“La Polis? In Tunisia, il centro della Terra”

di Francesco Greco - ROMA - Soffiano venti di guerra globale, terrore sparso nei Continenti, sangue e morte ogni giorno. L'input è di radice religiosa: i salafiti rappresentano l'ala radicale e conservatrice dell'Islam, delle radici, la purezza del tempo di Maometto e le prime tre generazioni. Interpretano il Corano alla lettera, o meglio: a modo loro, e applicano la sharia, la legge islamica. Per cui la nostra ambasciata al Cairo, o un resort innocente in Tunisia, dove la gente prende il sole e i bambini fanno castelli di sabbia, diventa “tana di fornicazione” e le donne sono “streghe” da sgozzare.

In realtà la religione è solo il punto di partenza e il progetto è politico: il Califfato copia di quello di Cordoba (Spagna) del XII secolo. L'Isis è nata nel 2011 da una scissione di Al Queda che aveva una forte impronta anti-occidentale. Il sogno di Al Baghdadi invece è islamizzare l'Europa, appunto, il Califfato. Ha finanziamenti di miliardi di $ da Qatar, Arabia Saudita, Dubai, Kuwait, ecc.

Per riuscirci intende azzerare la civiltà, stop and go, e ripartire da zero. Perciò le sue milizie (oltre 25mila gli jiadisti occidentali sedotti dalla radicalità del suo “manifesto”) si accaniscono sui monumenti. Il marketing prevede anche lo spettacolo live della decapitazione dei prigionieri, il taglio della gola, siano arabi che occidentali. E le madrasse lavorano h24, indottrinando gli adepti. Il Califfato invece è sorto fra Iraq, Libia e Siria esattamente un anno fa.

Che fare mentre sul web si posta la bandiera nera sul Colosseo, in una guerra mediatica condotta da menti raffinate? L'artista Roberto Panico, pugliese di nascita e romano di adozione, da decenni ha ideato e porta avanti il progetto della Polis Universale (foto), un simbolo di coesistenza pacifica di tutti i popoli e tutte le confessioni religiose del pianeta che ha pensato per la piazza di un quartiere periferico di Roma e per il Sud Italia.

Fra i postulati estetici che reggono il progetto artistico e politico, però, ce n'è uno: inizialmente Panico (che per 20 anni a Roma ha gestito una galleria d'arte a Piazza del Popolo, proponendo l'opera di artisti di fama mondiale) pensò la “Polis” da collocare in una location al centro della Terra. E qual è il centro della Terra? La Tunisia. Si, il paese più occidentale e laico del Maghreb, dove la primavera araba è riuscita nell'intento di rinnovare la politica, la società, la cultura, la governance.

E dove il 26 giugno, nel venerdì del Ramadan, a Sousse (a 100 km da Tunisi), il killer arrivato col gommone, studente modello di Ingegneria, ma soprattutto del Corano fondamentalista, ha mitragliato 38 tranquilli turisti europei stesi sulla sabbia e anche all'interno dell'Imperial Hotel. A marzo scorso, il terrore al Museo del Bardo stroncò 22 vite. Il presidente tunisino Beji Caid Essebsi ha chiuso 80 moschee e rafforzato le misure di sicurezza nei luoghi del turismo.

E proprio alla sua persona si rivolge Panico: “Chiedo al Presidente di prendere in considerazione l'idea di innalzare la Polis Universale nel suo Paese: il centro della Terra affacciato sul Mediterraneo, che ha bisogno di pace”.
Perché? “Perché essa è un simbolo interreligioso, significa dialogo e pace per il mondo e i popoli, tutti i popoli, oggi che la nostra civiltà è in pericolo, in questo momento storico così difficile, a questo aspirano e la Polis emana energia di pace e di coesistenza pacifica. Chiediamo al Presidente Essebsi di discutere la nostra idea”.

La Polis quindi per Panico si trasfigura “in un'àncora attorno cui l'umanità si raccoglie per confrontarsi pacificamente”. E quindi un'occasione di dialogo e confronto. Corsi e ricorsi, non è la prima volta che la Storia offre di questi scenari. Nel contesto delle Crociate, dello scontro fra Occidente e Oriente, San Francesco nel 1219 andò nel deserto attorno a Damietta (Egitto) sotto la tenda del Sultano d'Egitto al-Malil al-Kamil, e dieci anni dopo, 1229, lo stesso fece Federico di Svevia: mentre infuriava la battaglia fra Cristiani e Musulmani, incontrò anche lo stesso Sultano d'Egitto.

Il dialogo quindi è un archetipo del confronto fra popoli, culture, etnie, religioni affacciate sul Mediterraneo. E se si parlassero all'ombra della “Polis Universale”? Magari un punto d'incontro, di coesistenza pacifica c'è e bisogna cercarla.

Posta un commento

Nuova Vecchia

Modulo di contatto