San Dana, agorà del Mediterraneo

di FRANCESCO GRECO - SAN DANA (LE). Lo smarrimento di Enea, il dramma di un uomo senza patria, che decide di cercarne un’altra navigando verso nord, fra i cupi marosi del destino, nelle mani degli dèi, è nelle note ispide e struggenti dei ragazzi del Conservatorio “Tito Schipa” (i nostri amici di Valona dicono che Schipa vuol dire “aquila”). 

Musica scritta da un ragazzo albanese, Neidd Shena (“Sul cammino di Enea” per violino, violoncello e pianoforte), e un cinese, Huyng Huang, fra la sapienza di Confucio e le suggestioni esoteriche di Girolamo Comi (“Cantico del tempo e del seme”, melologo per voce recitante, violino, violoncello e pianoforte, versi del 1930), che studiano a Lecce (classe di composizione diretta dal m° Giuseppe Gigante). 
  
E’ bella e lieve la prof. Luisa Cosi nel suo vestito nero mentre svela il background di “una musica sperimentale: sonorità moderne, urticanti” e abbozza il cv dei talentuosi musicisti fra le collaborazioni con Riccardo Muti e l’Accademia di Santa Cecilia: i fratelli Christian (violino) e Gabriele Musio (violoncello) e Giovanni Romano (pianoforte).  

Dal leggio, l’attore Paride Napolitano (da Taviano, II anno Dams di Lecce: altra eccellenza), si impadronisce della notte unta di sale: la voce forte e sicura richiama Carmelo Bene, legge dall’Eneide: Virgilio cattura il suo tormento, versi che paiono scritti ieri, l’ansia per un domani ch’è un buco nero. E’ il vecchio padre Anchise (sulle sue spalle), più che il figlio Ascanio, che lo sprona a osare (“spiega le vele del destino”), sognare altri lidi, popoli, civiltà, perché la fine può essere un nuovo inizio.

Affollata di colori e odori, di voci e storie, la piazza di San Dana (borgo all’ombra del faro di Leuca) echeggia di biscrome e idiomi: le lingue di oggi e di ieri (messapico e illirico) si intrecciano in un mood denso di semantica e un futuro ch’è già qui. Bambini albanesi giocano con quelli del paese, le ragazze di Tirana filmano col cellulare, il vento carezza i bei capelli rossi di Albana Baba, la traduttrice che ha studiato a Lecce e oggi lavora a Ostuni. Con lo spelling ci si scambia la mail, il cellulare, si promettono amicizie su Facebook. E’ la diplomazia popolare, dal basso: la migliore.    

Benvenuti a San Dana 2019, inquieta agorà del Mediterraneo: quest’anno i popoli arrivano “Sulla rotta di Enea” (tra mito e storia), per dialogare all’ombra del Santo di Valona che dà il nome al paese e della deliziosa chiesetta. 

Anche quest’anno le infaticabili, preziose signore del comitato-festa hanno lavorato e fatto le cose per bene, per figurare con gli ospiti importanti venuti dall’altra sponda: Pietrina Cagnazzo, Anna Lecci, Lucia Coclite, Lidia Corvaglia, con Luigia Cagnazzo.

Lo psicologo Antonio Biasco (Associazione “Ponti non muri”), che ha pensato l’evento (sostenuto da: Camera dei Deputati, Consolato Generale d’Albania, Regione Puglia, Città di Valona, Provincia di Lecce, Comune di Gagliano, Conservatorio “Schipa”, Confindustria Albania, Unione dei Comuni “Terra di Leuca”, Moncafè Taranto, ecc.), ci ha lavorato un anno intero: ha trovato nuove password e contaminazioni carsiche per dare pathos al dialogo fra popoli, culture, confessioni religiose, visioni, utopie.        

“San Dana può essere il simbolo delle relazioni che sono state e che vogliamo costruire in futuro”, premette lanciando l’idea della dedica a San Dana del bellissimo lungomare di Valona e di un gemellaggio con l’Unione dei Comuni “Terra di Leuca”. 
  
Dopo i saluti del sindaco di Gagliano, Carlo Nesca, ha preso il via un vivace, articolato dibattito sullo status quo fra Adriatico e  Mediterraneo al tempo delle grandi migrazioni e le prospettive all’orizzonte.        

Mons. Vito Angiuli (Diocesi Ugento-S. Maria di Leuca) ha rammentato i 200 ragazzi albanesi accolti dal seminario di Molfetta nel 1991, quando a Bari giunse il “Vlora” e che si integrarono con quelli italiani che studiavano per diventare sacerdoti (don Tonino Bello ebbe un ruolo propulsivo), un melting-pot fra “città sorelle e popoli parenti…” (Virgilio) che sarebbe utile analizzare, attualizzare. 

“Molti italiani sono in Albania, per turismo o per investire, e si sentono come a casa loro – ha ricordato Artur Beu, antropologo, Consolato Generale di Bari – tante cose ci accomunano: gli italiani ci hanno aiutati quando volevano portarci all’estinzione…”. 

“I legami di sangue con l’Italia sono antichi, gli albanesi hanno trovato sul suolo italiano la loro seconda patria”, ha fatto eco Ylber Hysi (in albanese Ylber significa arcobaleno), studioso di storia e le bellezze dell’Albania finite in 7 libri molto belli in due lingue: la sua e l’inglese, testi e foto. Ottimamente tradotto da Albana, ha rifatto la storia dell’Albania e delle relazioni con l’Italia. 

Abbiamo così scoperto Luigi Ugolini che fu a Tirana durante il fascismo (1924-1930) e fece importanti scoperte archeologiche. Che quando Garibaldi giunse al Sud molti italo-albanesi si arruolarono e furono protagonisti del nostro Risorgimento. Inoltre, che il vescovo più giovane al mondo è albanese, si chiama Giorgio Metha, circa 40 anni e ha studiato a Molfetta. 
  
Ylber è un bel personaggio, appassionato nelle ricerche. A notte tarda ha “scoperto” le frise col pomodoro quando Anna Febbraro e Lidia gliele hanno offerte per cena. “Da San Dana parte una lezione di accettazione dell’altro così com’è…”, ha aggiunto Dritan Leli, sindaco di Valona. 
  
Studiosa delle seconde generazioni albanesi, in Italia da quando aveva 11 anni (vi giunse con la madre), Geri Ballo è una donna forte e determinata: lavora all’Ambasciata a Roma: “Gli italiani hanno sempre trattato i migranti con grande sensibilità... Da Enea a oggi, la storia si ripete e i muri la fanno da padroni. Il messaggio che parte da San Dana è di mettere al centro l’uomo, come ripete Papa Francesco. E di non rassegnarsi, di costruire ponti, non muri, per il futuro dei nostri figli”. Një urë mes dy brigjeve. Un auspicio per l’edizione 2020. 

(Foto di Andrea Biasco)
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