di LIVALCA - Tempori longo brevis Hora dixit :/ “ Cur meum spernis leve iter superbe?/ Nonne dixerunt tibi me esse patris/ filiam amantem ?”. Filiam Tempus monuit severe : “ Te videntes, me volitare dicunt/ hi viri terrae, sed ego sub astris/ non volo : persto.” Questi splendidi, sublimi e superbi versi di Joseph Tusiani estrapolati dal volume « LUX VICIT Carmina Latina», pubblicato da Levante editori di Bari, con introduzione e traduzione italiana di Emilio Bandiera da Carpignano Salentino, ci ‘stuzzicano’ pensando ad Ovidio: « Non c’è niente che vada tanto in fretta come il tempo», Virgilio «Tutto porta via il tempo, anche la memoria », Voltaire «Nulla è più lento del tempo, perché esso è la misura dell’eternità», ma ci pensa France «Il tempo è una semplice idea e lo spazio non è più reale del tempo» ad entrare in sintonia, almeno apparente, con il giovane laureato che abbandonò San Marco per New York nel lontano 1947 (19 e 47 due numeri che secondo la cabala, allora come adesso imperante, portavano ‘buono’, qualora tu fossi…’buono’).
Amico lettore per non disorientarti eccoti la devota, ligia, precisa traduzione italiana del professore Bandiera: « Al lungo Tempo la breve Ora disse :/ “ Perché con superbia disprezzi il mio agile cammino ?/ Non ti hanno detto che io sono una figlia/ che ama suo padre”/ Il Tempo con severità ammonì la figlia :/” Vedendo te, questi uomini terreni dicono/ che io volo veloce, ma io sotto gli astri/ non volo, resto fermo”.
Non vorrei che il poeta italo-americano mi togliesse la sua amicizia per quello che sto per dire : la sua ispirazione è targata Pirandello, anzi Antonino Massimo Rugolo ( pugliese di Taranto, anche se ho letto da qualche parte ‘poeta calabrese’, comunque sia italiano e…meridionale ) e la sua : « E l’amor guardò il tempo e rise». Joseph sa che quando mi vengono questi lampi ( avrei dovuto dire ‘flash’, ma io non amo il termine anglosassone, tanto meno la…Brexit ),o presunti tali, devo esternarli per spirito di servizio.
In quel magnifico GARGANO che, come ci racconta Sergio D’Amaro, Ungaretti definì nel 1934 :« Il monte più vario che si possa immaginare»; in quella natura incontaminata il cui il bello appena accennato è una sicura eccezione; in quella terra che ha dato i natali ai miei adorati cugini Pacilli ( la splendida Maria, il ‘freddo’ Michele, il compagnone Michelino, l’introverso Gino e il vulcanico Lucio ) con cui ho trascorso una magnifica estate da incorniciare a metà degli anni ’60; in quello ‘sperone’ d’Italia, simbolo della ‘cavalleria’, che vanta quel silenzioso paradiso naturale denominato ‘Foresta Umbra’, faggete famosa in tutto il mondo, e che deve la denominazione non alla regione, ma alla parola latina umber ( tanto per rimanere in argomento carmina latina ), ossia cupa, ombrosa… proprio in questa terra, a volte alla ribalta non sempre per fatti meritevoli, il 23 novembre, alle ore 17,30 presso l’auditorium della Biblioteca comunale di San Marco in Lamis verrà presentato il volume di Tusiani « LUX VICIT», a cura della Fondazione Pasquale e Angelo Soccio e con il beneplacito dell’Amministrazione comunale. L’iniziativa si deve al presidente della Fondazione Michele Galante, politico di lungo corso, che recentemente ha pubblicato un corposo volume dal titolo « Il Movimento socialista a San Marco in Lamis ( Dagli albori al primo centro-sinistra 1895-1970)» - Centro Editoriale S. Marco -, in cui con la consueta e riconosciuta imparzialità racconta una pagina di storia, riduttivo definirla locale, e che ha voluto riunire, in questo (fino a ieri) generoso novembre, una parte della cospicua ‘intellighenzia’ locale per dare il giusto risalto ad un volume che va oltre il puro e semplice impegno editoriale. Ha dato la sua adesione alla serata il preside, pardon il dirigente scolastico, Raffaele Cera ( per i suoi ottant’anni è stato pubblicato un libro dal titolo « La memoria gioiosa» - Centro Editoriale S. Marco - in cui tanti amici hanno ricordato i suoi successi culturali-scolastici, il tutto completato da una sapiente quanto colta nota introduttiva del nostro Tusiani) che è stato colui che, avvalendosi