Ori e costumi degli “Arbëreshë” di ieri e di oggi, presentati nello studio artistico di Anna Maria Di Terlizzi

di VITTORIO POLITO — Per i “Mercoledì” organizzati dall’Associazione culturale “Noi che l’arte”, presieduta da Massimo Diodati, mercoledì 29 giugno alle ore 19,00 presso lo Studio di Scultura dell’artista barese Anna Maria Di Terlizzi, Via E. De Deo, 64 - Bari – si svolgerà l’evento “Arbëreshë ieri e oggi – ori e costumi”.

Interverranno Ferdinando Nociti e Giuseppe Gazzarano, rispettivamente sindaco e assessore al turismo del Comune di Spezzano Albanese, Anna Maria Di Terlizzi scultrice, e Massimo Diodati per il saluto di benvenuto. Voce solista Emiliana Oriolo.

Com’è noto il popolo albanese, esule da più di cinquecento anni dalla propria madrepatria, stabilitosi con le migrazioni prevalentemente nel meridione d’Italia, ha conservato tutte le tradizioni, gli usi e il folklore. Questa cultura tramandata oralmente di generazione in generazione, ha sempre costituito l’invisibile cordone ombelicale che unisce ancora oggi gli Arbëreshë” alla loro storia secolare, alla loro etnia.

Ed ora qualche notizia storica sugli “Arbëreshë” ripresi dall’Enciclopedia Treccani.

Gli “Arbëreshë” o albanesi d’Italia, rappresentano la minoranza etno-linguistica albanese storicamente stanziata in Italia meridionale ed insulare.

Le varietà italo-albanesi “arbëreshë”, sono distribuite in Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria e Sicilia. Mentre, i gruppi cosiddetti albanofoni emigrati da queste comunità sono presenti in diverse città italiane, fra cui Roma, Bari, Cosenza, Crotone e Palermo, oltre che in altre nazioni.

Le colonie italo-albanesi dell’Italia meridionale si formarono dopo il 1468, anno della morte di Giorgio Castriota Scanderbeg, eroe della resistenza albanese contro gli ottomani, a seguito della migrazione di popolazioni dalla parte meridionale del territorio albanofono, per sfuggire all’impero turco. D’altro canto, la presenza di gruppi albanesi in Italia è documentata già per il XIII e XIV secolo; inoltre, nel XV secolo, Alfonso I d’Aragona aveva assegnato feudi ad alcuni condottieri albanesi in Puglia, Calabria e Sicilia, per l’aiuto militare ricevuto contro i baroni locali. Le comunità italo-albanesi mostrarono un dinamismo culturale e un’autocoscienza identitaria che le resero sedi privilegiate della cultura albanese e alimentarono un impegno civile di ispirazione illuministica che condusse personalità italo-albanesi (tra cui Francesco Crispi) a prendere parte al Risorgimento italiano.

Nei primi decenni dell’Ottocento i gruppi intellettuali arbëreshë ripresero anche i temi fondamentali del nascente romanticismo europeo volti alla creazione dell’identità nazionale, a cui la lingua forniva il principale criterio di integrazione simbolica. A questo clima culturale si collega la nascente prospettiva storico-comparativa nell’indagine linguistica, nel cui quadro si colloca anche Franz Bopp, che stabilì sin dal 1854 l’appartenenza dell’albanese alla famiglia indoeuropea.

La storia e la presenza delle comunità italo-albanesi furono discriminate dal nazionalismo ideologico che ispirò la scuola e la società italiana nel periodo postunitario e poi dalla politica di assimilazione linguistica del fascismo. Il riconoscimento ufficiale di questa eredità culturale e linguistica nell’Italia repubblicana ebbe luogo solo con la legge 482/1999 sulla tutela delle minoranze linguistiche storiche.

Posta un commento

Nuova Vecchia

Modulo di contatto