(Pixabay) |
Un compleanno amaro segnato – sottolinea la Coldiretti – dall’emergenza coronavirus con piu’ della metà delle pizzerie italiane ancora chiuse per il servizio al tavolo nelle regioni non ancora gialle e le altre duramente provate dalle limitazioni negli spostamenti e negli orari di apertura. Una debole boccata di ossigeno è rappresentata – precisa la Coldiretti – dalla consegna a domicilio e poi all’asporto alla quale molti italiani ricorrono pur di non farsi mancare il piatto simbolo del Made in Italy ma pesa lo smart working e l’assenza totale dei turisti stranieri, da sempre tra i più accaniti consumatori di pizza.
A rischio c’è il futuro di 63mila pizzerie con circa 200mila addetti ma le difficoltà – sottolinea la Coldiretti – si trasferiscono lungo tutta la filiera considerato che a pieno regime nelle pizzerie ogni anno si stima vengano impiegati 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro. Senza dimenticare – continua la Coldiretti – il taglio dei consumi di vino e soprattutto di birra che trovano nelle pizzerie un canale privilegiato di vendita. La chiusura forzata dei locali ha avuto dunque un impatto devastante non solo sulle imprese e sull’occupazione ma anche – rileva la Coldiretti – sull’intero sistema agroalimentare che ha visto chiudere un importante sbocco di mercato per la fornitura dei prodotti.
Una dura prova anche per i consumatori italiani che – ricorda la Coldiretti – durante il lockdown non hanno comunque voluto rinunciare provando a farla in casa con il raddoppio delle vendite di preparati per pizze (+101%) nei supermercati secondo l’analisi della Coldiretti su dati Iri. Gli italiani – conclude la Coldiretti – sono i maggiori consumatori di pizza in Europa con 7,6 chili all’anno, e staccano spagnoli (4,3), francesi e tedeschi (4,2), britannici (4), belgi (3,8), portoghesi (3,6) e austriaci che, con 3,3 chili di pizza pro capite annui, chiudono la classifica.
Tags
Economia