Addio al giovane Maestro centenario

di Ilaria Stefanelli - Oggi è morto il grande regista portoghese Manoel de Oliveira. Di lui ci piace ricordare "Un film parlato". E' il racconto del viaggio nel Mediterraneo di quattro donne, fra le quali Irene Papas: dal Portogallo a Marsiglia, da Napoli, alla Grecia, Istanbul e l'Egitto. Benché ciascuna parli la propria lingua, viene compresa dalle altre con assoluta naturalezza. Una babele dell'Europa colta, dove la lingua non è ostacolo, ma prezioso veicolo di cultura e di civiltà. Alle donne si unisce il capitano della nave e la conversazione prosegue in una lingua comune, l'inglese, che si è imposto sul greco, parlato ormai soltanto in Grecia, ma che racchiude le radici della civiltà occidentale.

De Oliveira ragionava per immagini con una sincerità che disarmava gli occhi, resta forte un suo personalissimo concetto, più volte ribadito durante le innumerevoli interviste, alle quali si concedeva con una riservatezza tipica di chi spia il mondo da un obiettivo: Il cinema deve essere sincero per trasmettere autenticità.

De Oliveira era un uomo e un regista sincero, innamorato delle immagini, come dei suoi personaggi, che ritraeva con abilità da vero documentarista, senza orpelli inutili.Nato il 12 dicembre del 1908 in piena notte, tanto che il padre dovette aspettare l'apertura degli uffici pubblici al mattino successivo, de Oliveira era il terzo figlio di un industriale di passamanerie benestante. Così Manoel Candido Pinto de Oliveira (questo il suo nome per esteso) aveva il destino segnato fin dalla nascita, sia perché nasceva all'interno della tradizione del cinema lusitano, sia perché, fin da ragazzino, fu incoraggiato dai genitori a 'svagarsi' con lo spettacolo. Ad appena venti anni esordì con successo con il suo folgorante DOURO, FAINA FLUVIAL.

Un esordio che gli valse il plauso incondizionato di Luigi Pirandello e della critica francese, ma che non bastò a far decollare la sua carriera. Appassionato di auto da corsa e refrattario alla dittatura di Salazar che gli chiuse tutte le porte per produrre film, de Oliveira si dedicò per un periodo alla ditta di famiglia specializzandosi nella produzione vinicola. Dopo alcuni documentari, rimasti quasi sconosciuti, arrivò poi il suo primo lungometraggio (ANIKI-BOBO del 1942) che non fu notato più di tanto. Stesso destino per ATTO DI PRIMAVERA, che restò pressoché anonimo. Solo con la morte di Salazar e la RIVOLUZIONE DEI GAROFANI del 1974 il regista trovò un riconoscimento internazionale.

Fu così che Manoel de Oliveira, all'età di 66 anni cominciò la sua vera carriera. E da allora il suo passo da ragazzo in pensione gli fece produrre un film l'anno, vincendo praticamente tutto ciò che un regista europeo può vincere: per ben due volte il Leone d'oro alla carriera a Venezia, la Palma d'oro a Cannes, il Pardo d'onore a Locarno. Una fama, la sua, certamente legata alla 'tetralogia degli amori frustrati' che realizzò negli anni '70 per approdare al trionfo di FRANCISCA nel 1981. Fu il raffinato LE SOULIER DE SATIN del 1985, sette ore di teatro filmato dal testo di Paul Claudel, a sbalordire tutti alla Mostra di Venezia.

Tra i suoi attori di riferimento, oltre a Leonor Silveira e Luis Miguel Cintra, troviamo Bulle Ogier, Catherine Deneuve, Irene Papas, John Malkovich, Chiara Mastroianni (una sua scoperta) e ancora Michel Piccoli per il quale de Oliveira scrisse dapprima PARTY (1996) e poi RITORNO A CASA (2001) e Marcello Mastroianni che diresse nel 1997 in VIAGGIO ALL'INIZIO DEL MONDO. Solo l'anno scorso al Lido aveva presentato un delizioso corto di 19 minuti fuori concorso dal titolo O VELHO DO RESTELO che non è altro che una riflessione sui due capolavori della letteratura iberica, I Lusiadi del portoghese di Luis de Camoes e il 'Don Chisciotte' di Miguel de Cervantes che chiudono il periodo cavalleresco, segnando di fatto la fine della potenza navale spagnola come di quella portoghese.

Il maestro esce di scena, lasciando il cinema (che non lascerà lui). Quel cinema che, in poche parole, aveva descritto come "una riflessione sull'umanità" e che usava (come le altri arti) come ispirazione, il teatro e la letteratura prima di tutto. Un tarlo che non lo aveva mai abbandonato e che metteva in ogni suo lavoro. Panama bianco, passo lieve, modi da eterno gentiluomo, sempre attratto dall’universo femminile, de Oliveira continuerà ad essere presente e vivo nella storia del cinema mondiale, anche adesso che la sua tenacissima luce si è spenta, lasciando un’ eredità artistica ineguagliabile.

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