Ruby: il Cav e la rincorsa al processo breve

di Roberta Calò
“Una satira politica da televisione commerciale non adatta ad una platea così vasta ed eterogenea come quella del Festival che fa servizio pubblico. Il direttore generale mi ha dato rassicurazioni sul fatto che le questioni che in questi giorni hanno interessato la direzione artistica del Festival verranno portate all'attenzione del prossimo consiglio di amministrazione”; queste le parole Antonio Verro, consigliere di amministrazione Rai. Lui, estremamente vicino al Premier, ha accolto l’ira del Cavaliere che ha mal visto l’interpretazione satirica della performance di Luca e Paolo con la canzone “Ti sputtanerò”, in occasione del sessantunesimo Festival della canzone italiana.
Lo stesso Pdl ha esordito: “Ci dici di non riuscire a controllare Santoro perché c'è una sentenza del giudice, lo stesso problema c'è per Paolo Ruffini a Raitre ma non è possibile che tu non sia in grado di non far attaccare Berlusconi nemmeno a Sanremo e su Raiuno, rete filo-governativa per eccellenza”.
Mauro Masi smentisce le voci sulle sue possibili dimissioni e nega l’ipotesi di un trasferimento come direttore generale ad un altro ente, quale per esempio l’Eni. Eppure qualcuno già pensa ad un possibile successore quale per esempio Vincenzo Novari, amministratore delegato di 3 Italia.

RUBY ACCUSATA DI FURTO - Chiamata a rispondere delle sue azioni, meno satiriche ma più pubbliche, c'è anche la giovane marocchina Ruby, accusata per il furto di un bracciale di oro nel 2009, quando era ospite del centro estetico messinese Nail Art; l’udienza, fissata per il 23 Febbraio, è stata rinviata al 15 Giugno e il legale della giovane, Alessandro Billè, aveva già anticipato in tale occasione: “Ruby non si presenterà oggi in udienza. L'ho sentita solo quando ero anche il suo difensore e mi è parsa tranquilla. In seguito mi ha comunicato solo di aver dato l'incarico al legale che già la rappresenta in altri casi. Da quello che emerge dalle carte processuali - ha aggiunto Billè - quella del furto del bracciale è un aspetto minore. Ci sarebbero fatti più gravi dove Karima è vittima e che però verranno trattati dalla procura ordinaria”. Ruby, già in precedenza ascoltata dai magistrati, avrebbe negato il furto e avrebbe accusato la titolare del centro estetico di averle chiesto di prostituirsi con i suoi amici uno dei quali avrebbe tentato di violentarla.
La ragazza, tra le molteplici dichiarazioni, avrebbe sostenuto perfino che ai festini di Arcore avrebbero partecipato anche Elisabetta Canalis, George Clooney, Barbara D’Urso; tutte informazioni smentite dai singoli vip. La stessa Canalis avrebbe ritardato la sua partenza per Los Angeles per chiarire la questione con il magistrato Ida Boccassini.

LE POLEMICHE SUL PROCESSO BREVE - Giunge intanto la calendarizzazione sul processo breve per il 28 Marzo; “Sono proprio curioso di vedere cosa farà la Lega” ha esordito Bersani “La Lega grida: 'Federalismo, federalismo'; ma io gliel'avevo detto: 'Voi tenete in mano una bandierina poco credibile, e intanto vi fanno votare il processo breve. Voglio vedere cosa farà la Lega anche perchè questa volta non gliela faremo passare”.
Il capogruppo del Pd in commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti, ha commentato la decisione affermando: “Se il processo breve dovesse mai diventare legge, scatterebbe la prescrizione processuale anche per i reati puniti con l'ergastolo: quelli che di solito non sono prescrittibili. Ma non basta. Il combinato disposto di questo testo con quello votato la scorsa settimana a Montecitorio, che impedisce il rito abbreviato per i reati puniti con l'ergastolo determinerà un allungamento consistente di quei processi che rischiano così di incappare nella tagliola della prescrizione processuale''. ''Sarebbe bello capire - conclude l’esponente del Pd- con quale faccia le Lega si presenterà in Aula a sostenere un provvedimento che rischia di vedere cancellati persino i processi per reati gravissimi come quelli puniti con l'ergastolo. E cosa dirà alle vittime che non otterranno mai giustizia”.
A quanto pare la Consulta della giustizia avrebbe concordato sull’approvazione in tempi rapidi dei provvedimenti sul processo breve e sulle intercettazioni telefoniche, e lo avrebbe fatto attraverso la voce di Enrico Costa: “'La Consulta si e' anche trovata d'accordo nell'avviare subito le procedure per sollevare conflitto d'attribuzione e la questione dell'improcedibilità viste le gravi violazioni che ci sono state da parte del tribunale di Milano in materia di competenza. Domani mattina la Consulta della giustizia del Pdl tornerà a riunirsi per esaminare con attenzione i testi dei due provvedimenti che si intendono approvare in tempi rapidi: quello delle intercettazioni e quello del processo breve. Martedì prossimo - conclude il parlamentare del Pdl - la Consulta della giustizia tornerà a confrontarsi con il ministro Guardasigilli, Angelino Alfano, in materia di riforme costituzionali”.

