L’invidia e i proverbi

(J.H.Flandrin, “Dante con le anime degli invidiosi”)
VITTORIO POLITO - Una massima di Orazio recita: “Invidus alterius macrescit rebus opimis” (L’invidioso si consuma vedendo la prosperità altrui).

Il vocabolario della lingua italiana Treccani definisce l’invidia «Sentimento spiacevole che si prova per un bene o una qualità altrui che si vorrebbero per sé, accompagnato spesso da avversione e rancore per colui che invece possiede tale bene o qualità: avere invidia del successo altrui; provare, sentire, portare invidia contro qualcuno; destare invidia in qualcuno».

Per la dottrina cristiana l’invidia è il secondo dei peccati capitali. Il primo è la superbia. L’iconografia la raffigura come una brutta vecchia con serpi tra i capelli che vorrebbero essere i pensieri malevoli e velenosi, ha uno sguardo sinistro e minaccioso, sul petto si intravede una serpe che avvelena la mammella sinistra (avvelena il cuore).

Per Baltasar Gracián (1601-1658), gesuita, scrittore e filosofo spagnolo, «L’invidioso non muore mai una volta sola, ma tante volte quante l’individuo viene salutato dal plauso della gente». Non dimenticate che Caino uccise Abele per l’invidia, dal momento che non sopportava che il fratello fosse migliore di lui.

Sembra che l’invidia faccia parte della natura umana, per cui gli invidiosi passano, ma ne sopraggiungono altri, come dire che “L’invidia non muore mai”.

Per Dante gli invidiosi sono i penitenti che scontano la loro pena indossando un mantello di panno ruvido e pungente, siedono a terra appoggiati l’un l'altro contro la parete del monte e hanno gli occhi cuciti da filo di ferro che impedisce loro di vedere (mentre in vita essi guardano il prossimo con occhio malevolo).

Ed ora vediamo la sapienza.

“L’invidia non muore mai”. Non riesce a trovar soddisfazione e si perpetua.

“L’invidia è serva, l’ingratitudine è padrona”. L’invidia nasce da un senso di inferiorità, mentre l’ingratitudine è tipica dei ricchi e dei potenti.

“L’invidia adora la mediocrità”. L’invidioso si trova bene solo con chi può considerare inferiore. Quindi ama stare con il mediocre, che, mettendosi al di sotto di lui, fa da pubblico e asseconda la sua vanità.

“Senza invidia, disse l’asino quando vide scannare il porco”. L’aveva invidiato perché, mentre lui lavorava, il porco non faceva nulla, mangiava e beveva. Si dice quando uno fa la fine che si merita, dopo aver fatto del male o esserselo procurato con le proprie mani.

“L’invidiato mangia pane e l’invidioso muore di fame”. L’invidia fa aumentare il desiderio per ciò che non si possiede.

“Chi invidia crepa”. Si dice infatti ‘crepare d’invidia’.

“Invidiare è lavoro da disperati”. Rende meschina l’esistenza, infelice è la persona e chi le sta accanto, grigia e senza gioia la vita.

“Vacca invidiata campò cent’anni”. Essere oggetto d’invidia pare avere effetti benefici, apportando prosperità, fecondità e salute, quasi una beffa per chi s’aspetta il contrario.

“Meglio invidiati che compatiti”. Meglio essere dotati di ciò che suscita invidia (ricchezza, potere, bellezza, fortuna, salute), che trovarsi ad avere quello che genera compassione (miseria, sconforto, sfortuna, malattia).

“Chi ha invidiosi ha pane e chi non l’ha, ha fame”. Chi è invidiato ha anche di che essere invidiato: successo, ricchezza.

“L’invidioso è un autolesionista, che soffre della fortuna e del merito altrui”. (Cesare Marchi, saggista).

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