“Tarantismo senza tarantati”, intervista a Roberto Lupo


FRANCESCO GRECO - E dunque, le antenate della tarantate sono le baccanti dei riti dionisiaci, bacchici, carnascialeschi, orgiastici nati dell’area mediterranea: la trance, la danza, l’eros liberato.
Per quanto lo si studi e analizzi, il tarantismo/tarantolismo è un fenomeno polisemico, sempre in progress: presenta aspetti inediti e per certi aspetti sorprendenti. Anche Freud e Jung, per dirne solo due, hanno portato il loro contributo analitico e terapeutico, un secolo fa (nel saggio viene riportato che le teorie di Freud e di Jung sono state applicate all’interpretazione del tarantismo successivamente nell’ambito della etnopsichiatria). E tutt’oggi ne avvertiamo i riflessi. 

Oggi che, fra ricerca e business, è divenuto fortemente identitario, impastato nel dna della gente di Terra d’Otranto. E forse, leggenda vuole, che l’esorcismo del perfido ragno (“Lycosa tarentula”) continui in chiesette perdute nella campagna del Salento. Il dr. Roberto Lupo è nato a Salve (Lecce) ma vive a Taviano, dal 1988 è dirigente medico presso l’UOC di Ostetricia e Ginecologia della Asl di Lecce. Ha frequentato la scuola di scrittura di Molly Bloom. Assai attivo nel volontariato, collabora con la Lega contro i tumori di Lecce e i Lions Club International, organizzazione con cui ha partecipato ad alcune missioni umanitarie in Burkina Faso. 

Ha appena dato alle stampe un prezioso saggio che affronta il tema sotto l’aspetto scientifico, cominciando dal primo saggio di cui si ha nota, apparso nel 1362 (“Sertum papale venenis“), titolo: “Tarantolismo, complicanze ed esiti”, edito da Libermedia per il Museo “Pietro Cavoti” di Galatina (direttore artistico Salvatore Luperto), Cahier 2, Collana di studi e approfondimenti, pp. 48, s.i.p., prefazione di Eugenio Imbriani, foto in b/n degli anni settanta di Giovanni Valentini.
 

DOMANDA: Dr. Lupo, perché ha usato il termine tarantolismo nel titolo del libro?

RISPOSTA: "Tarantolismo e tarantismo sono da considerarsi sinonimi. Tuttavia, a mio parere, il termine tarantismo è maggiormente legato alle manifestazioni culturali e sociali e all’analisi interpretativa del fenomeno che attualmente ad esso fanno riferimento, cioè a quanto nel mio saggio definisco complicanze ed esiti. Mentre il termine tarantolismo richiama le tarantule delle fonti storiche in cui il ragno dal morso velenoso era considerato l’artefice di tutta la fenomenologia".

D. Perché il fenomeno è caratteristico della Puglia meridionale e solo del Salento?
R. "Si ritiene che le origini del fenomeno e la sua diffusione siano più estese. Nel Meridione e in particolare nel Salento, le manifestazioni eclatanti dei tarantati sono state registrate fino agli anni settanta del secolo scorso, sebbene in forme sempre più limitate ed in ambiti sempre più ristretti di emarginazione sociale. Più recentemente, invece, si è assistito ad una rivalutazione dei presupposti storici, geografici e antropologici del fenomeno che si inserisce nel rinnovamento culturale salentino al fine di scongiurare la perdita degli elementi autoctoni ed identitari nell’ambito della dimensione della cosiddetta glocalità. Ad alimentare il processo identitario salentino intorno al tarantismo contribuiscono le due anime del fenomeno: la produzione di saggi ed iniziative congressuali di carattere nazionale e internazionale, spesso di elevato tenore culturale e gli aspetti folkloristici legati alla “pizzica” che si collocano nell’ambito della promozione turistica del Salento e nella organizzazione di eventi sociali a forte prevalenza giovanile e di notevole risonanza mediatica".

D. Perché parliamo di tarantate e non anche di tarantati? Esistono?
R
. "Le fonti riportano in effetti anche casi di tarantati. Tuttavia, la lettura del fenomeno come sistema rituale di riscatto da una condizione di disagio, di emarginazione individuale e degrado sociale e sua “drammatizzazione” nel contesto della comunità, è più suggestiva della condizione femminile, storicamente maggiormente afflitta dagli assoggettamenti culturali sfavorevoli e da tabù sociali, inclusi quelli legati alla repressione sessuale in senso lato. A questo proposito è singolare che, sia dal punto di vista scientifico che culturale in generale, l’interesse speculativo riservato al fenomeno delle tarantate non sia stato così profondo e proficuo come, ad esempio, quello riservato a Parigi alle isteriche. Fenomeno, quest’ultimo, di cui si possono cogliere diverse analogie, sebbene il simbolismo del ragno, la ritualità ad andamento ciclico stagionale, le interferenze della superstizione popolare e infine l’elemento terapeutico e risolutore della danza - in buona sostanza il complesso di fattori legati al territorio - rendano il tarantismo un fenomeno unico".


D. Con l’avanzare della cultura tecnico-scientifica, del fenomeno se ne parlerà sempre meno, fino a estinguerlo del tutto?
R
. "In effetti oggi si parla di tarantismo senza tarantati, come riportato nel mio saggio. Del tarantismo attualmente possiamo approfondire le complicanze, cioè le implicazioni socio-culturali che si sono sviluppate intorno al fenomeno interpretandone nel corso degli anni la sua complessità e gli esiti, che comprendono le modalità espressive, contestualizzate secondo i gusti e le esigenze della società contemporanea, spesso molto distanti dal fenomeno originario. Esauritasi l’attendibilità scientifica della eziopatogenesi tossicologica della sindrome, scomparse di fatto e ormai storicizzate le manifestazioni originarie, resta come esito uno schema simbolico radicato nella cosmologia di un rito popolare che nel tempo assume diverse forme e valenze socio-culturali. Quelle attuali, sebbene abbiano assunto carattere folcloristico e prevalentemente ludico, ben lontano dal contesto originario, vanno pur prese in considerazione in quanto contribuiscono ad alimentare la complessità del fenomeno e a mantenerlo attuale".

(Le foto sono di Giovanni Valentini)

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