Centocinquant'anni dopo l'Unità dov'è finita la democrazia?

di Roberta Calò
Dal gossip alla politica il passo è davvero breve. Macchiavelli ci aveva già istruito sul “fine che giustifica i mezzi”, ma forse pochi avrebbero pensato di riesumare questo principio a secoli di distanza. Quello che infatti sta emergendo dalle voci politicanti italiane è che qualsiasi accadimento è ben accolto se può essere strumentalizzato per annientare la controparte.
Così, quello che lo scenario ci ha offerto di recente è stato un Presidente del Consiglio nel mirino di magistrati e giornalisti per il fascicolo aperto su di lui circa festini, sfruttamento minorile e sfruttamento della prostituzione a seguito delle intercettazioni telefoniche che lui in primis aveva tatticamente cercato di soffocare lasciando libero sfogo alla legge sulla privacy “nella mia casa da sempre svolgo funzioni di governo e di parlamentare, avendolo addirittura comunicato alla Camera dei Deputati sin dal 2004, e la violazione che è stata compiuta è particolarmente grave perché va contro i più elementari principi costituzionali. Ma questo comportamento è gravissimo anche per il comune cittadino perché gli toglie qualsiasi possibilità di privacy. Tutto questo potrebbe capitare a chiunque di voi”.
Fini, Presidente della Camera e rappresentante dell’opposizione ha subito chiesto le dimissioni di Berlusconi, il quale a sua volta ha chiesto le dimissioni del suo antagonista: “Gianfranco Fini non può più fare il presidente della Camera. Non esiste in nessun Paese che il presidente della Camera chieda le dimissioni del presidente del Consiglio”.
Ovviamente i due esponenti vengono sostenuti dai loro cortigiani nelle rispettive posizioni.
Il Presidente dei deputati Fli, Italo Bocchino, ha affermato: “Fini e' membro del Parlamento e come tutti ha il diritto di chiedere le dimissioni del premier. E' invece assurdo che il capo del governo chieda le dimissioni di chi presiede una istituzione e difende l'operato del Parlamento. Berlusconi -conclude- ancora non conosce le regole della democrazia”.
Gasparri, spadaccino della sua causa, ha dichiarato: “Fini non sta svolgendo il suo ruolo super partes. Lui si sta comportando da vero oppositore e forse è arrivato il momento che abbandoni definitivamente la maggioranza e il suo incarico”.
Il popolo italiano sballottato da un lato all’altro ormai veleggia senza mete in una dimensione di finta democrazia in cui le fila vengono tirate dall’alto in un’apparente tranquillità “Io sono sereno, state sereni anche voi perché la verità vince sempre. Il Governo continuerà a lavorare e il Parlamento farà le riforme necessarie per garantire che qualche magistrato non possa più cercare di far fuori illegittimamente chi è stato eletto dai cittadini” (Videomessaggio Berlusconi).
Centocinquanta anni fa poco più di mille volontari s’imbarcarono a Quarto e sbarcarono a Marsala riunendo lo stivale a partire dal sud insorgendo contro il governo borbonico e dichiarando la dittatura in nome di Vittorio Emanuele II.
Gli insorti ci sono, la dittatura anche, ma allora cosa manca per uguagliare questi due periodi storici? Forse l’unità del Paese, diversamente da quello che il premier vorrebbe farci credere: “Sono dunque orgoglioso di quanto abbiamo fatto fino ad ora nella convinzione che il centrodestra resti l’unica coalizione in grado di assicurare l’unità di’Italia”.

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