Con ‘Alle radici dei versi’ torna Grazia Stella Elia


SANTA FIZZAROTTI SELVAGGI - Con l’emozione tra le dita e con una sorta di sentimento sacrale ho letto il libro di Grazia Stella Elia dall’emblematico titolo “Alle radici dei versi“, che ci conduce fatalmente alle sorgenti del nostro essere sulla terra, alle fonti dell’Elicona. Edito da Progedit, con prefazione di Pietro Sisto, in copertina possiamo subito notare la riproduzione di un sogno di Vincent Van Gogh “Souvenir de Mauve”, 1888 (Kroller-Muller Museum).

Gli alberi in fiore per Van Gogh rappresentavano la rinascita e  non a caso scrisse  "l'uomo che alla fine produce qualcosa di toccante come il fiore di una vita dura e difficile, è una meraviglia, come il  biancospino nero, o meglio ancora il vecchio melo nodoso che in certi momenti porta fiori che sono tra le cose più delicate e vergini sotto il sole" (Maurer, N (1999) [1998].  La ricerca della saggezza spirituale: il pensiero e l'arte di Vincent van Gogh e Paul Gauguin. Cranbury: Presse Associated Universitari).

Le liriche di Grazia Stella Elia sono immagini del suo più intimo sentire sempre alla ricerca di tutto ciò che è essenziale ed essenza stessa della vita nella sua complessità.

Esiodo  nella Teogonia scrive che attraverso Mnemosine, Zeus pose le fondamenta affinché  la Memoria sottraesse all’Oblio  il destino degli esseri umani e di questi risvegliasse la coscienza.  E  a proposito delle Muse, Esiodo dice:  "Ciò dunque le Muse cantavano, che abitano le Olimpie dimore, le nove figlie dal grande Zeus generate, Clio e Euterpe e Talia e Melpomene, Tersicore e Erato e Polimnia e Urania, e Calliope, che è la più illustre di tutte.” E “Il dolce di Calliope labbro/ Che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma/ D’un velo candidissimo adornando,/ Rendea nel grembo a Venere Celeste“ (U. Foscolo, I Sepolcri) ispira Grazia Stella Elia quando intinge la sua penna nelle profondità della sua anima e lascia emergere le radici della parola poetica come tale. Esiodo sottolinea la “voce“ delle Muse, una voce che è canto in grado di coinvolgere l’interezza della persona in contatto con  le armonie celesti: una perfomance complessa è quella del poeta, di colui/colei che plasma le forme del mondo in una poiesis audace tramandando i nuclei di quella verità, Aletheia, che si svela e si cena  in un gioco che soltanto la poesia può raccogliere e trovare parole per  dire. E Grazia Stella Elia sa bene come vanificare le difese umane che talora impediscono oggi a noi esseri umani di pensare in libertà.

Le Muse sono figlie di una memoria immemorabile ben consapevoli che la loro funzione non è solo quella di lenire gli affanni degli uomini per consegnarli illusoriamente all’eternità, ma ha una funzione “ politica”, cioè di disvelamento di quella “verità“ innanzi detta. Ed è proprio Calliope dalla bella voce, dunque dal bel canto, la Musa più illustre, che si assume il compito di sollevare il velo che impedisce alla luce di accarezzare  tutte le cose. In questa silloge, scrive in prefazione Pietro Sisto, “ritornano le immagini e i temi  cari alla poetessa”, i ricordi di una vita spiritualmente intensa forgiata dalla bellezza della natura che i suoi occhi vedevano e impregnavano, a guisa di arcaico imprinting materno, la sua mente e il suo cuore.

Il “Souvenir de Mauve” di Van Gogh in copertina, come si osserva, non è affatto casuale. Ricordare non è mai senza dolore e dal latino il verbo “ricordare” deriva da   cor cordis ‘cuore’, in quanto dai nostri antenati di pensiero questo organo era ritenuto sede della memoria : nel ricordo si cela silente la nostalgia, dunque un ritorno non privo di dolore.  In tal senso la poesia  scaturisce dalla più profonda malinconia. Si tratta comunque di un enigma le cui radici si nutrono del desiderio, di quel “ça manque”, come si legge in Lacan, che fonda il luogo dell’indicibile e dell’inenarrabile.  Ancora una volta, la bramosia inquietante del desiderio attraverso la parola poetica irrompe nella dimensione dell’ordinarietà del quotidiano sconvolgendone gli equilibri. L’Autrice, la cui maestria è ben nota a tutti, scrive che  la scelta delle piante per questa opera poetica, oltre a essere motivata dal suo grande amore per il mondo vegetale: “ha un significato emblematico e metaforico riferito soprattutto alle piante arboree, con le loro cime sempre rivolte al cielo, al sole, alla luna e alle stelle“.