di competenza e qualche buona amicizia, ha permesso andasse in porto l’autobiografia per Bompiani di Tusiani « In una casa un’altra casa trovo », frutto di un certosino, tenace lavoro di lima che solo un Amico, ormai volato a Roma e quindi lontano da eventuali ‘condizionamenti’ locali, poteva mettere in atto con disinteressata disponibilità. Per questo l’Amico Cosma Siani avrebbe meritato (nonostante abbia profuso tempo ed impegno non sono riuscito nell’intento) un premio-riconoscimento che andava al libro, ma lo accomunava a Joseph in una simpatica e qualificata ‘dicotomia’. Chi mi conosce sa che mi spoglio spesso del vestito Levante e cerco di dare spazio ai meritevoli, in un Paese in cui dalla partenza di Tusiani molte cose sono cambiate nella forma, ma non nella sostanza. Proprio da Cosma, docente dell’Università romana Tor Vergata, mi viene quella che si chiama riflessione quando, nella postfazione al volume autobiografico di Tusiani, conclude : «…La stessa prospettiva del sogno americano, che animava (forse ancora anima) ogni persona migrante verso quella terra, ne risulta ridimensionata, ed è dir poco; meglio, estenuata, scarnificata, quando considerando il divario generazionale Tusiani quasi non esita a sgranare tutta la propria esperienza in un bilancio spietato, dietro l’apparente liricizzazione : “ ….l’America non era affatto la terra delle mie delicate e anacronistiche trepidazioni ma il paese dell’avventura appassionata e violenta che solo ai suoi cittadini violenti e appassionati offriva un’amplitudine di sogno detta futuro”.
Amico lettore spetta a te fare la sintesi tra : «….molte cose sono cambiate nella forma, ma non…» e «….l’America non era affatto la terra….» e considerare che a volte ciò che appare virtù può avere delle crepe e che è difficile ereditarla, per cui va coltivata perché risulti sempre essere affascinante e non sfoci in qualcosa di spiacevole : « Musa tacet. Divina etiam, velut ultima terrae, saepe tacent, vox ut possit sua vera sonare ( Tace la Musa. Anche le cose divine, come le ultime della terra, spesso tacciono, perché la voce possa rivelare le sue verità)». Questa traduzione di Bandiera per i versi latini di Tusiani ci permette di ricordare un episodio che lega in maniera ‘fisica’ i due uomini : il 10 ottobre 1997 Giuseppe portò Emilio in visita alle Twin Towers del World Trade Center di New York…un ascensore super veloce in solo 58 secondi depose i due oltre i 400 metri ; per l’italo-americano era una delle tante volte, per l’italiano la prima e ultima volta. Bandiera si era informato sulle Torri ed aveva appurato che avevano fondamenta di venti metri, inoltre erano a base quadrata con angoli smussati, ed il quadrato aveva il lato di 68 metri, per cui ogni piano aveva una superficie di 4624 mq.; Tusiani fece da Cicerone all’amico e lo condusse proprio in vetta con l’ultima scala mobile, in modo da ammirare l’Empire State Building, la Statua della Libertà, il Ponte di Verrazzano, Wall Street, Little Italy, Central Park, Harlem, il Bronx. Ad ottobre 2001 Emilio doveva tornare a New York, ma rinviò il tutto perché come lui stesso afferma : « Non sarà più la New York che ho conosciuto. E’ come se ad un Mosè, che prega con le braccia alte verso il cielo, mancassero proprio quelle braccia sollevate. Non è più la stessa New York».
Ho cercato di formare con questo scritto un ‘coro’, certo in onore di Tusiani, ma con l’intento precipuo di far sentire TUTTI parte integrante per la gioia di condividere lo scopo della manifestazione in maniera collettiva ( termine oggi obsoleto, ma per gli anta-anta pregno di ‘slanci’ democratici ) e, quindi, non potevo mancare di rendere omaggio al sindaco Michele Merla dedicandogli dei versi di Sarah Tardino ( la mancanza di una donna nell’organico è grave caro Michele…perfino un ‘Toro’ del tuo livello dovrebbe sapere che gli uomini fanno le opere, ma le (Signore) donne fanno gli…uomini) : « I giorni della MERLA / arrivano di notte/ saranno corsari e stelle dentro bottiglie spaccate,/ l’isola vagabonda nel sacco delle ore,/ il limpido delle tempeste,/ il bacio mansueto del leone/...».
