Bari, ripartire da questo fallimento. Anno zero: ma quanti errori…

di Davide Abrescia - C’era una flebile speranza nel cuore dei tifosi biancorossi, questa dipendeva dal risultato di Avellino- Pescara, finita 2-1 per i biancoverdi. Tre punti per gli uomini di Rastelli che agguantano l’ottavo posto ed aumentato il gap dei biancorossi dall’ottavo posto a 6 punti. Ora l’unica speranza è quella della matematica, ma anch’essa si riduce allo 0,01% (se si volesse quantificare questa piccola speranza), i biancorossi hanno 6 punti da recuperare e gli scontri diretti a sfavore quindi devono terminare il campionato con un punto in più dell’Avellino, recuperare 7 punti su 9 a disposizione diventa quasi impossibile, anche in caso di tre vittorie il Bari deve sperare che l’Avellino ne faccia meno di 3.

Insomma, lo scenario si fa difficile per i biancorossi. Ora però ci sono da tirare le somme, questo è stato definito da molti “l’anno zero” di questa società neonata ma non per questo non va sottoposta alle critiche. A poche giornate dal termine va evidenziata l’assenza di un progetto tecnico: due cambi di allenatori con moduli diametralmente opposti. Si è partiti con il 4-4-2, per poi continuare sulla strada del 4-3-3,. Dopo il fallimento di Mangia, Paparesta ha deciso di puntare su Nicola che inizialmente intraprendeva il 3-4-1-2 ( 3-5-2, 3-4-3) e per poi tornare di nuovo al 4-3-3 senza gli uomini giusti.

Il Bari di Nicola è tornato al 4-3-3 dopo aver venduto Daniele Sciaudone, perché non funzionale al 3-4-1-2, il centrocampista ora in forza al Catania si è dimostrato nel centrocampo a 3 uno dei migliori in Serie B. La sua cessione dimostra la confusione tattica portata avanti dal binomio allenatore- direttore sportivo. Il 4-3-3 intrapreso da Nicola, chiaramente non il suo modulo prediletto, non è stato quello spettacolare ed efficace portato avanti prima da Torrente e poi da Alberti e Zavettieri, sia per incapacità dell’allenatore sia per assenza degli uomini chiave. Il famoso modulo, tanto desiderato dalla piazza, è diventato una gabbia da cui il Bari non è riuscito a liberarsi, per applicare questo modulo il tecnico ex Livorno ha dovuto snaturare diversi uomini ed adattarli a ruoli non propri: Schiattarella da terzino a regista, Marco Romizi mezz’ala, De Luca esterno del tridente e Caputo unica punta a lottare in mezzo alle maglie avversarie.

Tanti cambi per non vedere mai il Bari giocare in maniera fluida e sciolta. I tanti cambi hanno, probabilmente, destabilizzato uno spogliatoio non troppo unito che prima non è riuscito a compattarsi attorno a Mangia e poi ha avuto degli screzi con Nicola.( Contini, Camporese ed Ebagua). L’assenza di un uomo- spogliatoio, rappresentato gli ultimi anni da Guido Angelozzi, si è fatta sentire. Il Bari di Paparesta deve ripartire da questi errori, deve ripartire dagli uomini veri e da gente capace ed esperta.

L’anno zero è finito, la pazienza dei baresi, come ben saprà il presidente Paparesta, non è tanta. Bari è una piazza che o ti ama o odia. Non conosce le mezze misure, Bari è capace di bruciare ciò che è di buono stato fatto in poco tempo. Questa volta però a bruciare ciò che di buono è stato fatto negli ultimi 12 mesi è stata la nuova gestione. In 12 mesi il Bari è passato da un fallimento amministrativo ad uno tecnico. Ed ora qualcuno si affiderà alla celebre frase: ”Si stava meglio quando si stava peggio”. Le emozioni provate 12 mesi fa sono irripetibili e molti rimpiangono ancora la gestione affidata tifosi, del calcio sano e senza secondi fini.

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