Ecco, mi par di comprendere e di sentire che nei versi di Grazia Stella Elia vi siano  le “ radici” degli universi e ciò che Eraclito intendeva come la “ Legge suprema “ che regolerebbe “l’armonia invisibile del visibile’ ed ‘il pensiero comune’“. Il lavoro si apre con una silenziosa preghiera di lode :”Hanno,  le piante, come noi, il suono della vita“. Esse “nel silenzio pregano, forse cantano / a osannare il Creatore/ e forse dicono a tutti, con il Santo di Assisi: “Pace e bene!”. Un nuovo cantico delle creature, dunque, in forma mistica eppur laica con una invocata e sperata conciliazione tra Eros e Thanatos.  Tutto si dissolve, par che ci dica questa straordinaria Autrice, sottolineando che la poesia è propria del femminile. Non a caso per l’8 marzo del 2000 scrive: “Il mondo profuma. / E’ festa in giallo :/ essenza di donna .” Ma è proprio nel considerare la parte femminile del mondo e “i suoi misteriosi effluvi” che tutto si rigenera nella trasformazione.

E nelle luci impetuose della primavera rapite dai versi della colta poetessa scopriamo che tutto “ E’ musica, / è bellezza/ questa luce nuova / d’aprile: / scintille di vita / fuoco pirotecnico / d’amore “. Tutto nasce dall’attrazione fra le creature proprio nel mese di Aprile che  secondo T. S. Eliot in  The Waste Land  “è il più crudele di tutti i mesi, genera lillà dalla terra morta, mescola memoria e desiderio, desta radici sopite con pioggia di primavera. L'inverno ci tenne al caldo, coprendo la terra di neve immemore…”.

La primavera è fatalmente  associata alla fertilità ma è proprio in questa dimensione generativa che si esprime la crudeltà di Aprile: tutto nasce per poi conoscere la finitudine umana. E nella incerta luce delle aurore il Sé autentico si nasconde come le mammolette “Si nascondono pudiche/ tra le foglie,/ma il vento / ne diffonde/ la fragranza.“ Ancora la delicatezza del femminile  affiora tra gli odorosi versi della dolce poetessa che  talora usa  “Una parola per un’altra, un mot pour un autre,” come si legge in Lacan, vale a dire “un tessuto smagliante di metafore.” E in questo gioco  amoroso l‘Autrice “porge l’orecchio / al cuore della madre terra/ quando, in un sobbalzo, / i chicchi di grano/ scoppiano/per la misteriosa metamorfosi / in teneri germogli “. Ed è così che la terra geme nel generare “ spighe superbe / ai baci del sole / al dondolio del vento“.

Siamo dunque nella “chambre de l’origine” dove  possiamo incontrare la “parola perduta”: il gesto originario della creazione. Qualcosa di interdetto in cui parola e immagine si fondono e confondono. Mi si perdoni se cito Orazio quando nota che : "…la poesia è come la pittura, che a volte si coglie da vicino e altre da lontano, ora in penombra e ora in piena luce…". Tutto scaturisce dalla percezione di una assenza antica,  di qualcosa che non abbiamo più di cui l’Autrice cerca le  tracce nelle pieghe della memoria nel tentativo di trascendere la natura umana per smarrirsi negli orizzonti dell’infinito dove sono scritte le nostre vite e i nostri amori, le nostre passioni in una totalità assoluta di intimo dialogo con tutti gli esseri viventi. Grazia Stella Elia sa che tutto ha un’anima e che tutto respira e odora, come scrive Empedocle. Tutto nasce, vive, muore e si trasforma  nella immutabilità della esistenza. La poesia è sogno ad occhi aperti e come il testo onirico non conosce le coordinate spazio temporali, non ha passato né futuro, come l’amore che si radica in un tempo immemorabile ma esiste nell’istante di un respiro, nel suo manifestarsi nell’hic et nunc. Una rigenerazione della terra e dell’anima. Una vita sempre nuova e rinnovata.

Ed è questa la speranza dell’ Autrice  “Sotto il gelo / vite nuove stanno sorgendo/ e fra poco la crudezza / il passo cederà / alla tenerezza/ di prodigiosi germogli”.    Ed è così che ogni giorno ci si sveglia dal sonno mentre  il tempo svanisce fra le braccia dell'eternità e le ombre si dissolvono nella luce.
Nuova Vecchia

Modulo di contatto