Era mia intenzione per il commiato dedicare un distico elegiaco a questo incontro, ma ho dovuto constatare che un esametro ed un pentametro non fossero in grado di contenere il ‘terremoto’ di emozioni che ha pervaso il mio cuore : per oggi il ‘sismografo’ non mi serve ed io sono uno dei tanti pellegrini in sosta presso il convento di San Matteo in attesa di proseguire per Monte Sant’Angelo…dove l’umile uomo incontra il Maestro.
Amico lettore per non disorientarti eccoti la devota, ligia, precisa traduzione italiana del professore Bandiera: « Al lungo Tempo la breve Ora disse :/ “ Perché con superbia disprezzi il mio agile cammino ?/ Non ti hanno detto che io sono una figlia/ che ama suo padre”/ Il Tempo con severità ammonì la figlia :/” Vedendo te, questi uomini terreni dicono/ che io volo veloce, ma io sotto gli astri/ non volo, resto fermo”.
Non vorrei che il poeta italo-americano mi togliesse la sua amicizia per quello che sto per dire : la sua ispirazione è targata Pirandello, anzi Antonino Massimo Rugolo ( pugliese di Taranto, anche se ho letto da qualche parte ‘poeta calabrese’, comunque sia italiano e…meridionale ) e la sua : « E l’amor guardò il tempo e rise». Joseph sa che quando mi vengono questi lampi ( avrei dovuto dire ‘flash’, ma io non amo il termine anglosassone, tanto meno la…Brexit ),o presunti tali, devo esternarli per spirito di servizio.
In quel magnifico GARGANO che, come ci racconta Sergio D’Amaro, Ungaretti definì nel 1934 :« Il monte più vario che si possa immaginare»; in quella natura incontaminata il cui il bello appena accennato è una sicura eccezione; in quella terra che ha dato i natali ai miei adorati cugini Pacilli ( la splendida Maria, il ‘freddo’ Michele, il compagnone Michelino, l’introverso Gino e il vulcanico Lucio ) con cui ho trascorso una magnifica estate da incorniciare a metà degli anni ’60; in quello ‘sperone’ d’Italia, simbolo della ‘cavalleria’, che vanta quel silenzioso paradiso naturale denominato ‘Foresta Umbra’, faggete famosa in tutto il mondo, e che deve la denominazione non alla regione, ma alla parola latina umber ( tanto per rimanere in argomento carmina latina ), ossia cupa, ombrosa… proprio in questa terra, a volte alla ribalta non sempre per fatti meritevoli, il 23 novembre, alle ore 17,30 presso l’auditorium della Biblioteca comunale di San Marco in Lamis verrà presentato il volume di Tusiani « LUX VICIT», a cura della Fondazione Pasquale e Angelo Soccio e con il beneplacito dell’Amministrazione comunale. L’iniziativa si deve al presidente della Fondazione Michele Galante, politico di lungo corso, che recentemente ha pubblicato un corposo volume dal titolo « Il Movimento socialista a San Marco in Lamis ( Dagli albori al primo centro-sinistra 1895-1970)» - Centro Editoriale S. Marco -, in cui con la consueta e riconosciuta imparzialità racconta una pagina di storia, riduttivo definirla locale, e che ha voluto riunire, in questo (fino a ieri) generoso novembre, una parte della cospicua ‘intellighenzia’ locale per dare il giusto risalto ad un volume che va oltre il puro e semplice impegno editoriale. Ha dato la sua adesione alla serata il preside, pardon il dirigente scolastico, Raffaele Cera ( per i suoi ottant’anni è stato pubblicato un libro dal titolo « La memoria gioiosa» - Centro Editoriale S. Marco - in cui tanti amici hanno ricordato i suoi successi culturali-scolastici, il tutto completato da una sapiente quanto colta nota introduttiva del nostro Tusiani) che è stato colui che, avvalendosi di competenza e qualche buona amicizia, ha permesso andasse in porto l’autobiografia per Bompiani di Tusiani « In una casa un’altra casa trovo », frutto di un certosino, tenace lavoro di lima che solo un Amico, ormai volato a Roma e quindi lontano da eventuali ‘condizionamenti’ locali, poteva mettere in atto con disinteressata disponibilità. Per questo l’Amico Cosma Siani avrebbe meritato (nonostante abbia profuso tempo ed impegno non sono riuscito nell’intento) un premio-riconoscimento che andava al libro, ma lo accomunava a Joseph in una simpatica e qualificata ‘dicotomia’. Chi mi conosce sa che mi spoglio spesso del vestito Levante e cerco di dare spazio ai meritevoli, in un Paese in cui dalla partenza di Tusiani molte cose sono cambiate nella forma, ma non nella sostanza. Proprio da Cosma, docente dell’Università romana Tor Vergata, mi viene quella che si chiama riflessione quando, nella postfazione al volume autobiografico di Tusiani, conclude : «…La stessa prospettiva del sogno americano, che animava (forse ancora anima) ogni persona migrante verso quella terra, ne risulta ridimensionata, ed è dir poco; meglio, estenuata, scarnificata, quando considerando il divario generazionale Tusiani quasi non esita a sgranare tutta la propria esperienza in un bilancio spietato, dietro l’apparente liricizzazione : “ ….l’America non era affatto la terra delle mie delicate e anacronistiche trepidazioni ma il paese dell’avventura appassionata e violenta che solo ai suoi cittadini violenti e appassionati offriva un’amplitudine di sogno detta futuro”.
