Domani è un altro giorno: la recensione

di FREDERIC PASCALI - La normalità della vita a volte scivola via senza darci il tempo di rendercene conto pienamente, senza la possibilità di riconoscerla se non quando ormai è troppo tardi. Simone Spada ne affronta le sfumature più complesse confermando la spiccata sensibilità registica e l’attitudine alla sintesi dei sentimenti. “Domani è un altro giorno”, dramedy sceneggiato da Luca Vendruscolo e Giacomo Ciarrapico, è il remake di “Truman - un vero amico è per sempre”, un successo spagnolo – argentino del 2015. 

La storia, praticamente uguale alla versione originale, narra le vicende di due grandi amici che loro malgrado la vita costringe a dirsi addio. Tommaso vince la sua paura di volare e dal Canada, dove vive ormai da anni, torna a Roma per incontrare Giuliano, malato terminale di un cancro ai polmoni. Spronato da Paola, la sorella di lui, Tommaso ha a disposizione 4 giorni per convincere l’amico a non interrompere le cure e sperare ancora.

I confini di una grande amicizia, le tante facce del dolore, la solitudine del morente, la disperazione dell’amore sono gli ingredienti fondamentali di cui si nutre “Domani è un altro giorno” senza mai tracimare nell’enfasi o nella recitazione sopra le righe, semplicemente affidandosi al naturale corso delle emozioni. In questo piano d’intenti fondamentale è il ruolo dei due protagonisti interpretati da Marco Giallini, “Giuliano”, e Valerio Mastandrea, “Tommaso”. La coppia, come il resto del cast, funziona egregiamente e porta in dote una complicità innata che ben tratteggia i profili dei loro personaggi. La loro naturale carica di disincantata ironia, frutto anche di una “romanità” mai assente, al momento giusto sopperisce a qualche dialogo troppo vicino ai margini del “me l’aspettavo”. In uno scenario complessivo tenue e mai frenetico, la macchina da presa sembra voler fermare il tempo, custodire il più a lungo possibile ogni istante, far dimenticare il senso della fine. La fotografia complice di Maurizio Calvesi ne disegna la luce delle strutture portanti, senza scossoni, senza iperboli, rispettandone il dolore e la presa di coscienza.

Posta un commento

Nuova Vecchia

Modulo di contatto