LO STALLO DELLE RIFORME - Tra faccende giudiziarie e faccende politiche, Berlusconi ha da difendersi su molteplici fronti; il Premier, in materia di provvedimenti, si è espresso in questi termini: “Di decreti non ne parliamo più. I decreti devono avere un consenso totale. Non è più nella nostra disponibilità perché ci vuole la firma del capo dello Stato”.
Il Cavaliere giudica, in occasione di un intervento agli Stati generali di Roma Capitale, che con l'assetto costituzionale previsto dall'attuale Carta “al governo rimane solo il nome e l'immagine del potere”. Tra l’altro, a suo parere, le riforme sono impossibili perché debbono passare alla firma del capo dello Stato e poi vengono profondamente modificate dal Parlamento e così un testo varato dal Consiglio dei ministri da “focoso destriero purosangue” si trasforma in “ippopotamo”.
Il Cavaliere, che trascina il Paese plasmando la sua materia come un demiurgo, ha dichiarato: “Quando leggo articoli di ottimi editorialisti che rimproverano noi che siamo al governo di non aver fatto le riforme mi viene una gran voglia di raccontare perché non si riescono, nella situazione in cui siamo, a fare le riforme, perché il nostro governo, come tutti i governi precedenti è dentro un assetto istituzionale che è stato determinato dai padri costituenti che, giustamente, per non rendere possibile, dopo il ventennio, un regime dittatoriale, spartirono il potere tra il presidente della Repubblica, il Parlamento, e la Corte Costituzionale. Al governo rimane soltanto il nome e la pura immagine del potere. Vi assicuro che chi occupa la presidenza del Consiglio di potere non ne ha alcuno”.
E nonostante il Premier abbia affermato di non aver alcun potere nelle sue mani, si è da sempre sentito in diritto di giudicare e puntare il dito contro qualsiasi forza di giustizia o di governo; in merito alle procedure processuali Berlusconi ha affermato: “Come prescrivono la legge e la Costituzione, entro 15 giorni dall'inizio delle indagini la Procura avrebbe dovuto trasmettere tutti gli atti al Tribunale dei ministri, l'unico competente per tutte queste vicende. È gravissimo, ancora, che la Procura voglia continuare a indagare pur non essendo legittimata a farlo. Tra l'altro la Procura di Milano non era neppure competente per territorio. Infatti il reato di concussione mi viene contestato come se fosse stato commesso a Milano. Questo è palesemente infondato poiché il funzionario della questura che ha ricevuto la mia telefonata in quel momento era, come risulta dalle stesse indagini, a Sesto San Giovanni. Quindi la competenza territoriale era ed è del Tribunale di Monza”.
Sulle modalità d’azione delle forze dell’ordine il Cavaliere ha aggiunto: “Gli stessi Pm. che hanno ordinato con uno spiegamento di forze di almeno 150 uomini una imponente operazione di perquisizione contro ragazze colpevoli soltanto di essere state mie ospiti in alcune cene (...) Queste perquisizioni nei confronti di persone che non erano neppure indagate ma soltanto testimoni sono state compiute con il più totale disprezzo della dignità della loro persona e della loro intimità. Sono state maltrattate. Non c'è stata nessuna concussione, non c'è stata nessuna induzione alla prostituzione, meno che meno di minorenni. Non c'è stato nulla di cui mi debba vergognare. C'è solo un attacco gravissimo di alcuni pubblici ministeri che hanno calpestato le leggi a fini politici con grande risonanza mediatica” e della costituzione “Nella mia casa da sempre svolgo funzioni di governo e di parlamentare, avendolo addirittura comunicato alla Camera dei deputati sin dal 2004, e la violazione che è stata compiuta è particolarmente grave perché va contro i più elementari principi costituzionali”.

L'ATTACCO DI FAMIGLIA CRISTIANA - Dopo il paese, il popolo e la televisione ora si ribella anche la dimensione cattolica del giornalismo; il magistrato Adriano Sansa nella versione on-line di Famiglia Cristiana non ha risparmiato critiche al Premier: “Stiamo per ottenere un singolarissimo risultato, un primato nella storia: una democrazia che si scioglie, si auto-affonda; una cittadinanza che rinuncia a istituzioni conquistate con fatica e drammatici passaggi perde l'orgoglio di sè e si consegna a un capo. Che la tratterà come ora tratta le donne”.
“Un uomo contro tutti - prosegue - il potere economico, mediatico, politico di uno contro lo Stato. Il Governo che sottomette il Parlamento e attacca la Magistratura e la Corte costituzionale. In aggiunta, un esempio riprovevole di condotta privata di un uomo pubblico posto ai vertici dello Stato. La complicità di molti cittadini lo lascia fare”. “Impazziti. Così sembreremmo a chi arrivasse d'improvviso tra noi. E così sembriamo alle democrazie occidentali nostre amiche. Usciti dal fascismo, capaci di una formidabile ricostruzione morale e materiale, vincitori sul terrorismo, progrediti con istituzioni fondate su una bella Costituzione, abbiamo preso a demolire la nostra casa: la patria, nell'anniversario dei suoi 150 anni”.
“Questo - conclude Sansa - significa il rifiuto del processo da parte di Berlusconi. Il tentativo di far passare l'intervento abusivo a favore di una ragazza minorenne a lui gradita per atto di Governo ha sfidato il senso comune, ma non senza un motivo. Il trasferimento del processo al Tribunale dei ministri implica l'autorizzazione a procedere, che sarebbe negata dalla maggioranza compiacente: quindi, mira all'impunità”.

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