Amico lettore spetta a te fare la sintesi tra : «….molte cose sono cambiate nella forma, ma non…» e «….l’America non era affatto la terra….» e considerare che a volte ciò che appare virtù può avere delle crepe e che è difficile ereditarla, per cui va coltivata perché risulti sempre essere affascinante e non sfoci in qualcosa di spiacevole : « Musa tacet. Divina etiam, velut ultima terrae, saepe tacent, vox ut possit sua vera sonare ( Tace la Musa. Anche le cose divine, come le ultime della terra, spesso tacciono, perché la voce possa rivelare le sue verità)». Questa traduzione di Bandiera per i versi latini di Tusiani ci permette di ricordare un episodio che lega in maniera ‘fisica’ i due uomini : il 10 ottobre 1997 Giuseppe portò Emilio in visita alle Twin Towers del World Trade Center di New York…un ascensore super veloce in solo 58 secondi depose i due oltre i 400 metri ; per l’italo-americano era una delle tante volte, per l’italiano la prima e ultima volta. Bandiera si era informato sulle Torri ed aveva appurato che avevano fondamenta di venti metri, inoltre erano a base quadrata con angoli smussati, ed il quadrato aveva il lato di 68 metri, per cui ogni piano aveva una superficie di 4624 mq.; Tusiani fece da Cicerone all’amico e lo condusse proprio in vetta con l’ultima scala mobile, in modo da ammirare l’Empire State Building, la Statua della Libertà, il Ponte di Verrazzano, Wall Street, Little Italy, Central Park, Harlem, il Bronx. Ad ottobre 2001 Emilio doveva tornare a New York, ma rinviò il tutto perché come lui stesso afferma : « Non sarà più la New York che ho conosciuto. E’ come se ad un Mosè, che prega con le braccia alte verso il cielo, mancassero proprio quelle braccia sollevate. Non è più la stessa New York».
Ho cercato di formare con questo scritto un ‘coro’, certo in onore di Tusiani, ma con l’intento precipuo di far sentire TUTTI parte integrante per la gioia di condividere lo scopo della manifestazione in maniera collettiva ( termine oggi obsoleto, ma per gli anta-anta pregno di ‘slanci’ democratici ) e, quindi, non potevo mancare di rendere omaggio al sindaco Michele Merla dedicandogli dei versi di Sarah Tardino ( la mancanza di una donna nell’organico è grave caro Michele…perfino un ‘Toro’ del tuo livello dovrebbe sapere che gli uomini fanno le opere, ma le (Signore) donne fanno gli…uomini) : « I giorni della MERLA / arrivano di notte/ saranno corsari e stelle dentro bottiglie spaccate,/ l’isola vagabonda nel sacco delle ore,/ il limpido delle tempeste,/ il bacio mansueto del leone/...».
Era mia intenzione per il commiato dedicare un distico elegiaco a questo incontro, ma ho dovuto constatare che un esametro ed un pentametro non fossero in grado di contenere il ‘terremoto’ di emozioni che ha pervaso il mio cuore : per oggi il ‘sismografo’ non mi serve ed io sono uno dei tanti pellegrini in sosta presso il convento di San Matteo in attesa di proseguire per Monte Sant’Angelo…dove l’umile uomo incontra il Maestro.