Dialetti: prima lezione di dialettologia

di VITTORIO POLITO — Come è abbastanza noto, il dialetto rappresenta un terreno di conservazione della nostra prima lingua e può rivelarsi anche un mezzo efficace di comunicazione. Lo si desume finanche dagli effetti “sonori" riscontrabili in certe cadenze dialettali. In Piemonte, ad esempio, si riconosce un’intonazione di stile francese, in Liguria i dialetti ricordano il portoghese, mentre nella parlata napoletana, traspare evidente lo spagnolo, mentre l’arabo è fortemente radicato in Sicilia.

In ogni caso i dialetti non sono una forma degradata dell’italiano, ma rappresentano anch’essi sistemi linguistici veri e propri. Come sostiene Franco Fanciullo, ordinario di Glottologia e Dialettologia dell’Università di Pisa nel suo libro “Prima lezione di dialettologia” (Editori Laterza).

Il tascabile di Fanciullo, interessante per i dialettologi, tratta vari argomenti: lingua e dialetti nella situazione italiana, i dialetti italiani e le lingue che li hanno preceduti, il vocalismo, il rafforzamento fonosintattico. Una vera lezione di dialettologia, soprattutto indirizzata agli “addetti ai lavori”.

Nella conclusione, Fanciullo, che dirige la rivista “L’Italia dialettale” e collabora alla redazione del “Lessico Etimologico Italiano” ed è autore di numerosi altri testi, sostiene che “Va da sé che il taglio scelto per queste pagine, espositivamente tradizionale, non è l’unico modo per avvicinarsi alla dialettologia; se qui lo si è preferito, è stato per poter soddisfare a un certo numero di intenti: distinguere nel modo più chiaro e possibile – cosa facile più a dirsi che a farsi – tra lingua e dialetto…”.

Lasciamo quindi che ognuno si esprima nella propria lingua, dal momento che i dialetti resistono contro l’assalto dei mezzi di comunicazione e costituiscono un ponte che dal passato va verso il futuro e rappresenta la vera espressione dei sentimenti.

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