un ‘bis’.

Nel ricordare a Nicola Sbisà l’accaduto anni fa, con grande precisione di ricordi, il critico mi fece notare che quel libro aveva  sul retro di copertina un pregio enorme : vi era riprodotto il telone dipinto da Raffaele Armenise, su bozzetto preparatorio di Antonio Lanave, in cui  era rappresentato lo sbarco a Bari dei veneziani guidati da Orseolo II, per liberare la città dall’assedio saraceno; magnifico, leggendario telone andato distrutto nel rogo del Petruzzelli.  

Rammento questo particolare per dimostrare con quanta cura e amore trattasse le pubblicazioni musicali, annotando particolari che solo un uomo di profonda cultura poteva amare e custodire nella propria mente.  Tutti i nostri libri di genere musicale da « La musica a Bitonto» delle sorelle Gesuita alla « Sesta corda» dedicato da Nicola Giuliani a Mauro Giuliani sono passati dalle sue mani, anzi nel 2003 ha stilato una prefazione per il volume del maestro  Vitaliano Iannuzzi  «Suona la campana» che all’autore era parsa, in un primo momento, esigua, ma letta con la giusta attenzione in ogni periodo comprendeva  semplici, precise, autorevoli  ‘massime’ che possono essere riassunte in :  « L’unica distinzione che va fatta in proposito è che esiste buona musica e musica mediocre, se non cattiva».

Tornando alle non poche volte che ci siamo visti il 16 luglio, dalla professoressa Santa Fizzarotti Selvaggi,  devo ammettere che il dr. Sbisà era un maestro di cerimonia preciso, meticoloso, a volte spiritoso,  oltre che  un indiscusso padrone di ‘casa’ con licenza di intervenire, anche all’ultimo istante, su  esibizioni già provate e programmate.   L’ideatrice  di queste serate la versatile  poetessa, scrittrice, pianista, cantante Santa si affidava completamente alla maestria di questo Amico del padre Angelo, mettendolo spesso in difficoltà con richieste ‘eccessive’.  Infatti un anno, per intercessione del Magnifico Girone, vi fu un ospite non previsto e io fui ben contento di dare qualche notizia di primo mano sull’artista a Sbisà e vincere la sua perplessità. Poi, da grande signore, in presenza della Fizzarotti mi ringraziò, non mancando di far notare che gli ‘ospiti’ vanno concordati.  

La Fizzarotti  è  maestra nel chiedere l’impossibile agli Amici, perché il perdono che chiede e lo stesso con cui assolve se stessa.  Sbisà replicò con una frase che fece sorridere tutti, ma che non sono in grado di rammemorare…dando ragione ai miei ‘cari’ che già mi catalogano nel reparto ‘smemorato di Levante’.   In una di queste frequentazioni Sbisà mi parlo dei ‘pianisti d’istinto’, tra cui inseriva il suo grande amico il dott. Angelo Fizzarotti, il padre di Santa, un vero fenomeno musicale perché, pur non sapendo leggere una partitura, era in grado, in virtù di un talento eccezionale e sensibilità musicale innata, di  replicare al piano armonie leggere e classiche. Forse mi ha confidato che Santa ha ereditato parte dell’enorme  predisposizione paterna, affinata con lo studio costante della musica, o che, pur essendo una ‘valida’ pianista e cantante, non ha il ‘genio’ paterno.  Coloro che ‘sanno’ possono svelarmi l’arcano.  

A tutti era nota che  l’altra  grande passione del dott. Sbisà fosse la gastronomia, non per niente era socio dell’Accademia Italiana della Cucina fondata da Orio Vergani,  e al riguardo ha pubblicato bellissimi volumi di cui cito solo « Le tradizioni gastronomiche in Puglia» ( Caripuglia-Banca Carime - Giuseppe Laterza, Bari, 1997) e « Grecia in tavola» (Adda, Bari, 2005), sontuoso contributo alla conoscenza delle ‘nazioni’ che amava di più : Grecia e Puglia ( ordine alfabetico).

Ho memoria che quando abbiamo dato vita a tutta una serie di pubblicazioni della serie  ‘ A tavola in provincia di Bari, Murgia, Trulli, Brindisi’ ecc. gli autori, Angela delle Foglie e Vito Buono, cercarono  un contatto, ma per impegni reciproci non vi furono  sviluppi.  Sbisà puntualmente, dopo ogni uscita, ha recensito i volumi.  

Mi ha anche confermato  che ricordava la nostra sede di via Crisanzio e probabilmente può aver collaborato alle tante testate locali che allora si stampavano da noi e mi fece il nome da tanti amici comuni che hanno fatto la Storia di Bari.

Il dr. Sbisà fisicamente è stato da me conosciuto, nella notte dei tempi presso casa Giannini dove il piano era regno di Bruno Giannini,  durante interminabili incontri musicali dove ‘suites’ e brani musicali si alternavano ai 24 ‘Capricci’ per violino di Paganini e dove io ero accompagnatore fisso di una splendida ragazza che non amava solo in maniera totale la musica, ma anche i ‘capricci’ di cui arricchiva puntualmente il repertorio.  Errando, con il senno di poi, ho inteso che quei ‘capricci’ erano le normali schermaglie amorose concesse ai miei tempi, ma la ‘saggezza dell’uomo si conosce dalla pazienza’  non è mai stata di mia…’competenza’.

Su Paganini ho appreso da Sbisà che ebbe un maestro di cappella di nome Giacomo Costa  ( questo il nome che la mia non più potente memoria ha annotato), ma non ho più avuto modo di approfondire se fosse una notizia nozionistica o se  celasse dietro un proprio autonomo percorso personale riferito al docente. La cosa sarà perfezionata in Paradiso e, nell’attesa, il dubbio non mi pesa.

Per ricordare degnamente la scomparsa di uno dei primi giornalisti professionista di Puglia mi servirò delle frasi di due personaggi che il nostro Nicola Sbisà apprezzava : Beethoven « La musica è l’anello di congiunzione fra la vita fisica e la vita spirituale» e Salvaneschi « La musica è l’argentea scala azzurra che, poggiando sull’estremo lembo della terra, ci offre l’ascesa alle stelle».

Insigne critico non posso non augurarle  che, la celestiale musica che da qualche giorno movimenta le sue giornate, sia sempre di quella qualità e buon ‘gusto’ ( assioma inconfutabile) del tipo che ci ha regalato nel suo percorso terreno.
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