Bellezza e mistero: le mille facce del Salento

di FRANCESCO GRECO — E' la sindrome di Stendhal. Turbati e felici di vivere in una terra, il Salento, ancora da scoprire. Il fascino è rimasto immutato nel tempo. Semmai, arrabbiati con noi stessi per quello che non abbiamo saputo conservare, che abbiamo devastato, brutalmente rimosso: ci sono stati anni, decenni di feroce iconoclastia in cui ci siamo accaniti in nome di una modernità equivoca e alienata in cui oggi siamo a disagio. Ma anche responsabili per quel che resta, coscienti di doverlo difendere per consegnarlo a chi verrà dopo di noi.

“Il trekking nel Salento” (Itinerari a piedi fra natura, paesaggio e cultura), di Riccardo Rella e Rita De Matteis, edizioni Botanica Ornamentale, Maglie 2015, pp. 254, euro 18 (in collaborazione con Speleo Trekking Salento) offre uno sguardo universale sulla “terra fra due mari”, “orgogliosa”, semanticamente affollata: crocevia di storie, popoli, culture, religioni, etnie, epos ed etos, narrazioni e appartenenze, affabulazioni ricche di pathos.

Dna complesso, barocco, polisemico che corre nel nostro sangue e nello sguardo, talvolta anche inconsciamente: è l'aria, la luce,il vento, le voci delle “passate genti tornano / a viver gloria e dignitate” (basterebbe un po' della seconda).

Riccardo Rella (suoi questi versi) è un personaggio unico, prezioso, enciclopedico. Di se stesso dice: “Sono aperto H24”. E anche la sua vecchia utilitaria è sempre in moto, pronta per condividere uno scorcio, una nuova grotta, una cripta sconosciuta.

Conoscerlo è tutt'uno con l'essere messi a parte di mille segreti sul Salento (i Romani lo chiamavano “Calabria”) ignoti anche a noi salentini. Rella ha monitorato tutto il territorio, gli angoli più nascosti, meno battuti dal turismo di massa mordi e fuggi, quelli dove è ancora possibile ubriacarsi di silenzio, tendere l'orecchio per ascoltare le voci del passato, remoto e prossimo.

Lo sguardo di questa guida del territorio è multiforme, e ben lo dice Giovanni Giangreco (Soprintendenza ai Beni Architettonici e Paesaggistici di Puglia). Infatti nella prefazione parla di “contatto con le pietre e con la terra, con gli alberi, le macchie, i canali, le serre, gli animali, gli uomini, i Santi e le cose...”.

Rivaluta un senso del tempo finalmente liberato, che pulsa di un'antica modulazione, di cui ci si riappropria per sottrarsi alla schizofrenia che ci avvolge come infido peplo.

Vastissima la bibliografia, corredo fotografico che lascia senza respiro. (Credits: Ezio Sarcinella, Andrea Camassa, Paolo Graziosi foto; Antonio Perulli, Silvana De Castro, Antonio Adamo, Andrea Nicolini, il grande poeta neritino Lorenzo Martina, Silvestro Micocci).
E dunque, scarpe chiuse e zaino in spalla, alla scoperta degli angoli del Salento rivisti, ritrovati con occhi nuovi: dal Ciolo alla cripta di Sant'Apollonia (San Dana), passando per Castrum Minervae e la Valle dei Cervi di Badisco, ovviamente Otranto e la Valle dell'Idro, Acaya, l'eremo della Madonna del Casale (Ugento), San Giovanni a Giuggianello, i megaliti di Giurdignano, sino alla Grecìa salentina.
Cammina, cammina, cammina...

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