Rientro sanitario: Palese a Vendola, come hai scelto gli ospedali da chiudere? I sindaci: mannaia ragionieristica

BARI. Ancora baruffe tra maggioranza e opposizione in Consiglio regionale pugliese sul Piano di Rientro sanitario. A sferrare il nuovo fendente al governatore pugliese Nichi Vendola è il capogruppo del Pdl Rocco Palese. Il politico leccese sostiene che “questa mattina in Commissione è emerso chiaramente che il Governo Vendola ha deciso la chiusura degli ospedali pugliesi senza il benchè minimo confronto con il territorio. Molti sindaci - spiega Palese - hanno denunciato che interi territori resteranno privi di assistenza dopo le chiusure. Per essere messi nelle condizioni di esaminare nel dettaglio e discutere il Piano dei tagli, abbiamo quindi chiesto al Presidente della Commissione Sanità, di far trasmettere alla Commissione, copia dell’intera documentazione istruttoria del DDL e dei provvedimenti regolamentari relativi”. Ed aggiunge: “Tutti ricorderanno quando la gloriosa prima Giunta Vendola nel 2006 faceva i tour dell’ascolto in tutti gli ospedali pugliesi promettendo di restituire il maltolto e riattivare tutti i reparti. Tutti ricorderanno anche che a Campi Salentina, solo per non aver ancora rispettato gli impegni del 2005, Vendola fu contestato da Rifondazione Comunista. Nel chiederci come mai oggi i suoi vecchi compagni di partito non gli chiedano conto addirittura della chiusura dell’ospedale, ci auguriamo che tra la documentazione richiesta oggi alla Commissione, ci sia traccia di quanto Vendola e compagni andavano ascoltando in giro per gli ospedali nelle loro passerelle politico – elettorali. Oggi, a 5 anni da quei tour in cui prometteva di riaprire i reparti, Vendola decide di chiudere interi ospedali, ben 18 in tutta la Puglia. Noi contestiamo aspramente questo Piano; come abbiamo detto e proposto in Consiglio regionale, per salvare tutti gli ospedali, a Vendola basterebbe tagliare dell’1% le spese per beni e servizi ed eliminare le spese non sanitarie. Invece ha deciso di confermare tutti gli sprechi e le clientele, di inserire il ticket di un euro a ricetta pure agli esenti, di aumentare le tasse regionali e tagliare solo i servizi ai cittadini”.
Secondo Massimo Cassano (Pdl), invece, la chiusura degli ospedali in questione non è affatto un caso, anzi, “dei 6 ospedali che Vendola ha deciso di chiudere in provincia di Bari, 5 sono in Comuni governati dal centrodestra ed uno, Ruvo, va al voto quest’anno".
"E’ lecito chiedersi - secondo il consigliere barese - se sia questo il criterio adottato dalla Giunta regionale per chiudere gli ospedali, visto che nessun criterio epidemiologico o di fabbisogno o territoriale è stato adottato".
"Il Piano - spiega ancora Cassano - prevede la chiusura degli ospedali di Bitonto, Grumo, Santeramo, Rutigliano e Noci, tutti amministrati dal centrodestra, ma anche la quasi chiusura di Gioia del Colle (che passa da 71 a 32 posti letto) e Molfetta (che scende addirittura da 128 a 12 posti letto) sempre governati dal centrodestra. Interi territori e decine di migliaia di cittadini restano privi di presidi di assistenza, per esempio nel Nord Barese e sulla Murgia dove si prevede di aprire l’Ospedale della Murgia che chissà tra quanti anni sarà pronto".
Gli attacchi di Palese e Cassano, tuttavia, sono solo moscerini per la giunta Vendola in confronto al vespaio causato dai sindaci dei comuni interessati al riordino. Per costoro, intervenuti alla seduta congiunta monotematica odierna della I e III commissione consiliari, il Piano non è nient'altro che “mannaia ragioneristica”.
L’ANCI e l’UPI hanno chiesto in particolare, pur nella consapevolezza della necessità contingente dei tempi brevi che si accompagnano alla definizione del provvedimento, che sia resa effettiva la concertazione istituzionale (con particolare riferimento alla Conferenza dei sindaci delle ASL); che venga garantita una conoscenza dettagliata degli interventi che si andranno a definire con la certezza sui tempi di attuazione e la contestualità dei provvedimenti di dismissione/attivazione dei servizi.
Il piano – secondo molti sindaci – rappresenta un attentato al diritto alla salute costituzionalmente garantito, oltre a costituire un mancato rispetto del Livelli essenziali di assistenza (Lea). I rappresentanti dei comuni hanno sottolineato anche come l’intero provvedimento sia stato calato dall’alto senza alcuna concertazione e condivisione. In molte circostanze sono state completamente disattese le intese stabilite nell'ambito dei PAL (Piani attuativi locali), adottati lo scorso anno in applicazione del Piano della Salute. Provvedimenti “abortiti”, è stato detto. Peraltro sono state previste disattivazioni anche per sedi ospedaliere dove sono state investite in precedenza ingenti risorse finanziarie.

(Vito Ferri)

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