#BARILIBERADALLEMAFIE, il sit-in contro le mafie in solidarietà alla giornalista Mazzola

BARI - In occasione dell'udienza di rinvio a giudizio per l'aggressione mafiosa subita dalla giornalista Maria Grazia Mazzola da parte di una esponente del clan Strisciuglio, associazioni, società civile, sindacati, cittadini e cittadine si danno appuntamento, giovedì 16 gennaio, alle ore 9.00, davanti al Tribunale penale di Bari (Viale Saverio Dioguardi n. 1).

In vaste zone del Paese un vero e proprio contropotere criminale, fondato sull’accumulo di beni e di ricchezze illegali, si oppone, attraverso l’uso della violenza, alla legalità democratica, negando i più elementari diritti di cittadinanza, tentando di piegare ai suoi scopi le istituzioni democratiche, inquinando la società e l’economia.

Per sua mano sono caduti poliziotti e carabinieri, magistrati, uomini politici, commercianti, imprenditori, semplici cittadini e persino bambini e bambine. A causa sua, nel nostro paese, decine di giornalisti, e non solo, vivono sotto scorta.

Le mafie non sono solo un problema di ordine pubblico, né costituiscono un pericolo solo per le regioni meridionali. Esse rappresentano la più forte insidia alla convivenza civile, alla saldezza e alla credibilità delle istituzioni democratiche, al corretto funzionamento dell’economia.

Il 9 febbraio 2018 la giornalista Maria Grazia Mazzola veniva aggredita, nel quartiere Libertà di Bari, dalla moglie del boss Lorenzo Calderola condannata in Cassazione per 416 bis, che le sferrava un cazzotto sulla guancia sinistra perché infastidita dalle domande che la giornalista le rivolgeva nell’ambito di un’inchiesta sulle baby gang e la criminalità in Puglia. In particolare la giornalista poneva domande sul figlio della mafiosa, Ivan Caldarola, rinviato a giudizio per stupro nei confronti di una bambina di dodici anni.

Dopo il pugno in pieno viso, la Laera minacciava di morte Maria Grazia Mazzola. Il tutto si svolgeva in strada, su suolo pubblico, e veniva ripreso da ben tre telecamere.

Nonostante l’evidenza dei fatti, la mafiosa Laera decise di querelare la giornalista Mazzola per diffamazione e molestie, tentando di stravolgere la dinamica dei fatti e passando da aggressore a vittima.

Lo scorso 3 dicembre 2019, con la sentenza di archiviazione, il Gip Giovanni Anglana ha reso giustizia precisando che l’appartenenza di Laera e Caldarola alla criminalità organizzata di stampo mafioso, «è stata accertata giudizialmente» e il fatto che l’inviata del Tg1 l’abbia sottolineata in alcune circostanze, non è «una mera illazione della giornalista».

Inoltre a Bari, Maria Grazia Mazzola si era recata nel quartiere Libertà, qualificandosi come giornalista, per strada, nei pressi dell’abitazione di Laera e Caldarola, limitandosi a «chiedere informazioni circa la residenza di Caldarola e la vicenda giudiziaria che aveva interessato il figlio Ivan» (falsa l’accusa che la Mazzola aveva tentato di entrare nella casa privata della Laera, non rispettando il lutto per la morte della nonna).

La giornalista Maria Grazia Mazzola non diffamò pertanto la donna ma esercitò il corretto esercizio del diritto - dovere di cronaca.

Parallelamente va avanti il processo penale contro la donna. Nel novembre 2018 la Procura di Bari ha chiuso le indagini preliminari, riconoscendo il carattere mafioso dell’aggressione subita dalla giornalista. La pm Lidia Giorgio della Direzione distrettuale antimafia di Bari ha contestato alla moglie del boss del quartiere Libertà il reato di aggressione con l’aggravante mafiosa nell’esercizio del controllo del territorio nel quartiere Libertà di Bari, lesioni e minacce di morte nei confronti della giornalista Maria Grazia Mazzola. La consuocera della mafiosa, Angela Ladisa, moglie del boss Pino Mercante, deve invece rispondere di oltraggio a pubblico ufficiale. La giornalista Maria Grazia Mazzola è rappresentata e difesa dall’avvocato Caterina Malavenda.

Se il contropotere criminale è negazione dei diritti, è controllo del territorio e prevaricazione del forte sul debole, la libera informazione, la scuola, la buona politica e l’educazione alla legalità possono essere un modo concreto ed efficace per combatterlo. Da queste ragioni nasce il sit-in di giovedì 16 gennaio davanti al Tribunale penale di Bari.

Un paese in cui la libertà di stampa e il diritto di cronaca sono minacciati dalle mafie è un paese malato. Un giornalismo sano, fatto di verità e approfondimento, impedisce le corruzioni, frena la criminalità, sollecita l'attenzione della magistratura e impone la buonapolitica.

Associazione stampa romana ha dichiarato: «Attendiamo l’apertura del processo penale sull’aggressione fisica subita da Mazzola, nel quale l’Asr chiederà la costituzione di parte civile per ribadire il principio dell’intangibilità del giornalismo e del giornalismo d’inchiesta».
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